FRANCESCO ZUCCHINI
Da Libero di venerdì 25 Maggio 2007
Clacson, bandiere, fumogeni, slogan, petardi e traffico paralizzato nel centro di Milano. Pomeriggio da matti, e questo per dire che la qualifica non è copyright dell'inter. Il Milan celebra la Champions e non solo. Quella della Coppa, ampiamente festeggiata ad Atene in una notte insonne, è anche una scusa per riappropriarsi della leadership milanese che lo scudetto aveva assegnato ai cugini nerazzurri. Non sia mai. E così si trasforma in una festa contro l'inter. A cominciare da un ritornello («Lo scudetto mettilo nel c...») che col passare dei minuti diventa un tormentone, parte dai tifosi e fatalmente coinvolge i calciatori del Milan assiepati sull'autobus a cielo aperto; e tutti lo cantano, e tutti lo urlano, e lo ripetono all'infinito per le strade del centro, imitati da insospettabili signore della Milano bene, e altrettanto insospettabili professionisti in cravatta e maniche di camicia che fanno capolino dai balconi dei loro uffici con le volte affrescate. Nel delirio collettivo gli ultrà fanno miracoli: tutto ciò che esce dalla loro bocca, e inizia inevitabilmente con stronz, cul, caz, put, coglion, riescono puntualmente a metterlo in rima con la parola inter. Gli italiani fanno la guerra con lo spirito di una partita di calcio? Di sicuro affrontano il calcio come una guerra. Armiamoci e partita. Se ne sentono e se ne vedono di ogni. Duemila i tifosi alla Malpensa alle due del pomeriggio, un caldo che passa i trenta gradi. Ma per il ritorno in patria degli eroi vincitori questo e altro. L'"altro" è l'appuntamento alle sette della sera per rivedere i campioni sfilare stavolta sull'autobus scoperto lungo le vie di Milano. Anche qui i tifosi arrivano a migliaia.
IL VOTO DI ANCELOTTI
Molti non dormono da 48 ore, avanti e indietro da Atene, senza soste; e oggi pomeriggio, ci si può giurare, saranno a San Siro per la festa-bis rossonera. Quasi tutti indossano la casacca di gioco e si identificano per generazioni: i più giovani hanno la casacca di Kakà, gli evergreen quella di Maldini, le fasce intermedie di Gattuso o Inzaghi. Tutti nella notte di Atene avevano un sogno, un voto, un traguardo, una promessa da esaudire o da mantenere. Non solo i tifosi. Carlo Ancelotti aveva detto ai figli: se vinco, smetto di fumare. Kakà aveva un desiderio: vincere la Champions. E pensa al Pallone d'Oro. Pippo Inzaghi un anno fa chiedeva solo di tornare a giocare. A 34 anni, con i due gol al Liverpool è entrato nella storia e adesso non si ferma più «vorrei arrivare a 100 gol con la maglia del Milan». Gliene mancano 12. «Due reti in finale le sogni da bambino, sono state le più importanti della mia vita. Non dimenticherò mai quando sono tornato in campo dopo un anno che non giocavo: per i tifosi era come se non mi fossi mai fermato e avessi continuato a fare gol. Con loro avevo un debito, l'ho ripagato». Si discute su scudetto e Champions: cos'è più importante? inter e Milan rappresentano guarda caso le due opposte correnti di pensiero. «Firmerei tutti gli anni per la Coppa dei Campioni: è più bella e sfido chiunque a smentirmi». Ancelotti rinfocola la polemica. E continua.
«SI APRE UN NUOVO CICLO»
«Questa vittoria è la base di partenza per aprire un altro ciclo. La svolta della stagione è stata la partita di Monaco. Prima la squadra tentennava, era discontinua. La finale l'abbiamo giocata in maniera diversa per merito o per colpa del Liverpool. Il nostro segreto è la sintonia tra allenatore, giocatori e società. E il senso di appartenenza al Milan». Ancelotti deve rinnovare il contratto «ma non c'è fretta e non c'è problema. Ci aspetta una stagione affascinante con Supercoppa e Coppa Intercontinentale. Ma la priorità resta la Champions League». C'è una nota stonata nella festa e riguarda Kaladze. Il georgiano si è lamentato: troppa panchina. Ancelotti non ha gradito: «Se vuole andarsene faccia pure. Non abbiamo trattenuto controvoglia nemmeno Sheva».
LE STELLE IN AUTOBUS
I campioni hanno festeggiato sull'autobus scoperto, rosso e nero, per le vie del centro. Tutti, anche Ronaldo, con la maglietta rossa celebrativa, le bandiere, la Champions sollevata al cielo da Maldini in prima fila. L'autobus procedeva lentamente attorniato da tifosi esultanti e un po' fuori di testa. Nell'euforia collettiva il più osannato è stato Pippo Inzaghi, perfino più di Maldini, Gattuso e Kakà. Gli sfottò ai cugini sono cominciati in maniera innocente stile tempi di Prisco e Rivera: i giocatori hanno mostrato un cartello nerazzurro con su scritto "Io non la vinco da 42 anni" riferito alla Coppa Campioni. Ma si è passati in fretta al tifo da curva sud, che duori contesto, in piena zona Brera fa ancora un certo effetto. Quando il corteo è transitato in via Verdi l'opera ha toccato inevitabilmente l'acuto: scritte insolenti, un enorme fallo di plastica rivestito di rossonero sollevato da Kaladze come un trofeo, e il famigerato striscione dedicato allo scudetto dell'inter. Con le istruzioni per l'uso.
Da Libero di venerdì 25 Maggio 2007
Clacson, bandiere, fumogeni, slogan, petardi e traffico paralizzato nel centro di Milano. Pomeriggio da matti, e questo per dire che la qualifica non è copyright dell'inter. Il Milan celebra la Champions e non solo. Quella della Coppa, ampiamente festeggiata ad Atene in una notte insonne, è anche una scusa per riappropriarsi della leadership milanese che lo scudetto aveva assegnato ai cugini nerazzurri. Non sia mai. E così si trasforma in una festa contro l'inter. A cominciare da un ritornello («Lo scudetto mettilo nel c...») che col passare dei minuti diventa un tormentone, parte dai tifosi e fatalmente coinvolge i calciatori del Milan assiepati sull'autobus a cielo aperto; e tutti lo cantano, e tutti lo urlano, e lo ripetono all'infinito per le strade del centro, imitati da insospettabili signore della Milano bene, e altrettanto insospettabili professionisti in cravatta e maniche di camicia che fanno capolino dai balconi dei loro uffici con le volte affrescate. Nel delirio collettivo gli ultrà fanno miracoli: tutto ciò che esce dalla loro bocca, e inizia inevitabilmente con stronz, cul, caz, put, coglion, riescono puntualmente a metterlo in rima con la parola inter. Gli italiani fanno la guerra con lo spirito di una partita di calcio? Di sicuro affrontano il calcio come una guerra. Armiamoci e partita. Se ne sentono e se ne vedono di ogni. Duemila i tifosi alla Malpensa alle due del pomeriggio, un caldo che passa i trenta gradi. Ma per il ritorno in patria degli eroi vincitori questo e altro. L'"altro" è l'appuntamento alle sette della sera per rivedere i campioni sfilare stavolta sull'autobus scoperto lungo le vie di Milano. Anche qui i tifosi arrivano a migliaia.
IL VOTO DI ANCELOTTI
Molti non dormono da 48 ore, avanti e indietro da Atene, senza soste; e oggi pomeriggio, ci si può giurare, saranno a San Siro per la festa-bis rossonera. Quasi tutti indossano la casacca di gioco e si identificano per generazioni: i più giovani hanno la casacca di Kakà, gli evergreen quella di Maldini, le fasce intermedie di Gattuso o Inzaghi. Tutti nella notte di Atene avevano un sogno, un voto, un traguardo, una promessa da esaudire o da mantenere. Non solo i tifosi. Carlo Ancelotti aveva detto ai figli: se vinco, smetto di fumare. Kakà aveva un desiderio: vincere la Champions. E pensa al Pallone d'Oro. Pippo Inzaghi un anno fa chiedeva solo di tornare a giocare. A 34 anni, con i due gol al Liverpool è entrato nella storia e adesso non si ferma più «vorrei arrivare a 100 gol con la maglia del Milan». Gliene mancano 12. «Due reti in finale le sogni da bambino, sono state le più importanti della mia vita. Non dimenticherò mai quando sono tornato in campo dopo un anno che non giocavo: per i tifosi era come se non mi fossi mai fermato e avessi continuato a fare gol. Con loro avevo un debito, l'ho ripagato». Si discute su scudetto e Champions: cos'è più importante? inter e Milan rappresentano guarda caso le due opposte correnti di pensiero. «Firmerei tutti gli anni per la Coppa dei Campioni: è più bella e sfido chiunque a smentirmi». Ancelotti rinfocola la polemica. E continua.
«SI APRE UN NUOVO CICLO»
«Questa vittoria è la base di partenza per aprire un altro ciclo. La svolta della stagione è stata la partita di Monaco. Prima la squadra tentennava, era discontinua. La finale l'abbiamo giocata in maniera diversa per merito o per colpa del Liverpool. Il nostro segreto è la sintonia tra allenatore, giocatori e società. E il senso di appartenenza al Milan». Ancelotti deve rinnovare il contratto «ma non c'è fretta e non c'è problema. Ci aspetta una stagione affascinante con Supercoppa e Coppa Intercontinentale. Ma la priorità resta la Champions League». C'è una nota stonata nella festa e riguarda Kaladze. Il georgiano si è lamentato: troppa panchina. Ancelotti non ha gradito: «Se vuole andarsene faccia pure. Non abbiamo trattenuto controvoglia nemmeno Sheva».
LE STELLE IN AUTOBUS
I campioni hanno festeggiato sull'autobus scoperto, rosso e nero, per le vie del centro. Tutti, anche Ronaldo, con la maglietta rossa celebrativa, le bandiere, la Champions sollevata al cielo da Maldini in prima fila. L'autobus procedeva lentamente attorniato da tifosi esultanti e un po' fuori di testa. Nell'euforia collettiva il più osannato è stato Pippo Inzaghi, perfino più di Maldini, Gattuso e Kakà. Gli sfottò ai cugini sono cominciati in maniera innocente stile tempi di Prisco e Rivera: i giocatori hanno mostrato un cartello nerazzurro con su scritto "Io non la vinco da 42 anni" riferito alla Coppa Campioni. Ma si è passati in fretta al tifo da curva sud, che duori contesto, in piena zona Brera fa ancora un certo effetto. Quando il corteo è transitato in via Verdi l'opera ha toccato inevitabilmente l'acuto: scritte insolenti, un enorme fallo di plastica rivestito di rossonero sollevato da Kaladze come un trofeo, e il famigerato striscione dedicato allo scudetto dell'inter. Con le istruzioni per l'uso.
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