CHE GODURIA BATTERE L'inter
LUCA BORIONI
Da Tuttosport di giovedì 29 Marzo 2007
VINOVO. Juve-inter, la normalità di una sfida di vertice senza alcun tipo di degenerazione. Juve con lo scudetto sulla maglia e i tifosi che cantano «i campioni siamo noi». Juve che nel giro di un quarto d’ora fulminante chiude la partita, poi non ce n’è per nessuno. Tutti a casa, senza veleni aggiuntivi. Siamo in Coppa Italia Primavera, ma in fondo è un dettaglio secondario. Perché alla fine prevale il senso dell’impresa contro il nemico designato: l’inter. Rivale peraltro già battuta una volta, su questo campo, con il risultato di 5-1. E anche in questa occasione - è la finale di andata - per il tifoso bianconero che affolla la tribuna del Chisola è grande l’esaltazione complessiva. E’ appagante il senso di rivalsa che rimane dopo il fischio finale. Non importa che sia una partita tra ragazzi. Il tifoso ora può immaginare che si stia diffondendo una magia, secondo la quale chi gioca con la maglia nerazzurra viene sempre sopraffatto da un senso di smarrimento quando affronta chi veste la maglia bianconera. Sarà interessante verificare la persistenza di questo incantesimo tra qualche mese, in serie A.
L’uomo del futuro, Sebastian Giovinco, crea le premesse. Nel primo quarto d’ora è proprio lui il giocatore che fa la differenza e che cambia il risultato. Quando subisce fallo alla prima azione di sfondamento al limite dell’area nerazzurra, la gente sa già come andrà a finire. Il passaparola scatta immediatamente: la mette dentro, la mette dentro. Il fuoriclasse in miniatura piazza il pallone a terra, prende la mira, calcia il pallone con il taglio giusto - effetto, potenza e precisione insieme - e infila Tornaghi tra i guanti del portiere e il palo. Gol. L’inter non crolla, sembra messa bene in campo. La differenza la fa Giovinco nel senso che le accelerazioni della Formica Atomica ribaltano le certezze nerazzurre, fanno saltare i reparti. Chiarenza ha consegnato al talento bianconero un ruolo anomalo e su misura: rifinitore dinamico, ispiratore del gioco d’attacco con licenza di affondare nell’area avversaria, incursore che cerca varchi da un lato all’altro del fronte offensivo. Con i grandi, a Liegi, partiva dalla fascia. Qui non ha vincoli. Ma il risultato è simile: ha una tale rapidità che una situazione vantaggiosa per la Juve la crea sempre. E comunque Giovinco non è solo velocità, cioè corsa, allo stato puro. Il pallone viaggia spedito anche quando il numero dieci lo tocca d’interno, o d’esterno, per deviare una traiettoria e lanciare un compagno. In questo, un giocatore straordinario. La sua leggerezza specifica diventa un’arma letale, non un limite. Gli atteggiamenti richiamano un certo stereotipo del calciatore già affermato: comprensibile, purché non esageri. Anche gli altri bianconeri sanno come entrare tra una linea e l’altra dell’inter, provocando danni notevoli. Cuneaz su una fascia, De Ceglie sull’altra e, davanti, Lanzafame e Maniero. Mentre la regia di Venitucci è sempre puntuale. «Per almeno cinque dei miei ragazzi prevedo un futuro importante nel grande calcio», dirà alla fine Chiarenza con cognizione di causa. Al termine del quarto d’ora che chiude i conti e umilia l’inter, tocca appunto a De Ceglie, uno già abituato al calcio più maturo, buttarla in rete coordinandosi in libertà e al volo su un pallone toccato in mischia di testa da Lanzafame. Festa sugli spalti. In zona vip sorridono Deschamps, Pessotto e Ferrara assieme a Marchisio, Paro e Piccolo, amici oltre che colleghi. In campo si verificano altri prodigi: una rovesciata di Maniero sul palo, un diagonale di Lanzafame sempre sul palo. Trini invece difende bene la porta distendendosi sul tiro di Ribas (tardivamente spedito in campo da Esposito) nella ripresa, quando l’inter si riorganizza e costringe la Juve a chiudersi. Chiarenza: «Potevamo segnarne anche quattro». Così invece qualche rischio rimane. Ma intanto la Juve ha battuto l’inter, il tifoso gode.
LUCA BORIONI
Da Tuttosport di giovedì 29 Marzo 2007
VINOVO. Juve-inter, la normalità di una sfida di vertice senza alcun tipo di degenerazione. Juve con lo scudetto sulla maglia e i tifosi che cantano «i campioni siamo noi». Juve che nel giro di un quarto d’ora fulminante chiude la partita, poi non ce n’è per nessuno. Tutti a casa, senza veleni aggiuntivi. Siamo in Coppa Italia Primavera, ma in fondo è un dettaglio secondario. Perché alla fine prevale il senso dell’impresa contro il nemico designato: l’inter. Rivale peraltro già battuta una volta, su questo campo, con il risultato di 5-1. E anche in questa occasione - è la finale di andata - per il tifoso bianconero che affolla la tribuna del Chisola è grande l’esaltazione complessiva. E’ appagante il senso di rivalsa che rimane dopo il fischio finale. Non importa che sia una partita tra ragazzi. Il tifoso ora può immaginare che si stia diffondendo una magia, secondo la quale chi gioca con la maglia nerazzurra viene sempre sopraffatto da un senso di smarrimento quando affronta chi veste la maglia bianconera. Sarà interessante verificare la persistenza di questo incantesimo tra qualche mese, in serie A.
L’uomo del futuro, Sebastian Giovinco, crea le premesse. Nel primo quarto d’ora è proprio lui il giocatore che fa la differenza e che cambia il risultato. Quando subisce fallo alla prima azione di sfondamento al limite dell’area nerazzurra, la gente sa già come andrà a finire. Il passaparola scatta immediatamente: la mette dentro, la mette dentro. Il fuoriclasse in miniatura piazza il pallone a terra, prende la mira, calcia il pallone con il taglio giusto - effetto, potenza e precisione insieme - e infila Tornaghi tra i guanti del portiere e il palo. Gol. L’inter non crolla, sembra messa bene in campo. La differenza la fa Giovinco nel senso che le accelerazioni della Formica Atomica ribaltano le certezze nerazzurre, fanno saltare i reparti. Chiarenza ha consegnato al talento bianconero un ruolo anomalo e su misura: rifinitore dinamico, ispiratore del gioco d’attacco con licenza di affondare nell’area avversaria, incursore che cerca varchi da un lato all’altro del fronte offensivo. Con i grandi, a Liegi, partiva dalla fascia. Qui non ha vincoli. Ma il risultato è simile: ha una tale rapidità che una situazione vantaggiosa per la Juve la crea sempre. E comunque Giovinco non è solo velocità, cioè corsa, allo stato puro. Il pallone viaggia spedito anche quando il numero dieci lo tocca d’interno, o d’esterno, per deviare una traiettoria e lanciare un compagno. In questo, un giocatore straordinario. La sua leggerezza specifica diventa un’arma letale, non un limite. Gli atteggiamenti richiamano un certo stereotipo del calciatore già affermato: comprensibile, purché non esageri. Anche gli altri bianconeri sanno come entrare tra una linea e l’altra dell’inter, provocando danni notevoli. Cuneaz su una fascia, De Ceglie sull’altra e, davanti, Lanzafame e Maniero. Mentre la regia di Venitucci è sempre puntuale. «Per almeno cinque dei miei ragazzi prevedo un futuro importante nel grande calcio», dirà alla fine Chiarenza con cognizione di causa. Al termine del quarto d’ora che chiude i conti e umilia l’inter, tocca appunto a De Ceglie, uno già abituato al calcio più maturo, buttarla in rete coordinandosi in libertà e al volo su un pallone toccato in mischia di testa da Lanzafame. Festa sugli spalti. In zona vip sorridono Deschamps, Pessotto e Ferrara assieme a Marchisio, Paro e Piccolo, amici oltre che colleghi. In campo si verificano altri prodigi: una rovesciata di Maniero sul palo, un diagonale di Lanzafame sempre sul palo. Trini invece difende bene la porta distendendosi sul tiro di Ribas (tardivamente spedito in campo da Esposito) nella ripresa, quando l’inter si riorganizza e costringe la Juve a chiudersi. Chiarenza: «Potevamo segnarne anche quattro». Così invece qualche rischio rimane. Ma intanto la Juve ha battuto l’inter, il tifoso gode.
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