Saturday, December 30, 2006

CARO LUCIANO @ (IL TEMPO SARA' UN BUON GIUDICE)

LUCIANO MOGGI
Da Libero di venerdì 29 Dicembre 2006

Con la Fiorentina e la Lazio Mancini ha sempre detto bugie
Caro direttore, le scrivo a proposito della denuncia per calunnia promossa da tre tifosi della Fiorentina nei confronti di Mancini, in merito ad una dichiarazione in cui il tecnico dell'inter sostiene di essersi dimesso dalla Fiorentina a causa delle minacce dei tifosi. In realtà, a quanto mi risulta, il Mancio si inserì negli atti del fallimento richiedendo il suo compenso anche per il periodo successivo alle dimissioni... Come disse lei tempo fa, uno che racconta una bugia ne può raccontare cento, ma lui ha superato quota diecimila... Qual è il suo pensiero a proposito? ROBERTO DA FIRENZE
Caro Roberto, non mi riferisci niente di nuovo: se una persona ha l'abitudine di dire e fare cose in un certo modo, lo continuerà a fare ancora. D'altra parte ricordo come si comportò Mancini quando allenava la Lazio: disse fino all'ultimo che non sarebbe andato all'inter, quindi, puntualmente, finì in nerazzurro portando con se Stankovic e altri giocatori biancoazzurri. Ti ripeto quello che ho già scritto in altre circostanze: le bugie hanno le gambe corte, per tutti tranne che per Mancini, che a furia di dirne troppe ha fatto venire le gambe lunghe a tutti quelli che hanno avuto la fortuna (o la sfortuna) di lavorare con lui. Ti faccio i miei migliori auguri di buon anno.
Errori arbitrali e malafede Sono esseri umani e sbagliano
"Ceccarini for president" e tutti contenti, tranne i tifosi dell'inter, che ancora lo odiano per quel tir targato Iuliano che deragliò sulle gambe di Ronaldo in un Juve-inter di tanto, tanto tempo fa. I suddetti tifosi saranno certamente concordi nell'affermare che il sospetto di ieri è nulla in confronto allo squallore di oggi. O forse no, dal momento che l'inter è la sola squadra a trarre giovamento da questa mediocrità galoppante. Adesso va di moda definire le assurdità dei direttori di gara "errori umani e in buona fede", ma qui non si tratta di un rigore concesso o meno, ma dell'Abc del calcio; per il medesimo fallo si usano tre, quattro e a volte cinque metri di giudizio. Cinque come le giornate rifilate a Nedved, zero come quelle inflitte a Lucarelli; una come quella a Buffon, zero come quelle a Doni, il portiere della Roma graziato nel derby. Sia chiaro, non si tratta di accanimento contro la Juve, ma di incapacità che può portare benefici (e danni) a tutti indifferentemente. CLAUDIO SANTANGELO
Carissimo Claudio, l'arbitro, in quanto essere umano, sbaglia come sbagliano i giocatori. L'errore è parlare di "complotto" quando le sviste vanno a vantaggio di una società, mentre quando la stessa società viene penalizzata si minimizza parlando di "cose che possono capitare". Sarebbe bello (e probabilmente il calcio ne trarrebbe notevoli vantaggi d'immagine) se gli sbagli pro e contro fossero considerati tutti nello stesso modo. Così purtroppo non è: gli interessi sono tanti, forse troppi, e tutti vorrebbero vincere. Naturalmente non è possibile. La Juventus era additata come la squadra maggiormente favorita, ma prendendo come esempio lo studio statistico promosso da Wikipedia, è stato dimostrato che nell'arco di dodici anni (dal 1994 al 2006) non sono stati i bianconeri ad avere avuto più rigori a favore, anzi... A questo punto credo sia giusto escludere qualunque coinvolgimento degli arbitri. Non credi? Buon anno a te e famiglia.
Fosse stato per me, Ibra e Vieira non sarebbero mai andati all'inter
Caro Luciano, a Natale dovremmo esser tutti più buoni, ma con alcuni personaggi proprio non si può (i furbetti del quartierino: Candido, Moratti, Tronchetto, Guidone...). Con altri ci si può provare (Montezemolo, Elkann, Cobolli e Zaccone). Altri ancora, invece, sono già stati perdonati (mi riferisco a te e Giraudo: potevate evitare alcune cose, ma il vostro era il sistema per equilibrare altri poteri). Del passato mi restano alcuni dubbi: perchè la proprietà non vi ha difeso? Aspettavano l'occasione buona per farvi fuori? Dov'è finito Andrea Agnelli, l'unico vero cuore bianconero? Avresti mai ceduto Ibra all'inter? Avresti mai preso Boumsong? Grazie e tanti auguri. MARCO CORNA
Caro Marco, hai ragione: a Natale si deve essere tutti più buoni, ma siccome Natale 2006 è già alle spalle e siccome il mio modo di vedere le cose non si ferma alle festività, provo ad avere pazienza fino a quando mi vengono pestati i piedi. Non ho mai nutrito invidia per nessuno, ho sempre cercato di guardare le persone nella loro luce reale: quando mi accorgo che questa luce sta per spegnersi, allora cerco un buon elettricista per farla riattivare... Quando dici «perché la proprietà non vi ha difeso» devo risponderti boooh; quando mi chiedi se dietro al volontario suicidio della società ci sia stato un pezzo grosso, devo necessariamente risponderti booooh, quando mi chiedi dove hanno fatto finire Andrea Agnelli, devo (purtroppo) darti ancora la stessa risposta. Sui giocatori acquistati e ceduti: abbiamo faticato tantissimo per costruire una Juve imbattibile e quindi nessuno di noi avrebbe mai pensato di cedere Ibra, Vieira e gli altri. In più, se la situazione avesse reso le cessioni inevitabili, non avremmo certo dato due giocatori all'inter. I nostri sforzi hanno reso grandi i nerazzurri, ma anche la Fiorentina, il Real Madrid, il Barcellona... Con queste operazioni la Juve ha ottenuto il consenso e la simpatia di tutte queste squadre, quindi anche noi possiamo essere fieri del risultato ottenuto (si fa per dire). Su Boumsong, invece, lasciami un po' di tempo per pensare... Nel giro di una settimana o dieci giorni saprò darti una risposta...
L'inter non vinceva mai Poi ha comprato mezza Juve...
Caro direttore, il povero Moratti racconta che voleva vendere l'inter perchè col vecchio sistema sarebbe sempre arrivato secondo... Con il nuovo (che prevede la Juve in B e gli arbitri "in buona fede") si sente tranquillo e sicuro di vincere tanti scudetti da aggiungere a quello che con orgoglio i suoi portano sul petto. Cosa ne pensa? GIGI PANIZZA
Carissimo Gigi, credo tu abbia confuso le parole del povero (si fa per dire) Moratti. Quando parla del vecchio sistema (quello dove l'inter non finiva al secondo posto, ma addirittura al terzo o al quarto), si riferisce a quando sbagliava acquisti (Caio, Vampeta, Gresko...) e cessioni (R. Carlos, Ronaldo, Pirlo...). Quando fa riferimento al "nuovo", intende che una volta demolita la Juve non c'è stato più bisogno di mandare in giro osservatori a cercare bufale e a spendere milioni... è bastato comprare il meglio di casa-Juve! E a proposito dello scudetto che portano sul petto: gli unici ad averlo vinto con merito sono Vieira e Ibra, solo che se lo ritrovano sulla maglia sbagliata. Chissà qual è il loro pensiero? Io lo so, ma non lo posso dire. Credimi: sono sicuro che pensi quello che so io.
Il tempo sarà un buon giudice e i veri colpevoli pagheranno
Caro Signor Moggi, come leggo sul "Corriere", le ricerche a proposito dell'indagine Telecom hanno portato a individuare una piccola società di Firenze che "poteva scaricare, con il pretesto della manutenzione, dati rilevanti, e poteva conoscere quali utenze radiomobili erano sotto controllo da parte dell'autorità giudiziaria". Bene, io non so se queste cose abbiano avuto a che fare anche con il calcio, ma poiché i personaggi sono gli stessi (Tavaroli, Cipriani, Buora) il sospetto può essere più che fondato. Del resto il fatto che nelle migliaia di telefonate intercettate non ce ne sia nemmeno una che riguarda l'inter fa pensare. Noi juventini ricordando le dichiarazioni dell'ex designatore Bergamo - abbiamo sempre pensato ad una "scrematura" fatta all'interno di Telecom e società collegate. Leggendo il "Corriere" c'è un'altra cosa che mi ha fatto sorridere; Tavaroli dice di avere «personalmente detto a Cipriani di acquistare telefoni mobili in Svizzera» e di averli poi «consegnati a Buora, Tronchetti e altri per costituire una mini rete nel periodo del "take over" (cioè della loro scalata a Telecom)». In pratica, per difendere la loro privacy, i volponi di Telecom hanno fatto la stessa cosa che ha fatto lei per non farsi ascoltare da altri nel periodo delle delicate trattative di mercato. Calciopoli sta sempre più diventando Farsopoli.. Mi dica, si sente più sollevato? CARLO T.
Caro Carlo, il tempo sarà un buon giudice, basta aspettare. Ho sorriso anch'io quando ho letto che certe mie cautele erano utilizzate anche da altri, gente ben più esperta di me nel settore. Sul "Corriere", tra l'altro, Tavaroli ha dichiarato: «Appresi altresì che Marco De Benedetti si era lamentato con Colannino della divulgazione, secondo lui, di informazioni che potevano essere state acquisite solo ascoltando le sue telefonate». Non ero il solo insomma. Io facevo il tutto a mia difesa, ma nessuno nei giorni orribili del massacro giustizialista mi ha creduto; se la prendevano con me al grido di "dagli all'untore". Gli stessi giudici sportivi, come testimoniano le dichiarazioni del magistrato Serio, si erano basati sul «sentimento collettivo» (se questa è giustizia...). Al di là di tutto penso che quello che sta emergendo possa far vedere nella giusta luce anche la vicenda delle intercettazioni: ad alcune persone era consentito controllare il traffico telefonico e - lo dice la logica - anche scremarlo... o altro ancora. Lasciamo agli inquirenti il compito di smascherare il vespaio degli spioni: quelli che non si fermavano davanti a niente, neanche quando hanno rischiato di distruggere famiglie con bambini in tenera età. Nessuno si è curato di questo aspetto, c'era solo la volontà di mettere in cattiva luce il bersaglio preferito, di fiaccarne ogni resistenza. Ma non ci sono riusciti e non ci riusciranno.
Le amnesie di Moratti e quelle di Baldini...
Caro Sig. Moggi, leggendo l'intervista di Moratti sull'Espresso, a proposito del pedinamento di Vieri, mi sono soffermato sulla cifra pagata a Cipriani (40 mila euro), che Moratti stesso definisce troppi in rapporto al lavoro svolto. Poi, però, il patron nerazzurro nega di aver commissionato i pedinamenti a De Santis & c in quella definita "Operazione Ladroni" dallo stesso Cipriani. Quest'ultimo non aveva alcun interesse personale a spiare tutta quella gente, fotografare abitazioni, prendere i numeri di targa delle auto, accertare basi patrimoniali ecc ecc. Quindi, se è vero come è vero che in data 11 ottobre 2006 Tavaroli disse al pm di essere andato alla Saras convocato da Moratti - presente Facchetti -, il resto lo si può intuire... Sempre sull'Espresso, Moratti viene stuzzicato a proposito del passaporto falso di Recoba. Il numero uno dell'inter risponde così: «Il sottobosco del calcio è pieno do gente come i tizi che hanno fabbricato quel falso. Qualcuno a Roma ha organizzato tutta quella roba. Una cosa molto sgradevole , molto antipatica». Cosa mi dice di tutte queste cose? ROMANO PEZZANI (LUGANO)
Carissimo Romano, Cipriani - da quello che si intuisce - doveva essere insieme a Facchetti l'esecutore di tutto l'affaire intercettazioni. Non essendo stati presenti, possiamo solamente tener conto di ciò che è venuto fuori dagli interrogatori dei due imputati. Purtroppo non esiste alcuna traccia di telefonate in merito: le precauzioni dei Tronchetti-boys erano importanti, dovevano riuscire a non farsi sentire e allo stesso tempo dovevano far sentire solo gli altri... Due parole anche sul passaporto falso di Recoba (ne ho parlato abbondantemente più volte). Questa volta Moratti si sbilancia un po': dice che qualcuno a Roma ha organizzato «quella roba molto sgradevole e molto antipatica». Sapete a chi si riferisce? Nientemeno che al signor Franco Baldini, che assieme al suo collaboratore Krausz fece quello che Moratti definisce «sgradevole ed antipatico». La commissione incaricata a procedere circa le sue responsabilità definisce «pienamente provato il coinvolgimento dello stesso nella realizzazione dell'illecito e l'efficacia causale dell'attività posta in essere per il conseguimento del fine». Ora il signor Franco Baldini si atteggia a moralizzatore del calcio. Visto quanto successo (e visto il suo passato davvero poco edificante), probabilmente il tizio in questione farebbe meglio a starsene zitto.

Thursday, December 28, 2006

E MORATTI SCIVOLA ANCHE SU CARL LEWIS

EDITORIALE
GIANCARLO PADOVAN
Da Tuttosport di giovedì 28 Dicembre 2006

Il lettore Maurizio Maurelli, interista dichiarato, da un paio di settimane mi incalza intimandomi di replicare pubblicamente alle sue mail di protesta. Ce l’ha, il Maurelli, non solo con me, ma soprattutto con la Juve e, in generale, con chi vorrebbe restituito l’ultimo scudetto (quello della stagione 2005-2006) a chi l’ha vinto sul campo. Come si vede, un tema lanciato da Tuttosport nell’afoso agosto dell’anno che va a spegnersi, è ancora caldo, ovvero sentito e dibattuto, anche ora che ci avvolge il rigido inverno. Con la scusa di rispondere al disattento Maurelli, coglierò l’occasione per consigliare al presidente dell’inter, Massimo Moratti, un minimo di cautela in fatto di paragoni. Ci è capitato infatti di leggere sul sito francorossi.com alcuni stralci di un’intervista concessa da Moratti e di prossima pubblicazione su un giornale giapponese. In particolare ci ha colpito la risposta alla seguente domanda: "Dopo tanti mesi c’è chi sostiene che lo scudetto che l’inter ha sulle maglie sia immeritato e che l’attuale campionato sia sminuito dall’assenza della Juve. Lei cosa risponde?". Parola a Moratti: "Carl Lewis vinse a Seul perché Ben Johnson barò e se negli ultimi anni qualcuno ha barato, come ha riconosciuto la giustizia sportiva, è giusto che sia stato premiato chi si è comportato correttamente. Essere paragonati a Carl Lewis, uno dei più grandi atleti di ogni epoca, ci inorgoglisce (??? Ndr). Sono stati altri a vincere a tavolino, non certamente l’inter. L’attuale campionato non è sminuito dall’assenza della Juve, anzi mi sembra più importante di quelli degli ultimi anni. E il motivo mi sembra ovvio…".
Tema 1. Ben Johnson e la Juve. Caro presidente e, per conoscenza al succitato Maurelli, non si può essere così imprecisi. Come lei sa, infatti, la Juve è stata condannata per fatti illeciti relativi alla stagione 2004-2005. Quella successiva non solo è stata esclusa da qualsiasi tipo di indagine, ma è, sia per i giudici sportivi che per i p.m. della magistratura ordinaria, al di sopra di ogni sospetto. Lo scudetto 2005-2006 era e resta della Juve. Lo dice la logica.
Tema 2. La Juve e il campionato sminuito. Caro presidente, e per conoscenza al succitato Maurelli, come la chiamerebbe una serie A senza l’inter e con quattro squadre, di cui tre almeno da zona-Champions, pesantemente penalizzate?
Tema 3. L’inter e Carl Lewis. Come tutti sanno, tranne forse lei e il malcapitato Maurelli, Lewis fu trovato positivo già ai Trials dell’88 (quindi prima di Seul) e protetto dalla sua federazione. Per stessa ammissione dell’interessato, la positività risultò altre due volte. E, però, mai fu rivelata. Un po’ come certi club solo sfiorati da Calciopoli, ma misteriosamente illesi. Come se tante telefonate, che l’ex designatore Paolo Bergamo giura di avere ricevute, fossero provvidenzialmente sparite. Cancellate con un colpo di clic. Un lavoretto scientifico. A tavolino per l’appunto.

Wednesday, December 27, 2006

CON ME LA JUVE ERA PENALIZZATA

L'INTERVENTO
LUCIANO MOGGI
Da Libero di mercoledì 27 Dicembre 2006

Col campionato fermo per le festività, permettetemi di trattare un argomento diverso, che riguarda l'università Bocconi di Milano e trattato nei giorni scorsi dalla giornalista Emanuela Audisio di "Repubblica". La suddetta è davvero molto "professionale" nel raccontare avvenimenti sportivi e non. In quest'articolo avvalora una tesi definita: «Il metodo Moggi, concentrazione e corruzione nel calcio italiano», elaborata da due personaggi (prof. Boeri e Severgnini) che lei indica come «persone abituate ad occuparsi di temi seri». Per dare maggiore enfasi, precisa che il tutto è stato presentato all'università Bocconi di Milano durante un seminario a porte chiuse. Per completezza di informazione, preciso che uno dei due studiosi (Boeri), è impiegato proprio presso il noto ateneo, dove insegna "Economia del Lavoro". Prima precisazione: non mi sembra che la "penna" di "Repubblica" si sia mai interessata a qualcun altro tra i novantasette articoli scritti da Boeri. Di questo, invece, accetta di riportare una sconclusionata serie di considerazioni per giustificarne il risultato; elucubrazioni che vengono fornite con dovizia di particolari (solamente dedotti), e conclusioni personali frutto di assurdi arzigogoli mentali e lessicali. A tal proposito voglio ricordare che in nessuna delle tesi enunciate dai giudici del processo sportivo si ravvisa un illecito. Seconda considerazione: invece di dar credito allo studio dei due, la Audisio farebbe bene a ricordare un precedente attribuibile alla coppia di "ricercatori". In data 18 maggio 2006, infatti, fecero il loro primo tentativo sull'argomento: «Quando l'Europa può darci un fischietto», ma vennero sommersi da un mare di critiche e pensarono bene di prendersi una pausa di riflessione. Terza considerazione: non deve aver fatto piacere alla coppia di studiosi leggere l'articolo apparso su "La Stampa" (giornale per cui collabora Boeri), dove il professor Navarra sbugiarda (con dati statistici assai precisi) le loro tesi relative ai presunti favori arbitrali alla Juventus. Gli "interessi universitari" di Rossi e Tronchetti
Fatte queste premesse mi viene un sospetto: perché tutto ciò è stato organizzato proprio alla Bocconi, dove docente è nientemeno che Guido Rossi? La curiosità mi ha spinto ad andare sul sito dell'Università: chi ti trovo nel consiglio di amministrazione? Nientemeno che Marco Tronchetti Provera. Ogni deduzione la lascio a chi mi legge. Sempre la Audisio, in un articolo del 29 aprile dal titolo: «Il sangue sospetto e lo sport malato», pubblicizza un libro del perito ematologo Giuseppe d'Onofrio, protagonista del processo doping a carico della Juventus: la suddetta lo descrive alla stregua di un eroe perché "lottava" contro i bianconeri, ma si dimentica di scrivere che la sentenza del processo ha scagionato la società. La stima che ho per l'articolista di "Repubblica" mi lascia pensare che probabilmente la stessa non si è informata a dovere, prima di scrivere quello che ha scritto: può capitare a chiunque, pur bravo che sia. Considerando quanto scritto da Boeri e Severgnini, vorrei portare a conoscenza dei medesimi i risultati relativi a uno studio, che quantifica i rigori assegnati alle cinque squadre principali di serie A (inter, Juve, Milan, Lazio e Roma) dalla stagione 1994-95 alla 2005-06. Il risultato è il seguente: Milan, 93 rigori a favore (media per campionato 7.750); Lazio 88 (7.333); Roma 86 (7.167); Juve 82 (6.833); inter 80 (6.667). Sorprendentemente, la speciale classifica è guidata dal Milan; Juve e inter seguono (quasi appaiate) a notevole distanza. Di più: solo il Milan supera la media generale di rigori assegnati per partita (0.17): le altre, invece, hanno una media inferiore a quella generale. Da questi dati emerge una considerazione generale: il numero di concessioni di calci di rigore a favore o contro ognuna delle squadre, è talmente ridotto (differenze inferiori a un rigore per campionato) che esclude qualsiasi tipo di condizionamento arbitrale verso una società in particolare. Giraudo e il sottoscritto capri espiatori di Calciopoli

Fatta chiarezza su questi particolari importanti, mi tocca constatare (dopo sei mesi di chiacchiere e polemiche spesso gratuite) un fatto evidente; siamo circondati da soggetti che questa società sforna in quantità industriale: i vigliacchi. Sarebbe interessante che Severgnini e Boeri promuovessero studi diversi relativi ad altri argomenti. Per comodità ne elenco alcuni: Telecom, inter, intercettazioni, conflitti di interesse, interessi composti, Figc, Rcs. Si guarderanno bene dal farlo per ovvie... ragioni. Sia io che il dottor Giraudo siamo stati i capri espiatori di una situazione allucinante: addosso a noi si è riversata tutta la ferocia possibile, e in questo modo altri hanno avuto modo di controllare personalissimi interessi. Gli attacchi generici di cui sono stato vittima hanno dato validità alle mie reazioni: i miei interventi sono stati e saranno sempre concreti nel merito, mentre gli attacchi ricevuti sono sempre stati e continueranno a essere generici. Come ho più volte sottolineato, la voce dei "burattinai" ha fin dall'inizio (ma adesso non più) influenzato direttamente l'opinione pubblica: i processi non hanno fatto eccezione (così disse il giudice della Corte Federale, Mario Serio: «Abbiamo cercato di interpretare un sentimento collettivo. Abbiamo ascoltato la gente comune e provato a metterci sulla medesima lunghezza d'onda»). Un piccolo esempio in tale direzione si ritrova nei "saggi" scritti da tal Guido Rossi; ogni comportamento riscontrato nei suoi libri e confrontato con quelli avvenuti nel reale, individua con esattezza i soggetti da perseguire. Tratto da "Il ratto delle Sabine", scritto proprio da Rossi: «L'inganno sarebbe poi stato sicuramente coperto (...) soprattutto dall'esercizio continuato e martellante del potere raggiunto, grazie al quale (Romolo, ndr) avrebbe imposto la sua versione dei fatti, l'unica che sarebbe stata poi ritenuta autentica. Il potere, a posteriori, è capace di nobilitare gli atti più abominevoli, vigliacchi e selvaggi. Esso si basa sulla menzogna e sulla simulazione, per le false verità che impone e cui finge di credere». Che errore il silenzio dell'Aia

Apprendo delle dimissioni del designatore arbitrale, Stefano Tedeschi. Non sono sorpreso: in un recente articolo scrissi della mancanza di potere all'interno dell'Aia. Dall'inizio del campionato (e quando gli sbagli degli arbitri hanno cominciato a farsi sentire), tutti si sono sforzati di dare questa banale spiegazione: «Gli arbitri sono scarsi, ma almeno adesso sono in buona fede». E ancora: «Sono giovani e i giovani possono anche sbagliare». Tesi che non hanno avuto molto seguito: si è cominciato a parlare (prima ancora degli anni passati) di complotti (vedi Zamparini, che ha pagato un'esternazione infelice con ben... quindici giorni di sospensione e una multa). Altro particolare: se si parla di "buonafede" degli arbitri, significa che negli anni scorsi i fischietti erano in "malafede". Se le cose stanno così (l'ho già scritto), non capisco perché il numero uno dell'Aia, Cesare Gussoni, non abbia sporto querela verso chi - persona o giornale - abbia avanzato tale ipotesi. Queste mancanze non hanno fatto altro che ingarbugliare sempre di più la situazione, ma a dispetto delle chiacchiere hanno sbagliato molto di più gli arbitri "anziani" (Farina, Messina, Morganti, Rosetti) dei giovani, e il castello è crollato. Tedeschi, tenendo conto dell'impossibilità di portare avanti una politica seria in questo calcio impossibile da gestire, ha gettato la spugna. Non si è sentito tutelato da niente e da nessuno, ed essendo già stato accusato di precedenti "conflitti di interesse", ha deciso di mettere la parola fine. A mio parere ha fatto bene: è stata una decisione dettata dal buon senso, che dimostra una volta di più (purtroppo per gli accusatori) che gli errori nel calcio ci sono sempre stati e ci saranno sempre. Nessuno potrà evitare agli arbitri di sbagliare, così come sbagliano i giocatori. Al limite potranno essere evitati i "gol fantasma", niente di più. D'altra parte in mancanza di tali errori, i conduttori di moviole e i commentatori perderebbero importanza e spettatori, e crollerebbero i fondamentali "indici di ascolto".

Saturday, December 23, 2006

VITTORIA MERITATA MA FRA GLI ERRORI

EDITORIALE
GIANCARLO PADOVAN
Da Tuttosport di mercoledì 20 Dicembre 2006

C’era un rigore per il Bologna (Buffon su Marazzina) e, forse, il pallone scagliato da Zalayeta, che è valso il successo della Juventus, in porta non c’è mai entrato del tutto. Chi racconta la verità o, almeno cerca di farlo con onestà intellettuale, non deve accettare censure e, meno che mai, imporsele. Perciò, se la Juve ha sottratto tre punti all’avversario con un’azione viziata da un fallo di braccio (sempre di Zalayeta) e con una conclusione non completamente oltre la linea di porta, va detto subito e con chiarezza. Tuttavia, per dirlo, bisognerebbe avere qualche sicurezza. E, invece, sicurezze non ce ne sono. In effetti Zalayeta allarga il braccio, ma per sostenere – come ha fatto un telecronista di una televisione a pagamento auto esentatasi dallo sciopero dei giornalisti radiotelevisivi – che il fallo di mano c’è bisognerebbe almeno disporre di un’altra inquadratura. Così come sul gol-non gol di Zalayeta non sarebbe male capire da dove il difensore del Bologna allontana la palla dopo che, respinta dalla traversa, essa era tornata nettamente giocabile. Perché, dopo il primo movimento, la parabola a spiovere la riporta verso e probabilmente oltre la linea. E’ difficile stabilirlo perché la palla è in aria e quindi manca qualsiasi riferimento attendibile. Ma se non esiste certezza che sia entrata, su cosa si basa la certezza opposta?
Esistono, in compenso, varie forme di ipocrisia. Anche nel fare una telecronaca e, dunque, nel fornire un’informazione di prima mano. Ieri sera, per esempio, l’ormai incontinente Fabio Caressa di Sky, prima ha affermato che, a occhio nudo, si era subito accorto del gol bianconero. Poi, al replay, ha cambiato radicalmente opinione, scusandosi e, però, astenendosi dall’esaminare il secondo movimento della palla. Comunque se in maniera inequivoca le immagini documenteranno tanto l’infrazione di Zalayeta (mano) quanto il non-gol dello stesso giocatore, sarò pronto a riconoscerlo pubblicamente, anche se so che al Bologna, ai suoi giocatori e ai suoi tifosi nulla restituirà il punto perduto. Diciamo che, nel caso mio e di Tuttosport, è una questione di lealtà, fedeltà, credibilità, rispetto. In ogni caso, attenendoci alla prestazione, più di un punto il Bologna non avrebbe meritato, mentre la Juventus sì. Non solo perché ha creato, per numero e qualità, più occasioni da rete e di maggiore spessore, ma soprattutto per la continuità di iniziativa nel secondo tempo. Il successo, dunque, non può essere rubricato come immeritato. Fatto salvo che la regolarità di una rete non può essere considerata un optional per nessuno.
Riccardo Neri e Alessio Ferramosca sono stati ricordati con grandissima partecipazione anche dei sostenitori bolognesi. Ora, proprio a loro, chiediamo di attenuare la rabbia della sconfitta con il pensiero che le faccende di calcio, per quanto serie e importanti, sono nulla rispetto a due ragazzi morti per inseguire un pallone finito in acqua. Probabilmente dedicare a loro questa vittoria è banale. Ma fermarsi a riflettere su questa e altre tragedie della vita, quello no, non è tempo sprecato. Perché, di ciascun accadimento, esso fornisce la giusta dimensione.

Wednesday, December 20, 2006

IL PALLONE DI LUCIANO

LUCIANO MOGGI
Da Libero di martedì 19 Dicembre 2006

Non si può parlare di campionato e di qualunque altra cosa senza prima rivolgere un rispettoso pensiero alle due giovanissime vittime di Vinovo. In questo momento di grande dolore mi sento particolarmente vicino alle famiglie dei due ragazzi e alla società. Ci vuole coraggio per superare questi momenti e di coraggio, sono certo, la Juve ne ha ancora. C'è voluto del tempo, ma alla fine anche il ministro Melandri ha scoperto il vero Guido Rossi. L'ex commissario della Figc ha dichiarato a "Dribbling" di non essersi dimesso dall'incarico in Federazione, ma di essere stato dimesso, aggiungendo che nel calcio le cose non cambieranno mai «perché i conflitti di interesse sono istituzionali». Piccata - e debbo dire molto pertinente - la reazione della Melandri nell'intervista rilasciata a "La Stampa", dove definisce Rossi «molto ingeneroso (...) è stato lui a fare una precisa scelta». Poi l'affondo: «Non si può dire che lo sport vive di conflitti di interesse e poi pretendere di diventarne uno. Se sei il presidente di Telecom non può essere il commissario della Federcalcio». Senza dimenticare l'aggiunta dell'editorialista de "La Stampa": «I rapporti di Telecom con l'inter erano, e sono, troppo istituzionali». Alla buonora, vedo finalmente chiarezza e determinazione, anche se in troppi continuano a dimenticarsi della vicenda relativa all'assegnazione dello scudetto all'inter, fermamente voluta proprio da Rossi. Aggiungo un mio codicillo: al Materazzi stra-celebrato per il gol in rovesciata al Messina un'intervistatrice ha chiesto: «Quante reti reti pensi di realizzare quest'anno?». Risposta del difensore: «Non penso ai gol, adesso voglio solo vincere uno scudetto. Sono tanti anni che gioco e voglio vincerlo». Come dire che neanche i calciatori nerazzurri ritengono giusta l'assegnazione a tavolino del tricolore, e non sono ancora riusciti a metabolizzare quello strano triangolino sulla maglia.

Ahi Gianluigi, perché quel messaggio commosso?
Di recente ho avuto modo di ascoltare un'intervista rilasciata da Guido Rossi a "Dribbling", dove il nostro afferma: «Con Buffon ho avuto un rapporto particolare, tanto che lui dopo aver vinto la Coppa del Mondo mi ha mandato un messaggio che mi ha commosso profondamente». Sono rimasto molto sorpreso e perplesso: quella di Buffon non è stata un'uscita felice. Ma come: un messaggio commosso all'ex componente del cda dell'inter, al portatore del conflitto di interessi Telecom-inter-Telecom, a colui che in tale veste ha mandato in B la Juventus, le ha scippato uno scudetto, e l'ha assegnato alla sua cara inter? Quella dei tifosi bianconeri è una ferita ancora aperta che non può essere dimenticata, nè tantomeno la possono dimenticare i calciatori della Vecchia Signora. Attendo spiegazioni da Buffon, ma dubito che vorrà darne. Quell'uscita come minimo equivale a un autogol. Mi è piaciuta, invece, l'ironia di Matarrese contro l'ex commissario Figc a proposito delle famose "nuove regole del calcio" di cui parla sempre Rossi. «Non so - ha detto - a cosa si riferisca Rossi, quando dice che le regole andavano riscritte entro novembre perché le sue regole non le conosco. Se avesse lasciato un testamento, magari... Un peccato sia andato via, anche perché ha vinto i mondiali in Germania, lui...». Già, la vittoria ai mondiali. Ve lo ricordate Rossi che appariva dappertutto con tanto di sciarpa azzurra? Ma il vincitore era lui? L'uomo Telecom festeggiava alla grande, ma la forza di protestare per la colpevole assenza di Blatter alla cerimonia di premiazione non l'ha avuta.

Grazie a Emerson e Nedved, giocatori riconoscenti
Due grandi giocatori dell'ultima Juve, Emerson e Nedved, hanno avuto apprezzamenti e parole gentili nei miei riguardi (interviste a "La Stampa" e "Tuttosport") e di questo voglio ringraziarli. Si tratta di due tra i più grandi giocatori dei nostri tempi. Il riferimento a Emerson mi porta a parlare degli ex juventini che stanno facendo grandi i cub di tutta Europa: Zambrotta e Thuram al Barcellona, Mutu alla Fiorentina (è diventato più goleador di Toni), Ibrahimovic e Vieira, veri artefici della trasformazione in casa-inter. Tutto questo non tanto per celebrare chi aveva portato questi grandi campioni in bianconero, quanto per dimostrare che quella Juve è servita a far grande più di una squadra, tra cui anche la sua grande rivale. Molti mi chiedono se la prossima Juve saprà diventare grande quanto quella passata: si tratta di un tasto delicato. Gli attuali reggenti dicono che non ci sono soldi, quindi dovranno essere capaci di rafforzare la squadra scandagliando bene il mercato, e senza pesare sulle risorse della società. Una missione impossibile? Sicuramente non facile. Per molti anni noi ex dirigenti ci siamo riusciti; per il bene del popolo bianconero mi auguro che i nostri successori sappiano fare altrettanto. Veniamo al campionato. Oltre al solito successo dell'inter e alla più significativa vittoria della Roma, mi tocca nuovamente evidenziare la mediocrità della stagione arbitrale: comincio a pensare che Gussoni (presidente Aia) e Tedeschi (designatore) stiano sottovalutando la gravità della situazione. E' vero, bisogna essere pazienti con i nuovi fischietti, ma a tutto c'è un limite. Gli errori perdurano (non è possibile designare per una partita delicata come Livorno-Lazio l'imberbe - detto senza offesa - Pantana) e anche gli "anziani" faticano assai (Rosetti su tutti). A proposito di Pantana: aveva visto o no il fallo di Lucarelli su Pandev? Se sì, il rosso era inevitabile, viceversa perché assegnare un'ammonizione? E quell'espulsione di Rocchi era proprio inevitabile? Ha detto bene Lotito: «Qualcuno mi dice con chi devo lamentarmi per quello che succede alla Lazio? Abbiamo subito una doppia penalizzazione: Rocchi salterà anche il match contro l'inter». E Mutarelli (squalificato per somma d'ammonizioni) pure. Capita sempre così quando le squadre devono affrontare i nerazzurri...

Zamparini e Pozzo patron rabbiosi
Ancora su Materazzi: al di là del gol ci si ricorderà dello scontro con mister Giordano. I tentativi del dopo partita di arrivare a una rappacificazione non hanno avuto esito: forse tra i due protagonisti della baruffa il giocatore è il meno colpevole, ma un po' di rispetto in più per il tecnico non avrebbe guastato. Due parole sul Palermo: i quattro schiaffi ricevuti dalla Roma ridimensionano fortemente le ambizioni dei siciliani, ma il terzo posto in classifica potrà essere difeso con successo. Per questo trovo assolutamente eccessive le critiche rivolte da Zamparini al suo tecnico: probabilmente è stato tradito dalla troppa passione sportiva. Anche il patron dell'Udinese Pozzo se l'è presa col suo tecnico mister Galeone - e per giunta dopo una vittoria; da come reagisce e dal tono dimesso con cui parla, il tecnico dei bianconeri dà l'impressione di non stare affatto bene. Forza Galeone, in alto i cuori. E in alto anche per Pozzo: il campionato dell'Udinese resta molto dignitoso. E non è il caso di mettere troppi panni sporchi in piazza alla vigilia di una difficile trasferta contro l'Atalanta. Domani sera - appunto - si torna in campo. L'inter potrebbe trovare qualche ostacolo sul campo della Lazio, ma probabilmente non ci crede più nessuno. La Roma farà visita a un Torino in gran forma, guidato da un ottimo Rosina e da Abbiati, sempre più brillante. Il Milan, la cui marcia è ancora molto rallentata, riceverà il Catania. Partita complicata: i siciliani sanno far male. La Fiorentina sarà in trasferta a Cagliari: un match a dir poco spigoloso, il primo senza l'esonerato Giampaolo tra i rossoblu. Gli isolani proveranno a fare lo sgambetto a Prandelli, mister che riceve molti complimenti, ma ottiene meno punti di quanti ne meriterebbe. Tra le altre, vedo molto aperti i confronti Empoli-Siena e Sampdoria-Livorno. E a proposito di Samp., voglio fare un applauso a Novellino, che con il successo sulla Reggina ha definitivamente allontanato l'incubo dell'esonero. Alla prossima.

ERRORI, OMISSIONI E SOSPETTI DI FAVORI

EDITORIALE
GIANCARLO PADOVAN
Da Tuttosport di martedì 19 Dicembre 2006

Scusate, signori dalla prosa rocciosa e dalla morale impomatata, ma adesso c’è una ragione di più per gridare allo scandalo. Adesso – intendo – a due settimane dal caso Nedved-Farina e dopo la domenica che il Corriere della Sera ha sintetizzato, sulla prima pagina di ieri, con l’emblematico titolo: «Risse, pugni e monetine» e sotto una sequenza di foto che contempla la lite tra Bruno Giordano (allenatore del Messina) e Marco Materazzi (difensore dell'inter); l'impatto scellerato del livornese Lucarelli al laziale Pandev; una moneta contro il doriano Bazzani a Reggio Calabria, dove è successo di tutto e con il coin­volgimento di troppi tesserati e addetti. E' stata una domenica che il Commissario straordinario della Federcalcio, Luca Pancalli, ha censurato con parole inequivocabili: «Su molti campi della serie A - ha scritto - si è respirata un'aria sgradevole, con una serie di episodi che non giovano all'immagine del calcio italiano e non coincidono con princìpi fondamentali dello sport come il rispetto dell'avversario, la lealtà, il fair-play».
Che difformità di vedute e di valutazione tra quello che è realmente accaduto e le decisioni prese dagli arbitri. Quante omissioni nei loro referti e quale fuga di responsa­bilità da parte degli organi di giustizia sportiva, prima fra tutte la Procura Federale. Naturalmente niente prova tv per il calcio di Vieira a Parisi, né per la testata di Ma­terazzi a Zoro, meno che mai per la collisione di Lucarelli su Pandev (il movente era ideologico, la ritorsione inammissibile, perché gravissima e violenta). In quest’ultimo caso la responsabilità è interamente da ascrivere all’arbitro Pantana, ai suoi due assistenti e al quarto uomo che o sono tutti troppo distratti per amministrare la giustizia in campo, o hanno chiuso gli occhi e allora non sono dotati di coraggio (per non tirare in ballo altro).
Certo, constatare che nessuno tra i molti interpreti di una giornata spaventosa, almeno dal punto di vista disciplinare, è stato punito, non depone a favore né dell’etica, né della pulizia ambientale tanto sbandierata nei giorni del ciclone calciopoli. Tornano a incombere – come è ovvio – anche i sospetti di favori a una capolista (l’inter) che, al pari di altre vincitrici del recente passato, sembra non averne bisogno. A maggior ragione in una stagione di ridottissima concorrenza. Vieira e Materazzi sono giocatori interisti, Rocchi è l’attaccante della Lazio che, guardacaso, domani affronta i nerazzurri. Ma mentre Vieira e Materazzi saranno disponibili, Rocchi è stato squalificato per un cartellino rosso discusso e discutibile. Sono metodi di cui già abbiamo letto in certe intercettazioni telefoniche. In esse si evocava il male al centro del potere bianconero. Ora – ammesso che qualcuno se ne accorga – sembrano solo coincidenze. Il Corriere dello Sport sostiene, a tutta pagina, che gli arbitri sono «scarsi». E’ vero, lo sono a tal punto – e anche i migliori – da non sembrare credibili nemmeno nell’errore. Si passa da Farina (quello di Genoa-Juve) a Stefanini (inter-Messina), da Rosetti (Reggina Sampdoria) a Pantana (Livorno-Lazio) con una disomogeneità di giudizio, di criterio valutativo, di fedeltà nel riferire gli accadimenti assolutamente preoccupanti. In sintesi: a Nedved 5 giornate, nessuna a chi ha fatto infuriare perfino Pancalli.
Ovviamente non va bene così, però di fronte a quanto accaduto in questi giorni alla Juve, certe miserie passano in secondo piano. Resto convinto che, sul piano della comunicazione, la società avrebbe dovuto compiere uno sforzo di visibilità sia nei confronti dei propri dipendenti o delle persone coinvolte nelle indagini, sia nei confronti dell’opinione pubblica. E’ la regola base in un’efficace comunicazione di leadership. A corollario ci sono i «validi esempi» o gesti simbolici: far giocare Alessio e Riccardo attraverso Del Piero e Buffon sarebbe stato un messaggio profondo e trasversale, del tutto adeguato alla sconvogente modalità della tragedia. Tutto il resto, invece, è convenzione. Doverosa, ma formale.

Sunday, December 17, 2006

INSEGUIRE UN PALLONE RICHIAMO IRRESISTIBILE

EDITORIALE
GIANCARLO PADOVAN
Da Tuttosport di sabato 16 Dicembre 2006

Morti per recuperare il pallone, inghiottiti dall’acqua gelida di un invaso artificiale. La fine di Riccardo Neri e Alessio Ferramosca, portiere e centrocampista della Juventus Berretti, scardina con uno sbalzo violentissimo il lessico famigliare di ogni fine allenamento. Quando, sul far della sera, i ragazzi più volonterosi raccolgono il materiale dal terreno di gioco e rincorrono i palloni scagliati oltre la recinzione da qualche compagno esuberante o solo impreciso. Forse non sapremo mai con esattezza come e perché Riccardo e Alessio siano morti. Tuttavia con certezza sappiamo che la trappola tragica è scattata mentre stavano inseguendo l’oggetto più amato della loro passione sportiva, quello a cui avevano consegnato l’infanzia e la loro adolescenza. Amavano il calcio e ai bordi di un campo di calcio sono annegati. Per quanto inspiegabile, inaccettabile, assurda e paradossale appaia questa disgrazia, è chiaro che il destino si è presentato nell’unico posto in cui avrebbe potuto trovare quei due ragazzi.
Come per molti che approdano nei settori giovanili dei club professionistici, la loro vita era fondata su quella perenne rincorsa al pallone. Conosco bene la benedetta/maledetta passione che le fa da motore. Forse perché ancor oggi - in un’età finalmente matura e pur compresso da impegni più urgenti e pressanti - ancora frequento le arene del calcio dilettantistico; forse perché chi vive e racconta lo sport da vicino sa quanto abitui alla pulizia delle conquiste. Però, quando ho appreso la notizia, non mi sono sorpreso che Alessio e Riccardo si attardassero in quello straordinario lavoro di ricerca della palla. Al tatto – uno era un portiere – e ancor di più al­la sua vista si è posseduti da un’insana follia. Quando si è in campo, per arrivare su di essa, per arrivare a conquistarla, gestirla, passarla, calciarla, respingerla, si è disposti a tutto. Adare tutto, a prendere tutto. Un vero calciatore - prima ancora di un grande calciatore – non si risparmia mai. Gioca per i compagni, gioca per la squadra, sa cos’è l’aiuto reciproco. Ecco perché dentro al laghetto d’acqua piovana sono finiti in due. Perché in due il pallone è meno difficile da prendere, perché in due la palla ce la si passa.
C’è qualcosa di antico – e di violentemente doloroso – nel gesto che ha determinato la morte di questi due giocatori diciassettenni. Nonostante fossero ormai pronti ad affacciarsi al professionismo, si sono mossi come molti di noi fecero quando i primi calci maldestri destinavano il pallone nel fosso adiacente il campo. Chi non si è mai sporto rischiando di finirci dentro, chi non vi ha affondato le caviglie riemergendo con il pallone tra le mani come fosse il più prezioso dei trofei o la ragione suprema della nostra stessa vita? Alessio e Riccardo erano quelli che siamo stati tutti, solo più bravi e fortunati ad essere finiti nella Juve. E adesso non ha nessuna importanza sapere se sia stata più imprudenza o fatalità. Conta che erano della nostra irragionevole tribù di pedatori sognanti. Ascoltavano solo il suono del pallone, la sua necessaria presenza. Perché, ovunque esso sia, è da quello che ogni volta si ricomincia a giocare.

Friday, December 15, 2006

CON GLI ARBITRI DI CALCIOPOLI DANNEGGIATE JUVE E FIORENTINA

LO STUDIO
FABRIZIO BIASIN
Da Libero di giovedì 14 Dicembre 2006

Guarda un po': dopo le chiacchiere, le accuse, i fiumi di parole e le polemiche varie, nell'ambito del celebre caso Calciopoli salta fuori uno studio quantomeno singolare. Quattro cervelloni dell'Università di Londra (Walter Distaso e Leo Leonida della "Queen Mary University") e dell'Università di Messina (Dario Maimone e Pietro Navarra), si sono arrovellati su fatti, arbitri indagati, sfaccettature e numeri del torneo di serie A 2004-05. Per capirci: quello vinto dalla Juventus, ma sottratto alla stessa dopo mesi di indagini da parte della procura di Napoli. «Moggi e i suoi hanno condizionato questo e quell'arbitro» si diceva, e quindi «è giusto togliere il tricolore dalle maglie dei bianconeri». Così è stato fatto, storia dell'ultima, focosa estate. Passano i giorni, le temperature si abbassano e i suddetti studiosi si lanciano in un calcolo a 360 gradi neanche troppo complicato. Cosa risulta dalle scartoffie? Pensa te, i bianconeri con gli arbitri inizialmente indagati (De Santis, Rodomonti, Bertini, Dondarini, Rocchi, Messina, Gabriele, Racalbuto e Tagliavento) conquistavano meno punti che con quelli cosiddetti "puliti". E in numeri - si sa - non mentono. A far quattro conti risulta che Del Piero e compagni - capaci di mantenere una media punti pari a 2,63 nelle partite dirette dagli arbitri senza macchia - con quelli sotto inchiesta si sono dovuti accontentare di una media punti pari a 1,89. Mica male se si tiene presente un altro dato: sul totale di 38 partite i bianconeri sono stati fischiati equamente dai "corretti" e dai "corrotti" (diciannove partite dirette per categoria). Strano no? Di più, secondo lo studio la stessa sorte è toccata ad altre due squadre penalizzate: il Milan (2,19 punti in media contro 2) e la Fiorentina (1,22 punti in media contro 0,93). In pratica solo la Lazio tra le squadre penalizzate ha ricevuto vantaggi (e che vantaggi) dagli arbitri sotto inchiesta; secondo lo studio, infatti, i biancocelesti (arbitrati 11 volte dagli arbitri sotto inchiesta contro 27 direzioni "pulite") hanno toccato una media punti pari a 2 con i primi e pari a 0,81 con i secondi. Ora, o la Lazio era maestra indiscussa nel cosiddetto "campionato parallelo", o qualcosa non torna: ma come, questi qua condizionavano i fischietti a loro piacimento e con gli stessi ottenevano meno punti? Parola a uno dei promotori dello studio, Pietro Navarra: «Il nostro è uno studio puramente statistico. Non ci interessa, nè siamo in grado di stabilire, se Moggi e gli altri dirigenti indagati potevano condizionare le partite, ma dal nostro punto di vista possiamo mettere in evidenza tre ipotesi più che valide: o non esisteva alcun condizionamento arbitrale nel torneo 2004-05, o esisteva ma non ha prodotto risultati rilevanti, o è possibile pensare a uno scontro tra dirigenti per l'acquisizione del sistema calcio che ha dato luogo a società vincenti e perdenti in quello che possiamo definire "campionato parallelo"». Tre ipotesi e un solo punto fermo: Juventus (in maniera evidente), Fiorentina e Milan in termini complessivi non hanno ottenuto vantaggi dagli arbitri inquisiti. «In più - continua Navarra - nello studio abbiamo tenuto conto anche della forza degli avversari affrontati dalle squadre coinvolte. La Juventus, per esempio, ha incontrato squadre più forti nelle partite dirette dagli arbitri sotto inchiesta. Questo potrebbe spiegare, almeno in parte, la considerevole differenza nella media punti complessiva».

E' SEMPRE COLPA DELLA JUVENTUS, MA LE PROVE NON SALTANO MAI FUORI
LUCIANO MOGGI
Da Libero di giovedì 14 Dicembre 2006

In un pezzo di venerdì 8 dicembre che definirei quantomeno complicato, l'editorialista della Gazzetta, Franco Arturi, che pure di solito è assai più chiaro e concludente, si avventura in un discorso su "complotti" e "cospirazioni" la cui chiave di lettura mi sfugge, ma che in un dettaglio mi sembra chiarissimo. Quel "dettaglio" coinvolge il solito accanimento del giornale verso il sottoscritto e la riproposizione di presunte (mezze) verità atte a colpire la mia persona.

La Rosea attacca ancora... ma non colpisce nel segno
Mi pare, infatti, che tutto il discorso dei complotti veri o falsi tenda unicamente a tenere fresca la memoria sul «complotto reale», come lo definisce l'articolista, «individuato dalla giustizia sportiva nell'estate scorsa». La Rosea, insomma, si preoccupa che l'impalcatura che ha contribuito a creare, possa essere messa a dura prova da un razionale revisionismo, oltre che dal trascorrere del tempo, che a sua volta fa vedere le cose in una luce più giusta. E allora dagli a insistere su opportuni passi della sentenza (ovviamente quelli che avvallano la tesi colpevolista), e nessuna tesi contraria. Un esempio? In alcuni passi della sentenza presi in esame dall'articolista si parla di gravi episodi di «illecito sportivo» ma, per la configurazione di questa fattispecie (come dicono i giuristi), la stessa sentenza ha riconosciuto che gli atti posti in essere per compiere l'illecito devono comunque essere «idonei, adeguati, avere un'efficacia». Non ci sono prove - dice la sentenza - siamo di fronte ad atti sleali, deontologicamente condannabili come violazioni dell'art 1: niente illeciti, insomma. Anche perché, come è stato osservato da illustri giuristi, più violazioni di "articoli 1" non possono generare un "articolo 6", quello che evidenzia l'illecito sportivo. La Rosea finge di dimenticare che proprio il presidente della Corte Federale, Pietro Sandulli, in un'intervista al "Romanista" aveva affermato che il campionato 2004-05 era stato regolare e che non c'erano stati illeciti. Punzecchiato dalla Rosea lo stesso Sandulli aveva fatto dei distinguo che non avevano affatto modificato il concetto base. Sandulli infatti affermava: «Abbiamo dovuto ammettere che non era possibile parlare di "illecito conclamato", ma si trattava di una serie di violazioni, di condizionamenti». E ancora: «Non c'era la prova provata dell'illecito come viene inteso nella scrittura del codice di giustizia sportiva, ma da questo - soggiungeva forse per compiacere la Rosea - a parlare di campionato regolare ne passa. L'unico dubbio riguarda la partita Lecce-Parma». Peccato per Sandulli che nella dichiarazione precedente fatta al "Romanista", e mai smentita, diceva proprio che «il campionato era stato regolare». Alla memoria a senso unico di Arturi, mi sembra giusto ricordare anche le dichiarazioni fatte da due illustri giuristi, uno dei quali è Corrado De Biase, il giudice che si occupò della vicenda calcio scommesse nel 1980, secondo il quale «il procedimento di Calciopoli è stato un aborto giuridico». Dice De Biase all'emittente toscana "Rete 37": «Se si vuole espletare in due settimane un procedimento che richiederebbe almeno sei mesi, non può che venir fuori un aborto giuridico. Quando si cassa per motivi di tempo un grado di giudizio, quando si impedisce agli imputati di portare testimoni, dossier e filmati in loro discolpa, ma gli si concedono soltanto 15 minuti per un'arringa difensiva, non si può che parlare di aborto giuridico. Quando non si concedono agli avvocati difensori i testi integrali delle intercettazioni, adducendo che non sono pertinenti, si può solo parlare di aborto giuridico. Quando infine si disassegna un titolo a una squadra, la Juventus, per assegnarlo ad un'altra, l'internazionale, prima che sia pronunciato il verdetto del primo iter istruttorio, allora siamo ben oltre l'aborto giuridico. (...) In ogni paese che si definisca civile eventuali pene e sanzioni devono essere comminate dopo che sia stato verbalizzato un verdetto di colpevolezza, mai prima. Una penalizzazione di 8-10 punti, una multa e la squalifica di Moggi e Giraudo per 10-12 mesi, questa era la pena congrua a mio parere. Ogni parallelo con la vicenda del 1980 è improponibile: qua non ci sono tracce di illecito, né denaro o assegni. L'illecito ambientale non è reato contemplato da nessun codice, a meno che non si parli di inquinamento atmosferico». Come disse il professor Manzella: «No money, no girls». A sua volta l'ex presidente della Corte Costituzionale, Antonio Baldassarre, in un'intervista a "Tuttosport", ricordava che il commissario Guido Rossi era stato membro del Cda dell'inter e questo non aveva certo «contribuito a creare una situazione limpida»; per quanto riguarda il procedimento, sottolineava che erano stati usati «metodi sommari da non meritare neanche il termine "giustizia"». Sempre all'articolista della Rosea posso ricordare i contrasti che c'erano stati all'interno della stessa Corte, per le dichiarazioni di uno dei giudici, Mario Serio, che aveva "rivelato" che la sentenza aveva tenuto conto «dell'emozione del Paese, dei moti di piazza».

Sentenze dimenticate e nuovi "aborti giuridici"
Tutto ciò premesso mi chiedo come mai la Rosea, che tiene tanto a mantenere l'attenzione sul cosiddetto scandalo, non faccia altrettanto su argomenti che interessano l'inter, come lo scudetto 2005-06, mai oggetto di indagine, e assegnato a tavolino durante il commissariato di Rossi. Oppure - fatto più grave - il silenzio sulla sentenza penale relativa alla vicenda dei documenti falsi di Recoba (per non parlare del tesseramento irregolare di Veron). Attenzione: non stiamo parlando di fatti relativi a un passato lontano, ma di avvenimenti nella sostanza contemporanei a Calciopoli; in particolare il caso-Recoba è stato chiuso nel maggio scorso con un patteggiamento, cioè con un'ammissione di colpevolezza da parte dell'inter (ovvero del suo dirigente Oriali). Parlare di giudizio già emesso è anche questo un "aborto giuridico", perché se all'epoca la sentenza sportiva dava all'inter la responsabilità oggettiva (la società si era dichiarata «estranea ai fatti»), dopo il patteggiamento in sede penale e l'ammissione di colpa da parte di Oriali, il club diventa direttamente responsabile. Per capirci: siamo in presenza di fatti nuovi che dovrebbero far riaprire l'inchiesta, ma tutto tace. Ci sono intoccabili nel calcio? La domanda la trasmettiamo per competenza alla Rosea e al suo editorialista.

Le verità di Georgatos
Ammazzare la Juventus poteva sembrare una cosa giusta e tutto fu fatto per il bene dei bianconeri e seguendo le regole... Da sempre gli interisti sapevano che la Juventus rubava e lo facevano notare a tutti. Chissà, probabilmente Oriali si rivolse a un tifoso juventino per ricettare la famosa patente di Recoba... promettendogli magari un passaggio in automobile fino a Torino per farlo giocare con la Juve... Non è così, ma sembra Vero! Dicevano che la Juve drogava tutti quanti, persino Georgatos incolpò i suoi compagni. Pardon: Georgatos era un giocatore dell'inter, e quindi non venne istruita alcuna indagine... Quelle contro la Juventus, invece, erano fumanti espressioni da bar, dette da qualcuno che preferiva sparlare piuttosto che fare il proprio lavoro. Dopo 7 anni di sciacallaggio mediatico tutto i mondo era ben "istruito": la Juve dopava i suoi giocatori. Peccato che i giudici alla fine del procedimento giudicarono falso quello che tutti "sapevano". Eppure sembrava Vero anche questo! Se l'inter di Moratti non vinceva nonostante l'immensa truppa di giocatori, la colpa era della Juve. La Juve comprava gli arbitri, falsificava documenti... Ah no, erano altri quelli "dei passaporti", quindi meglio non fare indagini. E infine, è unanimemente constatato che dagli albori della civiltà, fino all'annata passata, gli errori degli arbitri venivano considerati atti volontari per agevolare la Juve. Quelli attuali, invece, sono dovuti alla confusione e alla mancanza di "istruzioni"... Non essendoci più il "suggeritore" ci si rende conto che gli arbitri non hanno studiato... Non bisogna comunque essere troppo pignoli, perché secondo quanto scritto dal profeta Guido Rossi nel suo libro "Il ratto delle sabine" (un trattato di diritto travestito da racconto storiografico) «il potere a posteriori è capace di nobilitare gli atti più abominevoli. Si basa sulla menzogna per le false verità che impone e a cui finge di credere. Nella preparazione delle cerimonie si nasconde sovente l'inganno: le più feroci aggressioni avvengono nei luoghi di potere più severi e tranquilli, ove dietro a comportamenti di facciata si nascondono i grandi rituali dell'ipocrisia». Queste sue verità Rossi ha cercato di trasmetterle alla giustizia sportiva, ma il tutto dovrà essere giudicato dalla magistratura ordinaria - nella quale abbiamo piena fiducia - che potrà cambiare il verbo "sembrare" con il verbo "essere". Oppure no.

Ex commissario
L'ex commissario straordinario della Figc, Guido Rossi, eletto il 16 maggio scorso dopo lo scoppio dello scandalo Calciopoli. Il 15 settembre 2006 è stato nominato presidente di Telecom Italia.

Terzino greco
L'ex terzino sinistro dell'inter, Grigorios Georgatos. Lo scorso aprile, a proposito dei vecchi compagni nerazzurri, dichiarò: «In squadra c'era chi prendeva pillole e si faceva iniezioni...» Olycom

Wednesday, December 13, 2006

RESTITUITE LO SCUDETTO

EDITORIALE
GIANCARLO PADOVAN
da Tuttosport di martedì 12 Dicembre 2006

Come al solito, quando ci sono di mezzo Mancini e i suoi recensori permane il dubbio che l’allenatore dell’inter volesse dire qualcosa di diverso da quanto riportato o che si sia trovato di fronte ad una domanda per lo meno ambigua. Fatto sta che Mancini, con le buone o con le cattive, un’ammissione l’ha fatta. Ed è la seguente: l’inter attuale somiglia alla Juve di Capello. Per restare completamente fedeli alle parole, il tecnico nerazzurro ha affermato: « Tutte le squadre che dominano si assomigliano. Se vinci qualcosa di importante alla fine sei pure spettacolare ». Il cronista de La Gazzetta dello Sport, Mirko Graziano – un esegeta di Mancini - riferisce la frase corredandola con un’osservazione che, naturalmente, prendo alla lettera. Mancini – scrive la rosea - ha espresso il suo commento «con una smorfia di fastidio ». Il lettore non si sorprenda per la mia inusitata comprensione, ma stavolta perfino io capisco Mancini e anche la sua smorfia. Primo, perché sono certo che l’allenatore marchigian-interista si ritenga molto più bravo di Capello e di chiunque altro alleni nell’orbe terracqueo; secondo, perché Capello gli è sempre stato antipatico, anzi antipaticissimo; terzo, perché nemmeno a Mancini può sfuggire che con il trasferimento di Ibrahimovic e Vieira in nerazzurro il coefficiente di juventinite è cresciuto all’interno dell’inter fino a modificarne i connotati genetici. E certo che è seccato, Mancini. Tuttavia, sul piano consequenziale, non ha scampo, è la realtà a ribadirlo: Vieira ed Ibrahimovic appartenevano ad una Juve superba e vincente che, solo dodici mesi fa, con Capello in panchina e questi due elementi in campo, aveva collezionato 10 punti di vantaggio sulla Fiorentina e, guardacaso, sull’inter. E se, come Mancini a malincuore ammette, « tutte le squadre che dominano si assomigliano » , come mai lo scudetto 2005 2006 campeggia sulla maglia di un’antagonista dominata? In fondo basterebbe una piccola progressione logica per raggiungere un minimo di coerenza e riconoscere quanto la Juve dell’anno pre­cedente fosse superiore a tutti sul ca po e solo su quello.
Non accadrà. Mancini non sarebbe più lo stesso nemmeno agli occhi dei suoi detrattori (tra i quali vorrei sempre un posto in prima fila) e metterebbe a disagio i suoi estimatori (naturalmente in crescita da quando è in testa, perché questa è la critica calcistica in Italia).
Non so quanto Deschamps esageri sostenendo che con Ibra e Vieira la Juve attuale sarebbe competitiva. Secondo me, per esempio, servirebbero restauri difensivi fin dal prossimo gennaio. Comunque, confesso che piacerebbe anche a me rivedere una Juve in serie A con quei due di nuovo in bianconero. Sono quasi certo che non rivincerebbe lo scudetto, ma sono certissimo che non lo vincerebbe nemmeno l’inter. Bravo Moratti, dunque, a prenderseli. Male, anzi malissimo, la Juve che glieli ha ceduti. Se si vuol peggiorare (squadra e rapporto con i tifosi) basta aggiungervi Buffon.

Tuesday, December 05, 2006

CALCIOPOLI? UNO SCANDALO PILOTATO DALL'ALTO

INTERVISTA ESCLUSIVA
PAOLO BERGAMO
Da Quotidiano.Net di domenica 3 Dicembre 2006

L'ex designatore, uno degli imputati eccellenti di Calciopoli, parla per la prima volta dopo i processi e lo scandalo che hanno minato la credibilità e l'immagine del nostro calcio: "Io parlavo con tutti, qualcuno ha selezionato le intercettazioni. Perchè non c'è l'inter? mancano dirigenti e allenatori"

Ha mai risentito quelle telefonate scandalose?«Non serve, le ricordo tutte molto bene. Ma non solo quelle, ce ne sono moltissime altre».
Pentito?«E di cosa? Parliamo di uno scandalo che non esiste, io ho fatto soltanto il mio dovere di designatore. Al telefono tenevo rapporti con i miei dirigenti federali e le società, con alcuni allenatori e gli arbitri perché non era vietato dai regolamenti. E poi perché parlando venivo a conoscenza di situazioni, si svelavano retroscena, capivo meglio l’andamento delle partite e gli umori degli addetti ai lavori fin dentro lo spogliatoio. Lo scopo? Svelenire polemiche, ottenere maggiore serenità e arbitraggi migliori».
L’impressione è che lei parlasse soprattutto con Moggi e gli amici di Moggi. Con il vice presidente federale Mazzini e con le squadre amiche di Mazzini. Tutto per favorire una bella combriccola…. «Già, la famosa cupola. Ora non esiste più neanche per Borrelli, ma averla ipotizzata è stato l’errore più grossolano e devastante»
Ci sono le intercettazioni che parlano…«Appunto. Il giallo o, se vuole, il mistero è proprio questo. Io parlavo con tutti i dirigenti e con tutte le società. Ripeto e sottolineo: tutte. Perciò mi chiedo: come mai agli atti ci sono soltanto le telefonate con qualcuno? Perché mancano tutte le altre?».
Quali?«Con le figure istituzionali tutte. Con il vice presidente Abete, durante le Olimpiadi di Atene, abbiamo parlato per ore. Era assolutamente normale».
Chi era il telefonatore più insistente?«Giacinto Facchetti. Parlarne mi addolora per l’amicizia che ci legava dagli anni sessanta e per la prematura scomparsa, ma la sua società, l’inter, si lamentava più di tutte».
E di cosa?«Facchetti era sempre scontento ed io lo capivo perché l’inter faticava a vincere. Sospettava di tutto, molti arbitri non gli erano graditi, le griglie non gli piacevano, Juve e Milan gli facevano paura».
In concreto, cosa ha fatto lei per andargli incontro?«Ho sempre messo i nerazzurri nella fascia di sorteggio con Juve e Milan. Poi ho cercato di spiegargli certi errori per convincerlo che non c’era prevenzione. Ho tenuto con l’inter rapporti molto stretti, ho anche invitato Facchetti a cena. Ci tenevo a fargli vedere la mia casa, il mio tenore di vita, volevo dimostrare la mia assoluta indipendenza economica. Non avevo bisogno di nessuno».
E con Moratti che rapporti c’erano?«Corretti. Dopo il drammatico 5 maggio 2002 , quando l’inter perse lo scudetto a Roma con la Lazio all’ultima giornata, mi sentii molto coinvolto emotivamente. Volli fargli sentire la mia vicinanza da uomo di sport e ci incontrammo a cena con mia moglie nella sua residenza estiva».
Chissà come si sfogava Sensi…«Con lui ho avuto vari contatti assolutamente seri. Certo, si lamentava dello strapotere economico e conseguentemente tecnico del nord, temeva la Juve e il Milan, non voleva certi arbitri, altri li caldeggiava, il tutto per mera scaramanzia. Il sorteggio e le griglie obbligate mettevano tutti d’accordo».
Le griglie di Moggi…«Conosco Luciano da più di 30 anni. Conservo ancora una foto con lui scattata nel 1976 negli spogliatoi dell’Olimpico. Ha una famiglia splendida. Sono stato più volte con mia moglie a casa sua a Monticiano, conosco anche il babbo e la mamma che hanno più di 90 anni. C’è stima reciproca, mi onoro ancora della sua amicizia, se ha commesso errori ne risponderà. Vedremo. Lui è uno che lavora venti ore al giorno, del calcio sa tutto come nessuno. Quei nomi di arbitri che fa in una telefonata scherzosa erano obbligati. Non avevano diretto la domenica precedente, non c’erano altre soluzioni tecnicamente idonee. E poi tutto finiva dentro un’urna, quegli arbitri potevano toccare a Milan e inter, non solo alla Juve. Non decideva Moggi, ma il sorteggio».
Taroccato...«Hanno cercato di dire anche questo, sono state addirittura scritte le modalità per truccare il sorteggio. E’ un accusa ridicola caduta in fretta quando si è capito meglio che al sorteggio partecipavano i giornalisti ed un notaio controllava le operazioni».
Però Moggi incideva…«Ma quando mai. In un anno di intercettazioni, c’è solo una telefonata. In altre, Moggi mi critica per certe decisioni e per certi arbitraggi».
E Galliani chiamava? «Pochissimo, anche se ci conoscevamo da quando era un dirigente del Monza. Lo incontravo a Milano quando andavo a vedere gare importanti. Il rapporto istituzionale quale presidente di Lega è stato assai corretto. Del Milan parlavo con Meani».
Come mai andò a cena con i Della Valle? «Mazzini mi riferì del loro disagio che era anche il nostro. In effetti la Fiorentina quell’anno subì parecchi errori, i Della Valle pensavano ad una ritorsione per la loro presa di posizione contro il Palazzo. Accettai di incontrarli per spiegarmi, fui io a decidere di andare in un ristorante e non a Coverciano: non avevamo niente da nascondere».
Cosa successe dopo?«Nelle ultime tre giornate di campionato promisi che la Fiorentina e le altre squadre in lotta per la retrocessione sarebbero state inserite nella medesima griglia con gli stessi arbitri, i più esperti. Gli errori non finirono, alla terz’ultima e alla penultima giornata di campionato in Fiorentina-Atalanta e Lazio-Fiorentina ne furono commessi ancora ed erano decisivi ai fini del risultato».
Però Lecce-Parma finì in un pari benedetto… «Qualcuno dovrà spiegare come si possa pensare ad un illecito perché io ho parlato con De Santis prima della gara come facevo con tutti gli arbitri. Lui mi dice che è una gara difficile e precisa: ‘Io mi metto in mezzo’. Lo incoraggio ad essere il migliore in campo con un augurio: ‘Vincila tu questa partita’. La Fiorentina si è salvata in quest’ultima giornata perché ha battuto il Brescia che conseguentemente è retrocesso e per una serie di altri risultati. Il pari in Lecce-Parma da solo non bastava, bisognava truccare quasi tutte le gare di quella giornata».
Chi le telefonava tra le società più piccole?«Spesso Cellino del Cagliari. Sosteneva che i nostri giovani arbitri non erano all’altezza e dovevamo cambiare le metodologie di selezione dalle categorie inferiori. Parlavo anche con Cipollini del Bologna, Foti della Reggina, Sacchi del Parma e Zamparini nonostante lui oggi lo neghi. Vorrei ricordargli le proteste dopo un rigore in Samp-Palermo…».
In buona o cattiva fede, gli errori erano comunque moltissimi…«Nei primi quattro anni del nostro mandato le cose sono andate bene. Purtroppo, Collina a parte perché la sua figura è irripetibile, finita l’epoca di fuoriclasse come Braschi e Cesari e di buoni arbitri come Trentalange, Borriello e Treossi, non abbiamo avuto più rimpiazzi se non Paparesta».
Chiuso in uno spogliatoio…«Ha sbagliato a fare certe telefonate e per questo è stato giudicato».
E Rosetti?«Lo abbiamo sostenuto, ma non è un grande arbitro. E’ discreto solo quando è in piena forma, ha fatto un buon mondiale, ma non ha la facilità di arbitraggio e la classe di Paparesta».
Ma non le sembra che il sistema risentisse dello strapotere di Juve e Milan?«Erano le squadre più forti d’Europa, come dimostra la finale italiana di Manchester in Champions. Logico che vincessero. Ma nei nostri sei anni i primi due scudetti sono stati conquistati da Lazio e Roma e l’inter lo ha perso nel terzo anno quando lo aveva già vinto. Tra le retrocesse non c’è mai stata una lamentela. Ricordo solo una polemica forte della Roma, ma io chiesi scusa pubblicamente a Sensi, i giallorossi furono davvero tartassati. Ma dai tabulati mancano anche queste telefonate… ».
Fatte a chi?«Fabio Capello. Dopo quella stagione ci siamo sentiti spessissimo. Lo convinsi che era il suo nervosismo in panchina e quello della squadra a indurre più facilmente gli arbitri all’errore con la Roma. Non c'era malafede e lui lo capì».
Certe telefonate di Carraro sono da brividi…«In effetti queste sono le intercettazioni più inquietanti. Lui chiedeva delle cose imbarazzanti, ma io gli ho tenuto testa fino alle male parole. E anche queste telefonate dimostrano la mia indipendenza. Carraro in una recente intervista ha detto che ha assistito ad una vicenda aberrante. Ha perfettamente ragione, basti ricordare gli avvenimenti più salienti della sua presidenza, da come è stato eletto, all’allargamento dei campionati di A a 20 squadre e di B a 24, al diverso trattamento ai club da parte del sistema finanziario nel quale ricopre un ruolo determinante. Non poteva essere un presidente federale super partes».
Perché non ha denunciato prima certe situazioni….«Non stava a me contestare cose che si vedevano alla luce del sole. Il mio compito era quello di allenare la tecnica e la mente degli arbitri e convincere la federazione che fossero indipendenti economicamente».
Una bella guerra…«Tra nord e sud, tutti volevano vincere ad ogni costo. Il calcio negli ultimi anni è stato questo. C’era la corsa alle risorse dei diritti tv, la loro ripartizione faceva la differenza tecnica».
E voi eravate condizionati…«Mai. Le uniche pressioni arrivavano da certe trasmissioni televisive. Sapevamo che i nostri errori contro il Milan avevano una tremenda cassa di risonanza sulle reti Mediaset, mentre il Processo del Lunedì difendeva l’inter sulla tv di Tronchetti Provera. Anche la carta stampata faceva la sua geopolitica, mai però tutto questo ha determinato condizionamenti, semmai ci aiutava a capire».
Però le telefonate intercettate sono squallide…«Per come sono state estrapolate, fuori da ogni contesto. Per quello che si dice di volgare, per certe frasi. Ma sfido a registrare chiunque, sarebbe lo stesso. Il problema è un altro». Quale?«Si è montato un processo mediatico. In questa vicenda non c’è nulla di illegale. Non gira denaro, non ci sono regali importanti, carriere montate ad arte. Vorrei sapere che fine hanno fatto le 26 partite truccate delle quali tutti hanno scritto a nove colonne. Le accuse di illecito sportivo sono cadute, resta solo Lecce-Parma. L’avremmo truccata io, Mazzini e De Santis? Siamo seri!».
L’inchiesta è pilotata?«Le intercettazioni di sicuro. Come ho detto, qualcuno ha scelto alcune registrazioni e ne ha buttate altre che non servivano a un disegno preciso». Allora c’è un Grande Vecchio?«Ne sono sicuro. Spero che le indagini extra-calcio in corso facciano chiarezza. Forse non è un caso isolato se De Santis ed io eravamo pedinati e intercettati. E poi mi chiedo: perché l’inchiesta archiviata a Torino è stata riaperta un mese dopo a Napoli?».
La Juve però ha dichiarato subito la colpevolezza…«Un errore, apparentemente incomprensibile. Nessuna società butta a mare i suoi dirigenti più importanti prima di un processo o di prove provate!».Ma perché lei si è dimesso dal calcio? «Perché ho capito durante il processo che non avrei avuto la benché minima possibilità di difendermi: le sentenze erano già scritte».
Guido Rossi aveva promesso pulizia seria…«E invece lui, Ruperto e Borrelli hanno commesso importanti errori. Sono entrati in un mondo che non conoscevano, con rapporti, amicizie, vezzi, consuetudini e parole che girano senza che mai si oltrepassi il senso di un leale rapporto fra addetti ai lavori. Non si poteva fare un processo serio in tre settimane, non si può condannare senza prove: l’hanno fatto. A Borrelli propongo un confronto pubblico per dimostrare se Calciopoli esiste o è una montatura».
Lei chiede una revisione seria di quello che è successo, è possibile?«Il presidente del Coni Petrucci ci ha provato, ma non interessa a nessuno. La macchina è ripartita, i campionati si giocano. Cosa vuole che importi di Bergamo, di Mazzini o di qualche altro che è ancora sotto psicofarmaci!».
Non si sentirà mica un nuovo Enzo Tortora?«Ho il massimo rispetto per la vicenda umana di Enzo Tortora, non voglio fare simili confronti. Certo è che sono stato accusato ingiustamente nonostante sia un uomo pulito da sempre, come arbitro prima come dirigente poi. Mi resta un’unica convinzione: dal processo di Napoli verrà fuori la verità».

Saturday, December 02, 2006

CARO LUCIANO @

LUCIANO MOGGI
Da Libero di venerdì 1 Dicembre 2006

Quelle agenzie dimenticate che trattano di inter-cettazioni...
Riporto così come pubblicato sul sito www.dagospia.com: "Ieri sera (25 novembre 2006 ndr) alle 18,43 un flash dell'agenzia Radiocor ha procurato brividi tremendi ai piani alti di Telecom. Il testo diceva: «Dall'inchiesta di Milano in arrivo sviluppi clamorosi». Il flash che ha rovinato la serata al marito di Afef e a Carlo Buora, era seguito dal commento di Fabio Tamburini, il direttore dell'agenzia di proprietà del "Sole 24 Ore". «Parla, parla, parla il supertestimone delle inchieste su Telecom a cui stanno lavorando i magistrati della Procura di Milano - così ha scritto Tamburini si tratta di una persona che conosce molto bene, e dall'interno, il Gruppo. Di sicuro le indicazioni che fornisce risultano clamorose, sotto certi aspetti perfino sconcertanti. Ecco perchè sono prevedibili colpi di scena in arrivo. Con ogni probabilità clamorosi». Sulla stampa di oggi non c'è traccia del missile messo in orbita dal direttore Tamburini". Cosa ne pensa direttore? NICOLA e-mail
Carissimo, incredibile la tua tempestività come è altrettanto incredibile è stato il silenzio di stampa su una notizia del genere, oltretutto proveniente da fonte attendibilissima. Probabilmente anche a Rossi e soci... sarà passata inosservata (!?). Meno male che esiste la giustizia ordinaria, molto diversa da quella promossa da Rossi nel suo periodo (breve... per fortuna) calcistico. Un fatto è certo: le mie previsioni e i miei sospetti, in tempi non sospetti (scusatemi la ripetizione), erano azzeccati. Ti ringrazio.

La confessione di Cuper sul famoso 5 maggio
Caro Moggi, ha letto l'intervista di Cuper sulla Gazzetta di qualche giorno fa? Credo di sì. L'ex allenatore dell'inter dice: «Il 5 maggio molti giocatori dell'inter imploravano i laziali di farli segnare». Ma non segnarono abbastanza e persero lo scudetto. Secondo lei, i vari Moratti, Guido Rossi, Borrelli e i magistrati di Napoli - così solerti - ne sapevano qualcosa? Saluti, LUDOVICO FRANCESINI Lettera
Caro Ludovico, l'intervista (purtroppo) mi è sfuggita. Pubblico la tua lettera che leggeranno in tanti, anche se sarà sgradita a molti...

Tifosi delusi e offesi dall'operato di Cobolli Gigli
Caro Direttore, immagino abbia letto la lettera di Cobolli e Gigli pubblicata su Tuttosport. Una riflessione: la Juventus ha chiesto di fronte alla Camera arbitrale del Coni esclusivamente una sostanziosa riduzione dei punti di penalizzazione. Nessuna richiesta è stata formulata in ordine alla restituzione dello scudetto 2005/2006, come esplicitamente dichiarato in assemblea da Cobolli e Gigli, in risposta ad una mia domanda (ripetuta due volte, a testimonianza del menefreghismo presidenziale). Per l'ennesima volta sono stati offesi milioni di tifosi bianconeri. Mi viene da pensare che la società sia gestita "ad minchiam". Cordiali saluti, VITTORIO SALVADORI DI WIESENHOFF e.mail
Caro Vittorio, purtroppo ormai tutto è successo, chiuso, il tempo è scaduto... o è stato fatto scadere come dici tu. Diciamo assieme "forza Juve" con la speranza che possa tornare grande e "invidiata" così come l'avevamo costruita noi.

De Rossi e Aquilani talenti che piacevano a Moggi
Direttore, ho appena finito di sentire le comiche a Controcampo, e ho sentito degli apprezzamenti su De Rossi giustamente importanti, giudicato attualmente uno dei più forti centrocampisti europei. Non era forse lei direttore che per cedere alla Roma il ribelle Davids richiedeva due giovani del vivaio giallorosso (De Rossi ed Aquilani)? Una richiesta: potrebbe farmi sapere che fine hanno fatto fare i fratelli Elkann al dott Andrea Agnelli? Era così ingombrante? CALLONI ANGELO e.mail
Caro Angelo, sei bene informato: è vero, a suo tempo (e quando erano ancora due perfetti sconosciuti) chiesi alla Roma De Rossi ed Aquilani. La ragione è semplice: seguo il calcio e cerco di vedere anche in casa altrui se c'è qualcosa di buono. L'affare non andò in porto perché il conguaglio in denaro non era sufficiente data l'importanza che Davids aveva nell'organico della squadra. Per quanto riguarda i rapporti tra i fratelli Elkann e il dottor Andrea Agnelli non saprei cosa dirti. Vero è che Andrea, grandissimo tifoso della Juve, non va più a vedere le partite della sua squadra amata.

Ma cosa ci fa un ex poliziotto nella dirigenza dell'inter?

Egregio direttore, leggo che il presidente Massimo Moratti ha nominato vicedirettore generale dell'inter il dott. Stefano Filucchi, ex funzionario della Polizia di Stato. Nulla da dire sulla sua professionalità, ma perché, secondo lei, una società sportiva promuove ad elevati gradi dirigenziali un "superpoliziotto"? Ingenuamente ho sempre pensato che nel calcio contino le competenze tecniche (saper valutare un esterno come Roberto Carlos ad esempio), invece oggi il calcio è pieno di persone che hanno credenziali di tutto rispetto ma diverse da quelle sportive. E ancora: leggo che la Gea secondo la Procura della Repubblica di Roma sarebbe stata un'associazione a delinquere che decideva anche delle convocazioni in nazionale. In sostanza Marcello Lippi sarebbe stato una sorta di burattino in mano a lei. La prego, mi faccia capire. RENATO LUPARINI e.mail
Caro Renato per quanto riguarda la nomina di Filucchi a vicedirettore generale dell'inter (il super poliziotto come lo chiami tu), penso che Moratti lo abbia assunto per scovare... giovani speranze. Lippi, invece, ha sempre guardato ai valori dei giocatori e solo a quelli: altro che Gea o altro. I suoi risultati (con me e senza di me) parlano per lui.

Le bugie della "rosea" smentite a mezzo stampa
Carissimo, le allego un ritaglio della "rosea" datato 24 novembre in cui la stessa è stata costretta dall'avvocato del guardalinee Titomanlio (Andrea Ostellari) a smentire quanto scritto il giorno prima (Titolo: «Il guardalinee pentito: "Moggiopoli, sistema per condizionarci tutti"»). L'interessato non ha mai parlato di "Moggiopoli" e l'articolista, Maurizio Galdi, è stato costretto ad ammettere le sue colpe. Ma non conoscono la parola "vergogna"? SIMONE GORELLA Lettera
Questo fatto, se mai ce ne fosse ancora bisogno, dimostra l'ipocrisia e la voglia di fare del male di certe persone. Mi scuso se non aggiungo altro: del resto credo che tutti abbiano capito come funzionano le cose. Purtroppo (o per fortuna) la vita non è sempre "rosea".

Tuesday, November 28, 2006

UNA DOMANDA A COBOLLI

EDITORIALE
CHRISTIAN ROCCA
Da Tuttosport di martedì 28 Novembre 2006

Mi piacerebbe che Tuttosport ponesse una domanda semplice semplice al presidente Cobolli, assicurandosi che al momento della risposta sia presente anche il dottor Gigli. La domanda è questa: “Signor presidente, quanti scudetti ha vinto la Juventus?”. Le risposte possibili sono soltanto due: 29 o 27. Non c'è modo di sviare. E finché non ci sarà una risposta a questa domanda, qualsiasi proclama della nuova dirigenza juventina per me avrà valore pari al numero di scudetti vinti da Massimo Moratti. Sì, è vero, c'è una terza via tra il 29 e il 27, quella di chi dice che è stato ingiusto averci tolto il ventinovesimo, perché non è stato sfiorato da alcuna indagine, mentre è legittimo aver subito lo scippo del ventottesimo, quello delle intercettazioni telefoniche. Da ciò che leggo sembra che il nuovo corso juventino possa rispondere “28” alla mia domanda, come ha lasciato intendere il grande Lapo domenica su Tuttosport. Peccato che non abbia alcun senso. E, peraltro, non mi pare che la Juventus di Cobolli stia facendo alcunché, né legalmente né mediaticamente, per riprendersi il maltolto. Intanto chiunque abbia seguito quel campionato 2004 - con le eccezioni di Mancini, Liguori e Verdelli - sa perfettamente che lo scudetto delle intercettazioni è stato vinto regolarmente a San Siro grazie a una rovesciata di Alex e a un colpo di testa di Trezeguet e malgrado avessero fatto fuori, a tavolino, il formidabile Ibrahimovic. In modo tecnico-tattico - perché lo capissero anche Mancini, Liguori e Verdelli - l'ha spiegato definitivamente il campione del mondo Mauro German Camoranesi: “Gli avversari quando giocavano con noi se la facevano sotto”. Ma l'insensatezza è un'altra. Provo a spiegarmi. Se si considera giusta, corretta e condivisibile la decisione di punire la Juventus per gli intrallazzi del 2004-2005 - malgrado le sentenze abbiano dimostrato che non c'è stato alcun tentativo di truccare nemmeno mezza partita - si riconosce esplicitamente che Moggi e Giraudo guidavano per conto della Juve la cupola calcistica del campionato italiano da dodici anni, come si urla da sempre in curva sud e da qualche tempo su quel giornale rosa che si trova sui banconi dei gelati all'interno dei bar dello sport. Se si crede davvero che Moggi e Giraudo fossero capaci di pilotare gli arbitri e di fare la macumba ai calciatori fino a impedire, tramite la Gea, al più scarso difensore centrale degli anni Novanta, cioè a Salvatore Fresi, di non essere diventato Franz Beckenbauer, allora è giustissimo aver tolto anche il ventinovesimo scudetto. Anzi, per completare l'operazione simpatia, si dovrebbero restituire anche i cinque titoli precedenti e distribuirli un po' a chi falsificava passaporti e ricettava patenti per schierare calciatori che non avrebbero potuto giocare e il resto a chi si faceva cambiare i regolamenti sugli extracomunitari la settimana precedente la partita decisiva contro la Juve e poi non pagava le tasse al fine di comprarsi il bomber. Dunque: 29 o 27? Se la risposta è 29, Cobolli Gigli dovrebbe occuparsi solo di questo, recuperare ciò che ci spetta e ricordare ogni cinque minuti che la nuova Juve risanata e pulita è a un passo non solo dalla Serie A, ma anche dalla terza stella. Solo così Cobolli può conquistare i tifosi juventini (non me, ché non gli perdonerò mai di aver venduto Ibrahimovic e Viera agli indossatori di scudetti altrui). Se, invece, la risposta è 27, per quanto mi riguarda la nuova Juve non potrà mai essere credibile, neanche facendosi scudo delle meraviglie degli splendidi campioncini di Deschamps. I quali, come è noto, li dobbiamo a Moggi e Giraudo.

Friday, November 24, 2006

MANCIO, CANDIDO E LA GEA: IL PASSATO NON SI CANCELLA

EDITORIALE
GIANCARLO PADOVAN
Da Tuttosport di giovedì 23 Novembre 2006

Dall’interrogatorio di Chiara Geronzi nell’ambito dell’inchiesta romana sulla Gea.
«Soci fondatori siamo stati io, Francesca Tanzi, Andrea Cragnotti e Giuseppe De Mita. (…) Le quote societarie erano queste: il 20 per cento lo detenevo io, il 20 per cento la Tanzi, il 20 per cento Cragnotti e poi c’era un 40 per cento in mano alla società Roma Fides, fiduciaria composta da Giuseppe De Mita e Roberto Mancini». La notizia è stata pubblicata da La Repubblica
(autori Marino Bisso e Corrado Zunino) che a pagina 60 di ieri commenta: «Sopra il nome della "Roma Fides" c'è stato a lungo un alone di mistero. L'interrogatorio della Geronzi offre un nuovo scenario e chiama in causa Mancini, che in passato ha smentito più volte una sua presenza nella contestata società».
Dall'intervista a Sergio Cragnotti, ex patron della Lazio, concessa a Claudio Sabelli Fioretti (il collega che fece ammettere a Massimo Moratti di avere spiato l’ex arbitro De Santis) per il Corriere della Sera-Magazine, in edicola oggi.
Domanda: Lei un giorno ha parlato dei “moralisti alla Mancini…” Risposta: «Anche lui spingeva la cacciata di Cragnotti dalla Lazio. Quando me ne sono andato, la gestione della Banca di Roma gli ha aumentato lo stipendio da 2 a 7 miliardi netti. E lui alla fine se ne è andato all’inter portandosi via i migliori».
Restiamo in (sfiduciata) attesa di leggere su qualche quotidiano amico della squadra e della società nerazzurra (ce ne sono tanti e di importantissimi) le ragioni per cui Mancini ha sempre smentito la sua appartenenza alla Gea. Smentirà anche Chiara Geronzi, sua amica o ex amica? E se lo farà quali argomenti potrà usare? Dubito fortemente che Mancini torni sulla spinosissima questione, visto il rapporto che ha con la stampa, con la lingua italiana e – non in ultima analisi – con la verità. Come dubito che vorrà rispondere a Cragnotti perché i moralisti di facciata sono sempre opportunisti della prima ora. Infatti Mancini era il centro della Lazio di Cragnotti. E si è servito dell’una e dell’altro finché gli ha fatto comodo per la sua inspiegabile carriera di allenatore protetto da Federazione, Settore Tecnico e ambienti ad essi contigui. Ricordate la deroga, letteralmente inventata, per farlo tesserare dalla Fiorentina nonostante avesse iniziato la stagione con la Lazio come allenatore in seconda? Io sì. Peccato che tutti gli altri – Mancini incluso – fingano di dimenticarlo.

La Gazzetta dello Sport di ieri, mercoledì 22 novembre, pezzo a firma di Candido Cannavò. La rubrica dell’ex direttore ha un titolo esortativo «Fatemi capire». È un invito che raccolgo volentieri. Perché nel prendere per l’ennesima volta le distanze dalla Gea, Cannavò – al pari di Mancini – incorre in qualche fondamentale amnesia. «La Gea World – scrive Cannavò – era una sintesi discutibile e intoccabile di un potere calcistico che attraversava la grande economia, le istituzioni, un popolo di complici e finiva nel grande laboratorio di Moggi, padre e figlio, che avevano le spalle ben coperte». Poi, però, Cannavò sprofonda nell’oblio: «Spocchia, spregiudicatezza, molta abilità e persino una grande “fiera del calcio” organizzata in grande pompa ogni anno a Milano, con una copertura televisiva che era più che altro uno spot pubblicitario, fondato sul culto della personalità della dinastia Moggi».
Purtroppo, Candido omette di dire che quella «fiera» si chiamava Expogoal ed aveva tra i partner principali proprio Rcs e la Gazzetta dello Sport, quotidiano che a quella «fiera» ha dedicato spazio e lustro grazie alle sue migliori firme, ai suoi migliori cronisti, ai suoi migliori editorialisti, ai direttori ed ex direttori. Cannavò era tra essi.
Dati e date, non illazioni.
Dalla Gazzetta dello Sport del 12 ottobre 2003. «Expogoal è caratterizzata anche dai convegni (…). Domani alle 14,30 “Campionato Aic della Solidarietà”, progetto sociale dell’Assocalciatori a favore degli anziani. Moderatore Candido Cannavò». Tutto scritto (e da ricordare).

Saturday, November 18, 2006

CALCIOPOLI? UN ABORTO GIURIDICO

CARO LUCIANO
Da Libero di venerdì 17 Novembre 2006

Salve direttore, questa mia per porre alla sua attenzione alcune dichiarazioni rilasciate da Corrado De Biase, il giudice che si occupò della vicenda calcioscommesse nel 1980. Le cose che dice non fanno che aumentare rabbia e amarezza.
Comunque eccole: De Biase - in collegamento con un'emittente fiorentina, "Rete 37" - risponde ad un tifoso della Juventus a proposito dell'operato di Zaccone, legale dei bianconeri:
«Non posso sapere perché la proprietà della Juventus si sia mossa in un certo modo, ma mi sento di dire che la vicenda sia stata abilmente pilotata a cominciare dalla richiesta dell'avvocato Zaccone, che ha lasciato tutti di stucco. Zaccone non è un incompetente, come molti credono, ma è stato solo un attore di questa vicenda. Bisogna avere, innanzitutto, il coraggio di affermare una realtà: il procedimento di questa estate ha partorito un autentico aborto giuridico. Quando parlo di "aborto giuridico" mi prendo la piena responsabilità di ciò che dico. Quando si vuole espletare in due settimane un procedimento che richiederebbe almeno sei mesi solo per un corretto iter investigativo, non può che venir fuori un aborto giuridico. Quando si cassa, per motivi di tempo, un grado di giudizio, quando si impedisce agli imputati di portare testimoni, dossier e filmati in loro discolpa, ma gli si concede solo 15 minuti per una arringa difensiva, non si può che parlare di aborto giuridico. Quando non si concedono agli avvocati difensori degli imputati i testi integrali delle intercettazioni, adducendo che non sono pertinenti, si può solo parlare di aborto giuridico. Quando, infine, si disassegna un titolo ad una squadra, la Juventus, per assegnarlo ad un'altra, l'internazionale, prima che sia pronunciato il verdetto del primo iter istruttorio, allora siamo ben oltre l'aborto giuridico. Non è un problema di giustizia ordinaria o sportiva: in ogni Paese che si definisca civile eventuali pene e sanzioni devono essere comminate dopo che sia stato verbalizzato un verdetto di colpevolezza, mai prima. E non venitemi a parlare di normative Uefa o di liste da dare alla stessa per le coppe europee: i diritti degli imputati, tra cui quello di potersi difendere con i mezzi che l'ordinamento mette loro a disposizione, vengono prima di una partita di calcio. Il punto che mi fa pensare che Zaccone abbia agito su input della proprietà è un altro, e cioè il modo in cui si sono mossi i vertici dirigenziali della Juventus, con quel finto ricorso al Tar. Come - mi chiedo - tu allontani i dirigenti, praticamente dichiarandoti colpevole, poi assisti inerte ed impassibile ad uno scempio mediatico e giudiziario ai danni della tua squadra e poi minacci di ricorrere al TAR? È il concetto di chiudere la stalla quando i buoi sono fuggiti, se ci pensate bene. Prima ti fai massacrare senza muovere un dito, ti fai togliere il titolo, fai stilare i calendari per i campionati e le coppe europee e poi minacci di andare al Tar, strombazzando il tutto sui giornali? Sa tanto di mossa politica per placare l'ira dei tifosi, mi pare. Se Zaccone, che è uomo di valore ed esperienza, avesse avuto il mandato di evitare il disastro si sarebbe mosso in maniera diversa, nel senso che avrebbe fatto notare queste "anomalie" nel tempo intercorso tra la fine del dibattimento e l'annuncio dei verdetti. Quello, infatti, era il momento buono per minacciare di ricorrere al Tar, quando le sentenze non erano ancora state scritte, ma andava fatto in camera caritatis, chiedendo un incontro con Ruperto, Sandulli e Palazzi, e non di fronte ai giornalisti della Gazzetta. Vi prego di notare che non sto discettando di alta strategia dell'arte forense, ma dei princìpi basici, dell'abc della professione, di cose che si insegnano ai ragazzi che vengono in studio a fare praticantato: se tu, avvocato difensore, ritieni di avere delle armi da giocare, chiedi un incontro con il giudice e il Pm, nel periodo che intercorre tra il processo ed il verdetto, e gli fai notare che, se il responso sarà giudicato troppo severo, le userai. E qua di armi ce ne erano in quantità industriale. Poi, di fronte al fatto compiuto, chi si prende la responsabilità di fermare una macchina che macina miliardi di euro, tanto da essere la sesta industria del Paese? Io, per conto mio, posso solo ribadire il concetto già espresso: una penalizzazione di 8/10 punti, una multa e la squalifica di Moggi e Giraudo per 10/12 mesi, questa era la pena congrua, a mio parere. Ogni parallelo con la vicenda del 1980 è improponibile: qua non ci sono tracce di illecito, né denaro o assegni. L'illecito ambientale non è un reato contemplato da nessun codice, a meno che non si parli di inquinamento atmosferico...»
Io mi chiedo: ma se queste dichiarazioni, anzichè essere trasmesse su tv locali, fossero sbattute nelle prime pagine dei quotidiani e delle tv nazionali? Secondo me gran parte dell'opinione pubblica che ha ritenuto giusto affondare la Juventus in B cambierebbe parere, i tifosi proCobolli si ricrederebbero; la stessa attuale dirigenza sarebbe in totale imbarazzo e magari anche la figura di Luciano Moggi ne uscirebbe più pulita dopo tutto il fango che le è stato gettato addosso. RICCARDO

CANNAVORO

EDITORIALE
GIANCARLO PADOVAN
Da Tuttosport di venerdì 17 Novembre 2006

Confermato. Fabio Cannavaro ha vinto il Pallone d’Oro battendo Gianluigi Buffon che, lo ripetiamo, noi avremmo preferito in base a valutazioni tecniche (è nettamente il miglior portiere del mondo e lo è stato del Mondiale), storiche (solo una volta, 43 anni fa, si era imposto un portiere, il russo Lev Yashin), logiche (se l’Italia ha vinto la Coppa del Mondo subendo appena due reti, una su autogol di Zaccardo e l’altra da calcio di rigore di Zidane, il portiere conta più di qualsiasi altro difensore).
Di Buffon, e del suo netto vantaggio iniziale nel conteggio dei voti, abbiamo scritto mercoledì 8 novembre, scatenando le unanimi e convergenti reazioni da ogni conti­nente. Tuttavia, sei giorni dopo, siamo stati anche i primi a capire e a riportare ( martedì 14 novembre) che a Parigi, nella sede di France Football, il vento – o qualcosa d’altro – era cambiato e che Cannavaro aveva, come minimo, affiancato il portiere nella corsa al titolo di miglior calciatore europeo. Tre giorni fa – martedì per l’appunto – annunciando che uno tra Cannavaro o Buffon avrebbe certamente vinto il Pallone d’Oro –, sulla prima pagina di Tuttosport abbiamo sottolineato come in ogni caso ci saremmo trovati di fronte al successo non solo dell’Italia, ma anche della Juventus. Sia perché il riconoscimento, riferito all’anno solare 2006, è strettamente connesso alla stagione sportiva 2005-2006, chiusasi appunto con il Mondiale. Sia perché, oltre ad aver alzato la Coppa con altri ventuno azzurri, conta anche aver vinto con il proprio club (campionato e/o coppe europee). Cannavaro e Buffon hanno conquistato con la Juve lo scudetto 2005- 2006, scippato invece, a beneficio dell’inter, da una decisione ingiusta, cervellotica e spudorata. « Comunque sia – aveva ammesso Cannavaro su Tuttosport di mercoledì, quando anche il resto della stampa italiana aveva rilanciato la nostra anticipazione sul testa a testa bianconero – è un Pallone d’Oro anche bianconero: l’anno scorso eravamo fortissimi». So per certo che le posizioni dotate del pregio della chiarezza e dell’anticonformismo provocano struggimenti e rodimenti alle più diverse latitudini, tuttavia il dato è talmente oggettivo da non temere confutazioni.
Confermato. La Juve tornerà in serie A e, secondo il presidente Giovanni Cobolli Gigli, dovrà da subito essere competitiva su tutti i fronti. Anzi, per usare le parole del numero 1 del club bianconero, lo scudetto 2008 è un « imperativo categorico » . Siamo contenti che Cobolli sia così esplicito e determinato nel perseguire gli obiettivi futuri per restituire alla Juve, nel più breve tempo possibile, una grandezza lacerata solo in parte. Ci corre però l’obbligo di ricordargli che per concorrere a livello interno e internazionale servono, da subito, atti concreti. Per esempio risolvere il nodo della permanenza, affrontando anche le questioni contrattuali, per i giocatori più validi, i campioni, i talenti e i fuoriclasse. Da Trezeguet a Camoranesi, da Del Piero a Bojinov fino al rimpinguamento qualitativo della rosa – mi riferisco soprattutto alla difesa – occorre lavorare alacremente sul mercato, senza lesinare sugli investimenti. Purtroppo, alcuni errori sono stati fatti e raggiungere l’inter attuale, che la nuova dirigenza juventina ha contribuito a rafforzare cedendo Vieira e Ibrahimovic, sarà inevitabilmente più difficile. Una ragione in più per programmare con efficacia, oculatezza, preveggenza. E per non tradire promesse e parole.