Thursday, March 29, 2007

FINALE DI COPPA ITALIA PRIMAVERA

CHE GODURIA BATTERE L'inter
LUCA BORIONI
Da Tuttosport di giovedì 29 Marzo 2007

VINOVO. Juve-inter, la norma­lità di una sfida di vertice sen­za alcun tipo di degenerazione. Juve con lo scudetto sulla ma­glia e i tifosi che cantano «i cam­pioni siamo noi». Juve che nel giro di un quarto d’ora fulmi­nante chiude la partita, poi non ce n’è per nessuno. Tutti a casa, senza veleni aggiuntivi. Siamo in Coppa Italia Pri­mavera, ma in fondo è un det­taglio secondario. Perché alla fi­ne prevale il senso dell’impresa contro il nemico designato: l’inter. Rivale peraltro già battuta una volta, su questo campo, con il risultato di 5-1. E anche in questa occasione - è la finale di andata - per il tifoso biancone­ro che affolla la tribuna del Chi­sola è grande l’esaltazione com­plessiva. E’ appagante il senso di rivalsa che rimane dopo il fi­schio finale. Non importa che sia una partita tra ragazzi. Il tifoso ora può immaginare che si stia diffondendo una magia, secondo la quale chi gioca con la maglia nerazzurra viene sempre sopraffatto da un senso di smarrimento quando affron­ta chi veste la maglia biancone­ra. Sarà interessante verificare la persistenza di questo incan­tesimo tra qualche mese, in se­rie A.
L’uomo del futuro, Sebastian Giovinco, crea le premesse. Nel primo quarto d’ora è pro­prio lui il giocatore che fa la dif­ferenza e che cambia il risulta­to. Quando subisce fallo alla prima azione di sfondamento al limite dell’area nerazzurra, la gente sa già come andrà a fini­re. Il passaparola scatta imme­diatamente: la mette dentro, la mette dentro. Il fuoriclasse in miniatura piazza il pallone a terra, prende la mira, calcia il pallone con il taglio giusto - ef­fetto, potenza e precisione in­sieme - e infila Tornaghi tra i guanti del portiere e il palo. Gol. L’inter non crolla, sembra messa bene in campo. La diffe­renza la fa Giovinco nel senso che le accelerazioni della For­mica Atomica ribaltano le cer­tezze nerazzurre, fanno saltare i reparti. Chiarenza ha conse­gnato al talento bianconero un ruolo anomalo e su misura: rifi­nitore dinamico, ispiratore del gioco d’attacco con licenza di affondare nell’area avversaria, incursore che cerca varchi da un lato all’altro del fronte of­fensivo. Con i grandi, a Liegi, partiva dalla fascia. Qui non ha vincoli. Ma il risultato è simile: ha una tale rapidità che una si­tuazione vantaggiosa per la Ju­ve la crea sempre. E comunque Giovinco non è solo velocità, cioè corsa, allo stato puro. Il pal­lone viaggia spedito anche quando il numero dieci lo tocca d’interno, o d’esterno, per de­viare una traiettoria e lanciare un compagno. In questo, un gio­catore straordinario. La sua leggerezza specifica diventa un’arma letale, non un limite. Gli atteggiamenti richiamano un certo stereotipo del calciato­re già affermato: comprensibi­le, purché non esageri. Anche gli altri bianconeri sanno come entrare tra una li­nea e l’altra dell’inter, provo­cando danni notevoli. Cuneaz su una fascia, De Ceglie sul­l’altra e, davanti, Lanzafame e Maniero. Mentre la regia di Venitucci è sempre puntuale. «Per almeno cinque dei miei ra­gazzi prevedo un futuro impor­tante nel grande calcio», dirà al­la fine Chiarenza con cognizio­ne di causa. Al termine del quarto d’ora che chiude i conti e umilia l’inter, tocca appunto a De Ceglie, uno già abituato al calcio più maturo, buttarla in rete coordinandosi in libertà e al volo su un pallone toccato in mischia di testa da Lanzafame. Festa sugli spalti. In zona vip sorridono Deschamps, Pes­sotto e Ferrara assieme a Marchisio, Paro e Piccolo, amici oltre che colleghi. In cam­po si verificano altri prodigi: una rovesciata di Maniero sul palo, un diagonale di Lanzafa­me sempre sul palo. Trini in­vece difende bene la porta di­stendendosi sul tiro di Ribas (tardivamente spedito in cam­po da Esposito) nella ripresa, quando l’inter si riorganizza e costringe la Juve a chiudersi. Chiarenza: «Potevamo segnar­ne anche quattro». Così invece qualche rischio rimane. Ma in­tanto la Juve ha battuto l’inter, il tifoso gode.

Tuesday, March 27, 2007

IL PALLONE DI LUCIANO

LUCIANO MOGGI
Da Libero di martedì 27 Marzo 2007

Niente Ronaldinho per il Milan
La Lazio ha centrato un'annata straordinaria, con un presidente uscito vittorioso da uno sfiancante conflitto con la tifoseria e rivelatosi vincente anche in una filosofia di tattica calcistica che non sempre riesce: cedere qualche calciatore non più giovane a ottimo prezzo (come Oddo) e lanciarsi sugli ingaggi di calciatori a parametro zero o che costano poco. L'operazione quest'anno gli è riuscita. Lotito spera di fare il bis la prossima stagione con Rossi (ci mancherebbe altro) in panchina. Di chiacchiere di mercato si è sempre parlato fin dall'inizio dell'anno, ma ultimamente lo spazio che i giornali (e le trasmissioni tv) stanno dando a questa continua girandola di notizie ha un sapore particolare. Il fatto è che l'anomala situazione del campionato, con lo scudetto e il secondo posto già decisi e la diffusa convinzione che ci sia ancora poco da divertirsi, ha ingigantito il discorso sulla stagione che verrà, piuttosto che su quella che si deve concludere. La conseguenza sono scoop presunti (assai più che reali), molti "serpenti di mare", tante bolle di sapone. Negli ultimi giorni, il nome che ha scosso il "gossip" mercataro è stato quello di Ronaldinho, fatto direttamente dalla società interessata: il Milan (prima con Galliani, poi con Berlusconi). Come mai questo gioco allo scoperto? E come mai nell'operazione si è inserita (sempre allo scoperto) anche l'inter con la conseguente reazione di Berlusconi, secondo il quale Ronaldinho mai dovrà finire in nerazzurro? Le risposte a questi interrogativi possono essere variegate. I migliori affari sono quelli che si fanno a trattativa riservata, e se così non succede, un motivo ci deve pur essere. Al momento il vantaggio è solo del calciatore, che può strappare al Barça un contratto più forte e allo stesso tempo è in grado di offrirsi ai club interessati a cifre sempre più alte.

La strategia di Galliani e i veri obiettivi del diavolo
Ma perché, dunque, il Milan ha aperto questo tavolo... all'aperto? La risposta più ovvia sarebbe quella che i rossoneri sono tentati dal campione brasiliano, ma non fino al punto di ipotizzare follie finanziarie: il club di via Turati, insomma, avrebbe avviato la corsa al giocatore senza avere la reale intenzione di acquistarlo. Una vecchia volpe come Galliani, infatti, difficilmente s'incamminerebbe in un sentiero che lo porterebbe a spendere assai più di quanto necessario; e allora vien da pensare che i rossoneri, scottati dalla sconfitta nel derby (non tanto per il risultato, ma per la dimostrazione di superiorità mostrata dall'inter) si sono accorti che l'ingaggio di Ronaldo non è bastato ad annullare il divario con i "cugini", gap che al limite si è solo ridotto. Berlusconi, dal canto suo, ha voglia di togliersi gli schiaffi dalla faccia e spera di riuscirci arrivando alla finale di Champions ad Atene. L'obiettivo è difficile da raggiungere - il presidente rossonero lo sa - da qui l'idea annunciata ai quattro venti di Ronaldinho, che fa sognare la tifoseria con il possibile trio brasiliano insieme a Kakà e Ronaldo. Ma il Milan, giocoforza, dovrà prima migliorarsi (e di molto) in difesa e a centrocampo: per sostenere attaccanti e mezze-punte, infatti, occorre una diga simile a quella che attualmente possiede l'inter con Vieira, Cambiasso e Stankovic. Stando così le cose, il campione del Barcellona si troverebbe assai meglio proprio in nerazzurro... Già, l'inter. La rincorsa di Mancini (che, nonostante le smentite, ha firmato il rinnovo del contratto da circa un mese) e c. a Ronaldinho, va inquadrata calcolando il peso di qualche possibile uscita (vedi Recoba e Crespo) e come possibile risposta del patron di via Durini al Milan per il mezzo affronto ricevuto con l'ingaggio rossonero di Ronaldo. La parata di stelle interista è già... stellare, ma uno in più non sorprenderebbe: immagino i tifosi pronti a esultare per l'accoppiata Ronaldinho-Ibra, ma penso che l'operazione resterà un bel sogno. L'ex Pallone d'Oro - ne sono convinto - resterà al Barça. Tornando al Milan, i rossoneri hanno preoccupanti falle in difesa: Ancelotti spera molto nel recupero di Nesta, ma c'è molto da rifondare (Dida, per esempio, non lascia tranquilli nonostante il rinnovo). Proprio per questo c'è chi sussurra che il vero obiettivo di Berlusconi non sia il brasiliano dei gol impossibili, ma il portiere che quei gol è in grado di neutralizzare: Buffon. Non parlo volutamente di Ancelotti e della sua eventuale riconferma per rispetto degli impegni che attendono la sua squadra e per rispetto dell'allenatore stesso. Parlando di Buffon mi viene spontaneo virare sulla Juventus, prevedendo un ritorno immediato in A dei bianconeri. A tal proposito la dirigenza juventina può seguire due strade, la più ambiziosa delle quali la porterà a puntare su una squadra competitiva già dall'anno prossimo. In questo caso, oltre al mantenimento dei suoi uomini più rappresentativi (Buffon su tutti: solo così si potranno evitare volontarie fuoriuscite che potrebbero tentare Trezeguet e Camoranesi), si dovrà investire anche in difesa e a centrocampo (non bastano certamente gli acquisti di Salihamidzic e Grygera per renderla competitiva). L'altra strada, meno pretenziosa, è basata su un passo alla volta, ovvero su un campionato di passaggio, con la squadra che verrà irrobustita con giovani dal sicuro avvenire (alcuni dei quali già cresciuti nella Juve recente: Palladino, Marchisio, Criscito, Paro, Mirante ecc) con l'aggiunta ovvia di elementi giovani venuti alla ribalta nell'attuale campionato: mi vengono in mente il reggino Bianchi e anche Almiron dell'Empoli che è stato già bloccato. Chiaramente ritengo sicura la conferma dell'allenatore vincente Didier Deschamps. Chi non ha bisogno di molto per irrobustirsi è la Roma, ma quel poco che deve fare, lo dovrà fare presto e bene. Spalletti (confermatissimo) ha trovato un gioco ideale per la sua squadra, che però è troppo Totti-dipendente ed ha pochi rincalzi. Sono necessarie valide alternative e l'ingaggio di uno sfondatore che non può essere Vucinic; i giallorossi, con il grande gioco che impongono agli avversari sulle fasce, farebbero faville con uno come Trezeguet, francese senza rivali quando c'è da colpire di testa e in zona gol.

Prevedo un grande futuro per la baby-Fiorentina
Il futuro della Fiorentina, se è quello mostrato da Pazzini nell'Under 21 scesa in campo a Wembley, sarà roseo al di là di ogni previsione. I fratelli Della Valle hanno una squadra strutturalmente molto forte e con ricambi più che adeguati (oltre a Pazzini ricordiamo Reginaldo e i nuovi acquisti Van Der Borre e Lupoli). Su questa struttura sarà facile lavorare per renderla ancora più solida. Scampoli da altri fronti. Mazzarri salverà la Reggina e andrà ad allenare la Samp. Novellino, comunque, non resterà certo disoccupato: l'anno sorso era in predicato per la Juve e per il Napoli, è un allenatore che ha sempre lavorato bene e il suo curriculum parla per lui. Buon colpo, infine, del Torino, che si è assicurato a parametro zero il forte difensore del Messina Zoro.

Saturday, March 24, 2007

SALIHAMIDZIC SPIEGA LA SUA SCELTA

LA JUVE RESTA UN GRANDISSIMO CLUB
Da Tuttosport di sabato 24 Marzo 2007

Salihamidzic ha parlato del suo futuro bianconero in un’in­tervista che è andata in onda su Sky, all’interno di «Permet­te Signora». Così parlò Brazzo: «Perché ho scelto la Juventus? Perché è un grandissimo club, con un grande passato. In più si avvera un sogno che ho sem­pre avuto: giocare in Italia. Per me il calcio italiano è da sem­pre quello più appassionante. Adesso penso di essere esperto abbastanza per giocare in que­sto calcio. Penso che il periodo di formazione che ho svolto in Germania sia buono per l’Ita­lia. In più voglio ulteriormente sviluppare il mio gioco. Ag­giungo che la situazione della Juventus mi stimola moltissi­mo, perché è un grande club e ogni giocatore che adesso fir­ma un contratto con la squa­dra bianconera ha il compito morale di riportarla dove era, prima che cadesse in serie B. Ovviamente, però, voglio tor­nare in Europa, voglio tornare a giocare in Champions Lea­gue. Questo è il mio compito».
Salihamidzic racconta i pri­mi contatti con la Juve: «Ho parlato con Alessio Secco, con il presidente, il mister, Blanc, Bettega. Non ci ho messo mol­to a decidere. Naturalmente arriverò a Torino con tutta la mia famiglia, i miei tre bambi­ni e la mia compagna. Ho già visitato la città e penso che sia veramente super».
Nessuna rivelazione su Pi­zarro. «Non so se verrà anche lui alla Juve. E’ sicuramente un ottimo giocatore, ma penso che la Juventus sia già fortis­sima così. Lo si vede da come sta giocando in serie B. Come detto, io sono contento di esse­re della Juventus, poi se verrà qualcun altro meglio». E a pro­posito di nuova lingua da im­parare: «Sto facendo un curso d’italiano... ».

IL CALCIO IMPARI DAL CASO BENETTON

CARO LUCIANO
Da Libero di venerdì 23 Marzo 2007

Applicare le regole in maniera trasparente: il calcio impari dal "caso Benetton"
C'è una squadra che ha tesserato illegalmente un giocatore straniero, sia pure senza aver ricettato e falsificato patenti e passaporti. La squadra ha subito licenziato il manager responsabile, sebbene sul piano penale non fosse stato condannato da nessun tribunale ordinario. La procura federale, invece, di fronte a tale comprovata falsificazione del campionato ha chiesto la revoca della Coppa Italia e svariati punti di penalizzazione nel campionato in corso. Nel caso in questione non risultano dossier segreti, né intercettazioni, né spionaggio industriale. Nemmeno scambi farlocchi di giocatori volti a gonfiare i bilanci, né supervalutazioni di atleti ormai non idonei a giocare, né debiti che non avrebbero permesso l'iscrizione al campionato, meno che mai vendite fittizie del proprio marchio per far quadrare i conti. La squadra è la Benetton Treviso (ed è stata penalizzata con 12 punti). Lo sport è il basket. A capo della federazione non c'è Guido Rossi... PAOLA
Cara Paola, il tuo azzeccato e davvero incisivo parallelismo calcio/basket mi offre ancora una volta lo spunto per riflettere insieme ai lettori di Libero sull'origine e sulla natura dello sconvolgimento che ha investito il calcio la scorsa estate. Il basket ha affrontato in modo trasparente il temporale abbattutosi sulla Benetton Treviso (una delle squadre più blasonate d'Europa) e sulle componenti federali e di lega, che avevano recitato un qualche ruolo nella vicenda del tesseramento irregolare. Il calcio non ha voluto fare niente di simile, ma non perché "non ha alcuna voglia di cambiare" come ha recentemente esternato l'ineffabile argonauta al quale, semmai, era stato dato ampio mandato per mettere in piedi un vero e proprio ordinamento separato grazie al quale i poteri forti che gli avevano voluto conferire il mandato commissariale hanno potuto farsi beffe della Juventus e della sua storia, corredata di vittorie e di bilanci da Guinness. Per la verità il sistema ha voluto mostrarsi rigoroso ed inflessibile, sia pure sempre senza il sostegno di prove certe, anche nei confronti dei vari De Santis, Mazzini, Mazzei e soprattutto, in modo più che paradossale, dell'Arezzo. Un grazie a Ruperto, Sandulli e c. Il ruolo di gestore di questa strana operazione fu assegnato al milanese prof. Rossi di cui erano ben note la fede politica e i trascorsi nerazzurri, con i legami professionali che continuava ad intrattenere con i massimi vertici di inter e Telecom. Rossi che, in campo mediatico, si è ritrovato in dote anche una stretta alleanza con certo ben individuato polo informativo, per la sua opera di pulizia etnica, non a caso, si è fatto affiancare dai concittadini Nicoletti e D'Andrea e, ad onta della sua fama di insigne giurista, ha fornito la copertura necessaria per liberamente interpretare codici e regolamenti con l'unico intento di veder irrimediabilmente colpiti solo gli appartenenti al club più amato e più invidiato del pianeta. Rossi non è mai stato un uomo di calcio e anche quando sedeva nel cda dell'inter lo faceva in rappresentanza del gruppo pluritentacolare facente capo a Tronchetti Provera. E' sempre stato un uomo Telecom e solo in questa veste il calcio gli può rivolgere un qualche ringraziamento visto che la Tim sponsorizza lautamente i campionati organizzati dalla Lega Nazionale Professionisti e che "La 7" acquista qualcuno dei tanti diritti negoziati dalla Lega calcio. Come tu riesci ben a far rimarcare, per Calciopoli esistono solo operazioni di killeraggio intercettativi. Da fine politico Rossi ha cercato appoggi a destra e a manca, riuscendo a coinvolgere anche Ruperto, ma solo per dare l'impressione di un imprimatur di assoluto prestigio su una vicenda il cui esito era già stato ampiamente precostituito a livello mediatico (scivolando, però, inopinatamente, su quella che altro non è che la costituzione di un vero e proprio tribunale speciale). Per fortuna esistono gli strumenti per resistere a questi soprusi e riemergere, e spero che anche coloro che sono rimasti ancora coinvolti nella vicenda abbiano la voglia e la forza per far riuscire ad affermare i loro diritti... Tornando al prof. Rossi attenzione: ora che è rientrato alla base proprio per gestire la scabrosa vicenda delle intercettazioni illegali (vedi dossier "Ladroni"), potrebbero rilevarsi connessioni con Calciopoli... Del suo fugace ed interessato passaggio nel mondo del calcio, dove era riuscito a coinvolgere un altro insigne dirigente di aziende telefoniche (Gamberale), rimangono solo macerie (devastante l'emorragia di spettatori). Per quel che riguarda lo spirito che pervade questo mondo, al contrario del basket, mi sembra divertente e singolare segnalare la mancanza di questa pagina nella rassegna stampa federale, quasi a far emergere la paura di prendere coscienza delle tante denunce che provengono da voi lettori amanti del calcio, dei suoi valori, delle sue regole scritte e non. Di quanta sabbia avrà bisogno ancora questo mostruoso struzzo? Dal mondo dei canestri ancora una volta una lezione con polemiche subito sopite per il tempestivo intervento degli organismi di controllo e con un'azione non persecutoria mirata solo a far emergere violazioni a precise norme e non a mostruosi contenitori come può essere l'Art.1 nel calcio, da gonfiare o sgonfiare solo per l'ispirazione momentanea del procuratore federale. Ad majora.
Su Baggio avevo ragione: l'ha detto anche il Trap
Caro direttore, se pur con scarso rilievo è stata riportata l'interpretazione autentica che del caso Baggio/Mondiali 2002 ha voluto fornire quel gentiluomo di Giovanni Trapattoni. Ancora una volta avevi ragione tu nell'asserire che nessuna interferenza vi era stata con l'esclusione del Divin Codino dalla rappresentativa azzurra dell'epoca. C'è comunque da esser contenti: la verità emerge sempre anche ad onta di chi, dopo aver dedicato titoli e lanci di agenzia a quella che aveva tutto il sentore di essere una strumentale forzatura, aveva voluto accostarti a quella vicenda. Gli stessi - ci mancherebbe - oggi omettono di evidenziare la totale stroncatura promossa direttamente da un sempre sereno ed autorevole Trap. LORENZO MIRAFIOTI
Caro Lorenzo, devo confessarti che le parole di Trapattoni - pronunciate nel corso di una trasmissione radiofonica - erano sfuggite anche a me. Per fortuna ne ho ritrovata traccia sul "Giornale" e ne prendo atto con soddisfazione. Avevi qualche dubbio sulla ricostruzione da me proposta a proposito delle ammiccanti falsità apparse sulla solita Rosea, in occasione del quarantesimo compleanno del campione? Le bugie hanno le gambe davvero corte. Comunque, a parte le dichiarazioni del Trap, il tempo rimane galantuomo: da parte mia e da quella degli juventini tutti, però, è lecito attendersi una buona accelerata nel definitivo accertamento della verità (peraltro ben conosciuta da tutti i miei affezionati lettori) dei fatti e dei misfatti dello sport più bello del mondo.
Le dichiarazioni di Sacchi
Caro Moggi, proprio nel giorno in cui anche un autentico santone del nostro calcio (Arrigo Sacchi) arriva a definirti come l'agnello sacrificale della vicenda estiva rimarcando come sia stato commesso un grave errore nell'allontanarti dal centro degli interessi del mondo pallonaro, un certo Fabio Monti, dalle colonne del Corriere della Sera, si prende la briga di accostare, in qualche modo, il tuo nome a quanto sta succedendo attualmente tra le tifoserie bianconera e nerazzurra, ivi compreso il presidente Moratti. Dopo il New York Times anche un altro importante giornale mostra di non voler mettere fine alla campagna immotivatamente denigratoria nei tuoi confronti. Ora, al di là dello stretto imparentamento tra la Rosea e uno dei principali quotidiani italiani, penso di poter sostenere che quel ben individuato centro di potere mediatico/affaristico/economico che, sbagliando clamorosamente, pensava di aver trovato nel prof. Rossi un boia credibile per tarpare le ali della Juve e dei suoi massimi dirigenti, cominci a sentire il tuo fiato sul collo con conseguente timor panico. Ma perché ricorrere a questi mezzucci? E poi ci si lamenta della cosiddetta "violenza negli stadi". PIERPAOLO DE PAOLIS
Caro Pierpalo, le modalità con cui il commissario Rossi ed i suoi "danti causa" hanno inteso agire la scorsa estate penso siano, ormai, note a tutti e, comunque, trovi il mio pensiero in altra parte della pagina. Credo che eguale sconcerto facciano insorgere i comportamenti - per così dire - disinvolti di chi pensa di poter continuare ad usare la clava mediatica per una scientifica demolizione di tutto quanto ruoti intorno alla mia persona. Eppure la verità sta (sia pur lentamente ma inesorabilmente) emergendo, come dimostrano in queste ultime ore le precisazioni di Trapattoni o le dichiarazioni di un personaggio di assoluto spessore, prestigio ed indipendenza come Arrigo Sacchi, e qualche giorno fa, quanto è stato possibile rilevare, in sede di altra vicenda giudiziaria, con riguardo alle considerazioni gratuite e prive di ogni fondamento di un giornalista americano a margine di un'intervista che poteva destare un qualche interesse solo tirando in mezzo "Moggi". Ho sempre guardato con ammirazione al giornalismo d'inchiesta degli americani, che ho sempre pensato incapaci di confezionare bugie per attrarre lettori, ma tant'è. Per quel che riguarda l'articolo del Corriere credo che il giornalista abbia pensato di poter contare sul prestigio e sull'importanza della testata per spargere impunemente veleni o maliziosi sospetti, specie se si riesce in qualche modo a far rientrare Moggi. L'articolista deve sapere che il mio nome ed il ruolo che ho ricoperto fino all'esplosione di Calciopoli mi hanno indotto ad una difesa pubblica sempre diretta ed, ovviamente, mai trasversale. Che colpa ne ho se Moratti è presidente dell'inter e consigliere di amministrazione di Telecom, società dove si ritrova in compagnia del prof. Rossi e di Tronchetti Provera? Che colpa ne ho se lo scudetto è stato assegnato ai nerazzurri nonostante la Caf di Ruperto e la Corte Federale di Sandulli abbiano definito il campionato assolutamente regolare? Siamo seri: ognuno deve assumersi le proprie responsabilità ed io, dopo aver letto l'articolo di Monti ricco di riferimenti gratuiti al mio nome e considerazioni spalmate senza un minimo di continenza, ho presentato una denuncia alla questura di Torino e, naturalmente, dato mandato ai miei legali per sporgere querela. Nel lavoro della magistratura continuo ad avere la massima fiducia ma, certo, non posso accettare che qualcuno voglia continuare a farmi apparire sui giornali come quello che assolutamente non sono o per cose che non potevano e non possono vedermi protagonista ad ogni costo. Questo vale per il Corriere ma, certamente, anche per il New York Times. Per quanto attiene la tua ultima frase sulla violenza negli stadi è giusto dire che predicare è facile, razzolare meno. A presto!
Le ammissioni di Cobolli Gigli: meglio tardi che mai...
Caro Luciano, dopo aver letto l'intervista di Cobolli Gigli al Quotidiano Nazionale mi verrebbe da commentare: meglio tardi che mai. Alla domanda "quali illeciti aveva commesso la Juve della Triade?", il presidente bianconero ha risposto con fermezza: «Non ha commesso nessun illecito. Dalle risultanze delle sentenze sportive non emerge una sola partita comprata o venduta. A mio avviso c'è soltanto un comportamento censurabile sul piano dell'etica, per cui la dura sentenza nei confronti della Juve è del tutto sproporzionata a quanto successo». A questo punto mi sono stropicciato gli occhi e mi son detto: sogno o son desto? Anche l'attuale Juve ha scoperto che la vecchia Juve non ha commesso nessun illecito. Ma allora perché durante il processo il club non ha basato su questa elementare considerazione la sua difesa, invece di poggiarla sulla famosa arringa di Zaccone? Quell'arringa non sembrava affatto una difesa, ma assomigliava invece a quelle azioni rese famose dal cinema quando gli avvocati difensori si rimettevano "alla clemenza della Corte". Questa verità l'aveva dovuta ammettere anche il presidente della Corte Federale, Piero Sandulli, nella famosa intervista al "Romanista" la scorsa estate e invano "corretta", perché la verità sostanziale rimaneva quella. E allora perché non gridarla con fermezza nelle sedi opportune? LUCIO M.
Caro Lucio, so bene anch'io che le dichiarazioni di Cobolli Gigli sono tardive, ma non penso però che siano inutili. A me non dispiace che una voce autorevole come quella dell'attuale presidente della Juve abbia rimarcato che le sentenze non hanno accertato nessun illecito. Che poi, a ben vedere, non è quello l'aspetto più importante. A mio parere, infatti, il fatto di maggior interesse riguarda le dichiarazioni del giudice Serio, componente della Corte Federale, che a suo tempo rese noto come la Corte aveva seguito «l'emozione popolare», chiaro riferimento alla famosa "opinione pubblica". Un criterio che si commenta da sé, un parametro da "caccia alle streghe". Appunto.

DESCHAMPS: IMPOSSIBILE PER NOI LO SCUDETTO 2008

FUTURO JUVENTUS
Da Libero di venerdì 23 Marzo 2007

Didier Deschamps smorza l'entusiasmo nell'ambiente juventino dopo le affermazioni dal presidente della Ferrari Luca Cordero di Montezemolo, secondo cui lo scudetto può arrivare fin dal primo anno di ritorno nella massima serie. Quindi con grande probabilità già dalla prossima stagione. «Per noi sarà impossibile vincere lo scudetto fra un anno - conferma il tecnico francese a Juventus Channel. - Non tanto per problemi nostri, quanto perché Roma, inter e Milan partono già avvantaggiate e si rinforzeranno. Noi proveremo ad essere competitivi, ma credo che sarà impossibile. Veniamo dalla Serie B, avremo dei rinforzi. Ma nonostante questo saranno sempre le altre le favorite». Si tratta di parole realiste, soprattutto dopo le ultime dichiarazioni di Buffon che è disposto a seguire Lippi nella sua prossima avventura in panchina, ed a lasciare così la Vecchia Signora. «Per la Juventus raggiungere il prossimo anno la zona Champions sarebbe il vero scudetto. È bello e giusto che un dirigente di spicco come Montezemolo sogni lo scudetto subito, è l'ottimismo che serve per i risultati, ma il calcio soprattutto oggi è programmazione». E visto che non si può pretendere tutto e subito: «Serve tempo, ma bisogna vedere se anch'io avrò tutto questo tempo tempo». E il gesto del numero uno della Nazionale potrebbe fare proseliti, visto che anche Camoranesi e Trezeguet sono vogliosi di ritrovare subito il palcoscenico europeo dopo l'anno di purgatorio. E a quel punto, anche se non mancheranno gli acquisti da parte della società, ci si ritroverebbe con un gruppo da rifondare, e per lo scudetto bisognerebbe aspettare ancora, visto che le avversarie non staranno certo a guardare. Intanto ieri Deschamps ha dovuto masticare amaro per l'infortunio patito con la Nazionale Under 21 da uno dei giovani pupilli bianconeri, Raffaele Palladino: per lui il riacutizzarsi di un dolore al ginocchio destro. Ma per la ripresa del campionato (il 31 marzo a Pescara) non dovrebbero esserci problemi.

Thursday, March 22, 2007

L’AFFARE E’ FATTO IL CAMPIONE SI FARA’

EDITORIALE
GIANCARLO PADOVAN
da Tuttosport di mercoledì 21 Marzo 2007

L'esplosione di Raffaele Palladino non è im­provvisa, né casuale, ma l’esito di un pre­ciso lavoro di reperimento delle qualità, di in­vestimento nella preparazione, di accresci­mento delle esperienze. Il problema è sapere quanto il giocatore possa ancora migliorare e quanto in effetti migliorerà. Che sia un talen­to è sicuro, che sia un affare è sicurissimo. Ma quanta grandezza abbia dentro è da capire at­traverso un monitoraggio quotidiano.
Sostenere che Palladino, a 22 anni, assomigli ai grandi del passato (Van Basten) o a quelli del presente (Ibrahimovic) è esercizio accade­mico, non tecnico. Risponde ad un’esigenza iperbolica senza per questo rappresentare il traguardo della sua vita sportiva, anche per­ché potrebbe trattarsi tanto di eccesso quanto di difetto. Prima di tutto bisognerà stabilire – e sarà compito esclusivamente dell’allenatore – quale tipo di attaccante Palladino sia oggi e, eventualmente, cosa possa diventare domani. Ha giocato da punta centrale ed esterna, si è mosso da prima e da seconda. E’in grado di fa­re molto, ma qualcosa gli riesce meglio di altro. Dare un ordine alle sue peculiarità significa de­cidere su cosa insistere e su cosa lavorare, ol­tre che definire quale sia il grado di compati­bilità con i compagni di reparto e quali siano i più adatti a lui. Senza fretta, però Palladino dovrà essere portato al centro della scena, do­po un periodo di noviziato che sembra avviato alla conclusione. Non si tratta di costruire il settore offensivo partendo da lui, ma evitare di dare per scontato che ci sia qualcuno di meglio dentro la Juve e, soprattutto, fuori.
In queste ore, immediatamente successive al­la tripletta che l’ha scaraventato in prima pa­gina, la situazione di Palladino va misurata con freddezza e obiettività. La valutazione economica che se ne fa risente della vicinanza dell’impresa. Tuttavia il fatto che il Manche­ster United abbia sondato il terreno per un eventuale acquisto è sintomatico. In Inghil­terra, lo si dovrebbe aver capito, esiste una maggiore convinzione nel lanciare i giovani. Ne consegue un più rapido rendimento nei ri­sultati. Giocare con continuità alza, tra l’al­tro, il livello dell’autostima e sollecita la com­petitività. Giusto e necessario, dunque, che la Juve creda in Palladino più che in Trezeguet. Fondamentale che, di qui alla fine, gli venga concesso il tempo di adeguare il proprio ta­lento alle esigenze di una serie A di prima fa­scia, assai più ardua di questa serie B.

Sunday, March 18, 2007

IPOTESI JUVE: VENDITA IN VISTA

FABRIZIO BIASIN
Da Libero di sabato 17 Marzo 2007

TORINO
Un fatto: il cda della Juventus, guidato da bra veheart Blanc, ha annunciato ai quattro venti il prossimo aumento di capitale del club. Centocinque milioni scarsi. Soldi buoni per far felici gli amici della zebra. Una realtà: il termine "proposta" implica che qualcuno (nel caso in questione l'assemblea degli azionisti) approvi a breve il piano di ricapitalizzazione, indispensabile per far rifiatare la Vecchia, agonizzante Signora. E qui iniziano i guai. Mettiamo sul piatto: 105 milioni di euro virtuali, 70 e più milioni di debiti reali da appianare con solerzia, azionisti chiamati a un atto di fiducia ma sfiduciati dall'atteggiamento della società. Di più: i famosi 105 milioni? A conti fatti sono briciole appena sufficienti per far sopravvivere Madama, non certo per farla tornare a trottare. E allora il dubbio è lecito: la proprietà vuol mollare, vendere, lasciare il passo. Non subito magari, probabilmente fra un anno, quando un po' di fortuna e qualche mossa azzeccata renderanno appetibile la zebra azzoppata.

SUL MERCATO CON LE BRICIOLE
La proposta dell'Ifil (la holding operativa del gruppo Agnelli che detiene il 60% delle azioni Juve) è chiarissima: noi versiamo 63 milioni (sufficienti per ripianare buona parte dei debiti), gli altri 42 quelli che serviranno a fare "mercato" - saranno a carico degli azionisti di minoranza, che a quanto pare dovrebbero essere ingolositi dalla proposta "azioni in vendita a prezzo ridotto" (circa il 30% in meno rispetto al valore attuale di 1,9 euro per unità). Il fatto è che non tutti sono d'accordo: per informazioni chiedere agli azionisti (oltre 200) legati all'associazione "Giulemanidallajuve" e a tanti altri figliocci di Madama frenati dall'andamento del titolo (ai tempi d'oro le azioni superavano abbondantemente i 3 euro l'una). Totale, se anche il piano andrà in porto, il montepremi non raggiungerà mai quota 105 milioni e la Juventus "della rinascita" dovrà essere costruita con meno di 40 milioni complessivi. Facile no?

LAMPARD ALLA JUVE? IMPOSSIBILE
Quaranta milioni. Un bel gruzzolo, ma certo non sufficiente per modellare una Juventus capace di competere con le big di serie A. Negli ultimi giorni si sono fatti i nomi di tanti campioni che potrebbero arrivare in riva al Po nella prossima stagione: Lampard, Sissoko, Gerrard, Toni. E Buffon resterà e Camoranesi pure e Trezeguet anche. Ma quando mai? La Juve che verrà dovrà essere costruita con una mano sul cuore e l'altra sul portafoglio. I suddetti 40 milioni basterebbero appena per comprare il fenomeno inglese del Chelsea, me poi chi pagherebbe il suo ingaggio e quello dei compagni più costosi (Del Piero e Buffon su tutti)? La verità è che i bianconeri ripartiranno dai Grygera, i Salihamidzic, giocatori "a parametro zero" e con poche pretese. Gli altri? Arriveranno investendo i milioni derivati dalle sicure cessioni del duo Trezeguet-Camoranesi: 20-30 milioni sufficienti per costruire una squadra di medio alta classifica in serie A. Per quanto riguarda Buffon si vedrà, ma certo anche l'ingaggio del portierone (e il suo valore sul mercato) fanno pensar male...

OCCHIO A ROTHSCHILD
Ma come - urla sconsolato il tifoso Juventino - e i campioni? E la Champions? E la rinascita? Tocca aver pazienza, perché se è vero che la società è tornata a parlare di ricapitalizzazione dopo tredici anni (ai tempi di Moggi ci si doveva arrangiare col poco che c'era in casa) è vero anche che i soldi messi sul piatto sono ben poca cosa rispetto a quello che mamma-Fiat potrebbe permettersi. La prova? La società a quattro ruote ha versato dieci milioni tondi tondi per la sponsorizzazione della Yamaha griffata Valentino Rossi; altrettanti per girare e trasmettere lo spot Iveco con gli Allblacks. E alla Juve? Niente, almeno per il momento. Segno evidente che - nonostante le apparenze - la proprietà sta pensando di passare la mano, magari a qualche danaroso magnate venuto dall'estero. Niente di più facile. Per avere delle conferme basta leggere il nome dell'advisor incaricato scelto dall'Ifil: Rothschild, il tizio che nel recente passato ha fatto da tramite tra Manchester United, Liverpool e i rispettivi nuovi proprietari venuti dagli Stati Uniti. Gatta ci cova...

E POI CI SONO I LIBICI...
Altro fatto che fa pensar male: gli Agnelli detengono il 60% delle azioni, i piccoli azionisti il 32%. Chi maneggia il resto? La finanziaria libica Lybian Arab Investment Company (Lafico), roba di casaGheddafi, che a sua volta è vicina alla Tamoil... Già, proprio la compagnia petrolifera libica che ha levato le tende da Torino (portando con se un sacco di milioni) solo qualche mese fa. I nordafricani sono stati chiari: noi non buttiamo via altri soldi per far bella la Torino bianconera. Gli Agnelli, invece, che intenzioni hanno?

Thursday, March 15, 2007

JUVE, AUMENTO DI 105 MILIONI

MONICA D'ASCENZO
Dal Sole 24 Ore di giovedì 15 Marzo 2007

Il nuovo corso della Juventus parte dalla finanza. Il CdA della società ha deciso di proporre all'assemblea degli azionisti un aumento di capitale di 104,8 milioni, incluso sovrapprezzo, mediante emissione di 80.621.332 azioni. I titoli saranno offerti in opzione agli azionisti nella misura di 2nuove azioni ogni 3 azioni possedute al prezzo di1,30 euro,di cui 1,20 a titolo di sovrapprezzo. «L'obiettivo dell'aumento di capitale — spiega Carlo Sant'Albano, membro del cda della società — è quello di riaffermare la leadership della società a livello europeo. Il modello a cui guardiamo è quello del calcio inglese». Un modello che si basa su un business diversificato per le squadre di calcio come nel caso del Manchester United. «Il piano per il prossimo quinquennio — aggiunge Sant'Albano — si basa sulla leadership sportiva, su una nuova strategia commerciale di marketing, sulla diversificazione dei ricavi e la valorizzazione del brand e infine sulla solidità patrimoniale e finanziaria ». Un piano in cui è centrale l'opera dell'amministratore delegato Jean Claude Blanc, impegnato anche nella scelta dello sponsor che sostituirà Tamoil. Uno sponsor che dovrà essere un vero e proprio partner per la società nella valorizzazione del brand.
Sull'ipotesi Fiat, rilanciata anche dalle dichiarazioni di Luca Cordero di Montezemolo, Blanc ha aggiunto: «La Fiat è già un partner importante da anni, che diventi marchio sulla maglia fa parte delle possibilità che abbiamo, lo stiamo valutando con loro, così come parliamo con altre società».
La Ifil,azionista al 60%della Juventus, sottoscriverà la quota di propria competenza. La decisione è considerata dal presidente bianconero Giovanni Cobolli Gigli «una risposta importante e tangibile ed è l'effetto reale dell'attaccamento che la finanziaria Ifil e quindi non solo la famiglia Agnelli dimostra nei confronti della Juventus ».L'impegno della famiglia è stato ribadito anche da John Elkan, vice presidente vicario di Ifil: «Questa operazione dimostra che la famiglia è disposta a dare le risorse che il management ha chiesto: crediamo nel progetto».
L'avvio dell'operazione sul capitale,che servirà a finanziare il piano di sviluppo a medio termine della società, dovrebbe prendere il via in maggio, dopo l'assemblea e il disco verde della Consob. Advisor finanziario dell'operazione è Rothschild, che negli ultimi anni ha lavorato a diverse operazioni nel settore: advisor della famiglia Glazer nell'acquisto del Manchester United, advisor di un consorzio americano nell'acquisizione del Liverpool, advisor dell'Astonvilla nella cessione e dell'Arsenal nel finanziamento per lo stadio. Il titolo della Juventus ieri ha chiuso la seduta in calo dello 0,96% a quota 1,853 euro per azione. Da inizio anno il titolo presenta un saldo positivo per il 3,9 per cento.

JUVE, CENTO MILIONI PER LA "A"

Cento milioni per rifare una grande Juve
MARIO BERTERO
Da Libero di giovedì 15 Marzo 2007

104,8 per la precisione, con l'azionista di maggioranza Ifil (la finanziaria della famiglia Agnelli) che coprirà il 60% di sua competenza. Questo l'ammontare dell'aumento di capitale deciso dal cda straordinario della società bianconera, svoltosi a Vinovo. Già la scelta di farlo al centro sportivo e non nella sede di corso Galileo Ferraris aveva una motivazione chiara, informare subito squadra e giocatori, per tranquillizzare un gruppo che nell'ultimo periodo aveva dato evidenti segni di fibrillazione. Non a caso, la metà di questa cifra sarà destinata agli stipendi dei calciatori. Come ha spiegato John Elkann, questa immissione di denaro fresco nelle casse ha un triplice obiettivo: 1) sportivo, per rinforzare la squadra, ma anche il settore giovanile e la rete degli osservatori; 2) commerciale, con l'intendimento di arrivare entro la fine di marzo a individuare il main sponsor della prossima stagione (e il marchio Fiat è sempre più in pole position); 3) finanziario, per ridurre l'indebitamento ereditato dalla vecchia gestione. L'amministratore delegato Blanc ha confermato Deschamps anche per la prossima stagione, mettendo fine alle voci e alle indiscrezioni su un possibile ritorno di Marcello Lippi per la serie A. A chi domandava se questi soldi serviranno magari per dare la caccia ad un big di valore mondiale come l'asso del Barcellona inseguito dal Milan, Blanc ha risposto: «Noi non stiamo cercando il Ronaldinho attuale, puntiamo a scovare tra i giovani quello di domani, possibilmente italiano», spiegando che la Juve del futuro sarà un mix di campioni e giovani da far crescere. Il presidente Cobolli Gigli, invece, ha escluso il ritorno di Cannavaro e dei giocatori partiti dopo la bufera calciopoli: «Le nostre strade si sono separate la scorsa estate». John Elkann, dopo aver tirato una stoccata nei confronti di Moggi e Giraudo («L'atmosfera oggi è sicuramente migliore di nove mesi fa»), ha garantito la permanenza di tutti i big, da Buffon in su: «Pensiamo che ci siano tutte le condizioni per confermare i nostri campioni. Perché il nostro obiettivo è assicurare un grande futuro, degno del suo passato». Il primo dei giocatori a commentare è stato il capitano: «La decisione del cda fa piacere anche per gli sforzi profusi dalla squadra in questi mesi e ripaga il sacrificio di chi non è andato via in estate». Ogni riferimento a lui, Buffon e Trezeguet era assolutamente voluto.

QUESTA E’ LA SVOLTA CHE ASPETTAVAMO

EDITORIALE
GIANCARLO PADOVAN
Da Tuttosport di giovedì 15 Marzo 2007

I soldi ci sono, la svolta non può non esserci. L’aumento di capitale, deliberato nel consi­glio di amministrazione della Juventus, è più consistente del previsto ( avevamo scritto 80 milioni invece sono 105) e definisce in manie­ra inequivocabile l’impegno della proprietà verso la società e verso la squadra. Il segnale tanto atteso, dunque, c’è stato e l’aver coin­volto anche i giocatori nell’annuncio – sono stati i primi destinatari delle decisioni del Cda – assume un significato per nulla secondario. Come non è secondario che esso sia stato sa­lutato da un applauso corale del gruppo.
La decisione decreta anche la fine del perio­do emergenziale e restituisce la certezza che la Juve continuerà ad essere la Juve. Natural­mente questo non assicura automaticamente i successi – dunque né gli scudetti né la Cham­pions League – però garantisce un futuro (ed è già qualcosa rispetto ai timori di bancarot­ta dell’estate scorsa) e, soprattutto, un futuro concorrenziale da subito.
Basterà questo per far tornare grande la Ju­ve? Naturalmente no. La Juve tornerà gran­de se saprà riproporre un progetto vincente e se sarà capace di attuarlo. Questo, ovviamen­te, è un compito della dirigenza, dei manager, degli operatori di mercato, dei tecnici. Saran­no il loro lavoro e le loro scelte a qualificare il prodotto-squadra, oltre al prodotto-società.
Due, comunque, sono i fatti nuovi rispetto al recente passato. Il primo riguarda l’impegno dell’Ifil, quindi della proprietà, nell’aumento di capitale. Quantificando, si tratta di 60 mi­lioni garantiti dalla proprietà con la integra­zione di altri interventi. Era da quattordici anni – diconsi quattordici anni – che la Fa­miglia non provvedeva in modo tanto diretto e tangibile.
La seconda novità è relativa alla partecipa­zione dei piccoli azionisti. Da maggio saranno quarantamila ad avere la possibilità di acqui­stare due nuove azioni ogni tre già possedute. Vantaggiose le condizioni: 1,30 euro ad azio­ne contro 1,87 della quotazione di ieri.
Non siamo, né potremo essere, all’azionaria­to popolare proposto dal professor Bertinetti che tante adesioni e altrettanto consenso ha raccolto attraverso Tuttosport. Non ci siamo perché la Juve è un club quotato in Borsa e, dunque, l’azionariato popolare sullo stile di Real Madrid e Barcellona non è tecnicamen­te adottabile. Chi, però, tra i quattordici mi­lioni di tifosi bianconeri, volesse contribuire al rafforzamento del club avrà la possibilità di farlo esercitando un controllo diretto, assicu­rato dalla partecipazione alle assemblee degli azionisti. Una soluzione che lo stesso presi­dente Giovanni Cobolli Gigli ha incoraggiato e sostenuto. Non so quanto tutto ciò rappre­senti un’apertura al grande movimento favo­rito dalla proposta di Bertinetti, ma a me sem­bra che davvero una fase nuova sia comin­ciata. E che più si è, più si conta.

Wednesday, March 14, 2007

L'inter? TROPPO FORTE

IL PALLONE DI LUCIANO
LUCIANO MOGGI
Da Libero di martedì 13 Marzo 2007

Il calcio non è una scienza esatta, ma qualche volta vi si avvicina. E allora tra inter e Milan - con il divario dei valori messi sul piatto e nonostante Ronaldo poteva vincere solo l'inter. I rossoneri contavano sull'aspetto psicologico derivato dalla batosta di Valencia, ma i "cugini" sono riusciti a dimenticare in fretta il fattaccio e la "macchina perfetta" non si è inceppata. Moratti, in settimana, era intervenuto proprio per questo: una bella iniezione di fiducia ai suoi per far ripartire subito il jet interista. Così è avvenuto, e il temuto gol di Ronaldo, alla distanza, ha esaltato solo l'ex Real Madrid: nessuna magia per Kakà (magari simile a quella realizzata contro il Celtic), mentre lo stesso Ronie, oltre al gol, ha fatto davvero pochissimo. Se poi si aggiungono le prestazioni mediocri di Seedorf e Oddo, la metamorfosi (in negativo) di Dida, le 600 partite di Maldini che certo non garantiscono prontezza di riflessi in zona difensiva (avete provato a contare quanti palloni sono stati persi dai difensori milanisti?), si capisce perché la squadra di Ancelotti aveva il destino segnato.

La spalla ideale per Ibra? Senza dubbio Cruz
Come ultima riserva i rossoneri probabilmente speravano in qualche errore tattico (e di scelte) da parte di Mancini (come avvenuto contro il Valencia) ed invece stavolta l'allenatore non ha sbagliato una mossa, accompagnato anche da un pizzico di fortuna. Fuori Crespo, dentro Cruz, e il nuovo entrato va in gol dopo neanche un minuto. Poi un colpo di tacco favoloso (se fosse entrato in porta avrebbe fatto crollare lo stadio) e l'assist per il gol del 2-1. Solo dopo 53' Mancini è riuscito a capire che Cruz è un partner migliore di Crespo per il gioco di Ibra: lo svedese, maestro nel tenere impegnate le difese avversarie, ha bisogno di un finalizzatore al suo fianco per rendere al meglio. Crespo farà anche dei bei gol, ma nei 16 metri non segue Ibra come Cruz. Comunque Mancini è giovane e sicuramente migliorerà anche in questo. Discorso a parte per Figo, uno dei grandi protagonisti del derby. Il portoghese è tornato ai grandi livelli dell'epoca Barcellona: grandi giocate, grande partita. Non ho dubbi che il portoghese abbia voluto rispondere polemicamente al suo tecnico, quasi a voler dire: se a Valencia avessi giocato dall'inizio la partita non sarebbe finita com'è finita. Per fortuna del Milan il contraccolpo derivato dalla sconfitta non ha portato grossi guai in classifica: il quarto posto (ma anche il terzo in verità) è a soli sei punti, quindi più che raggiungibile. Ancelotti ha fatto notare che il ko è arrivato dopo 15 risultati utili consecutivi, ma anche il tecnico dei rossoneri - mi permetto - questa volta ha sbagliato; i suoi non ce la fanno più a reggere lo schema che prevede le due punte più Kakà (come è avvenuto domenica nel secondo tempo dopo le sostituzioni: Gila per Seedorf, Gourcuff per Gattuso). Il centrocampo non è più quello di prima, la difesa neppure. E comunque non sempre si segnano più gol schierando più attaccanti, mentre al contrario è più facile prenderne. Di più, sulla condizione non ha certamente influito la partita di mercoledì: anche l'inter ha giocato il suo euro-match (un giorno prima) e il confronto di Valencia (perso per gli errori imperdonabili di Mancini) è stato più impegnativo di quello dei rossoneri. L'arbitro Rizzoli, super-lodato fin dalla vigilia, è stato bravino. Un'ex arbitro oculato ed esperto come Graziano Cesari, però, ha dato una strana spiegazione a proposito del grave errore compiuto dal fischietto in occasione del fallo di Bonera su Ibrahimovic. Rizzoli ha ammonito lo svedese per simulazione, mentre le immagini hanno mostrato in maniera chiarissima che il fallo c'era e l'arbitro doveva sanzionare il rigore. Cosa s'inventa Cesari? Dice che quell'errore non ha importanza perché l'arbitro ha preso la decisione «in maniera credibile», tanto è vero che le proteste sono state minime. Caro Graziano, la tenuità delle proteste non allevia la gravità dell'errore arbitrale e attenzione: se si giustificano sbagli simili la vedo male per il futuro. Se l'inter non avesse vinto quanto avrebbe pesato quell'errore? Vi chiederete perché durante la settimana ho insistito sui risultati di inter-Milan e Palermo-Fiorentina, indovinandoli entrambi. Le due designazioni mi lasciavano perplesso. Non discuto Rizzoli come arbitro, soltanto non lo ritenevo in grado di dirigere una partita di tale importanza. A mio parere Rosetti, per meriti passati e presenti, sarebbe stato molto più adatto.

Designazioni sbagliate e situazioni "da derby"
Speravo in altra designazione anche per Palermo-Fiorentina; il match doveva essere diretto da uno dei due arbitri migliori che abbiamo, Paparesta, e invece è stato scelto Messina; quel Messina trovato nelle intercettazioni a parlare con Meani... I miei dubbi sono stati rafforzati da ciò che è successo in campo e proprio per questo avevo previsto un bel pareggio... Naturalmente si tratta di considerazioni personalissime, quindi probabilmente lontane dalla realtà. Visto, però, il trattamento che mi è stato riservato negli ultimi anni mentre svolgevo la mia attività (continue ipotesi e dubbi regolarmente portati a conoscenza del pubblico), chiedo il permesso di poter esternare le mie riflessioni. Con ciò non voglio certamente atteggiarmi a designatore, ma l'esperienza mi porta a analizzare le cose con adeguato buonsenso. Ultime sul derby. Voglio segnalare la bella scena intravista nella tribuna Vip: Tronchetti (nella fila appena sopra Moratti) ha esultato: ne aveva ben donde ma forse, con un po' di stile in più, avrebbe fatto meglio a vedere la partita (le partite...) con Guido Rossi nella sede della Telecom. Preferisco trascurare il gesto di benedizione (ombrello?) fatto da Moratti nei confronti dell'arbitro Rizzoli, mentre l'unica nota lieta del derby, capace di nobilitare l'evento e tutto il calcio italiano, è stata la visita del presidente Berlusconi negli spogliatoi dei nerazzurri per fare i complimenti ai vincitori: ovviamente l'avevano prima disarmato... La Roma ha difeso il secondo posto regolando con un perentorio 3-1 l'Udinese di Malesani. A questo punto è chiaro che l'inter e la Roma faranno corsa a sé, ciascuna per la sua parte, e con i giallorossi concentrati anche in proiezione Champions. Lassù in alto, tra le cinque che si battono per il terzo/quarto posto, continua a volare solo la Lazio: va sotto, recupera, passa in vantaggio, si fa raggiungere e vince infine per 3-2 contro la Reggina. Nel gruppo delle rivali lo scontro Palermo-Fiorentina ha assunto toni drammatici per la "vicenda Guana". "Un atto di slealtà sportiva", ha tuonato Guidolin, che se l'è presa con Prandelli e alla fine è stato espulso dall'arbitro. Penso che i toni siano stati troppo accesi a fronte di un fatto sicuramente sgradevole. Il Palermo, rimasto in dieci per l'espulsione di Zaccardo, è riuscito a pareggiare con un destro al volo dell'uruguaiano Cavani: un gol capolavoro. L'Empoli, un'altra delle protagoniste della stagione, pensava di aver già incamerato i tre punti contro il Livorno (ridotto in dieci) ma un gol di Lucarelli su calcio di punizione in piena fase di recupero ha fissato il risultato sul 2-2. I toscani, comunque, restano meritatamente al quinto posto. Altri pareggi tra Sampdoria e Cagliari (1-1), Atalanta e Parma (1-1), e tra Chievo e Messina (1-1). Il Torino ha vinto una combattutissima partita contro il Catania ed è adesso in una situazione assai più tranquilla. Di Rosina, il giocatore simbolo di questa stagione granata, il gol vincente. Nonostante la vittoria, però, i problemi del Toro restano intatti. Alzi la mano chi pensava che l'Ascoli potesse vincere a Siena. Così è avvenuto e ora la squadra di Sonetti può sperare nella salvezza con maggiore fiducia.

Il tecnico dei nerazzurri? Mi conosce benissimo...
Chiudo con le dichiarazioni rilasciate da Mancini a proposito del suo contratto e sulla frase rivolta nei miei confronti: «Moggi? Non lo conosco». Per quanto riguarda il rinnovo con l'inter ho detto che il tecnico ha firmato prima ancora di partire per Valencia. Di più: ho detto che il medesimo, in quanto a firme sui suoi contratti, è da considerare un vero fuoriclasse. Confermo tutto: Mancini troppo spesso si dimentica e dice cose che non dovrebbe. Subito dopo il derby, infatti, in diretta a "Sky calcio", il tecnico ha candidamente parlato dei programmi dell'inter futura, dando quindi ampia conferma che quanto da me anticipato era vero. In merito alla "nostra conoscenza", invece, vorrei rinfrescare la memoria al Mancio: mi ha conosciuto nel corso di una trattativa intercorsa tra la Juventus (rappresentata da me) e la Lazio (rappresentata da lui e da altre persone che ben conosce) per l'acquisto di Stankovic. Quel giorno non mi accorsi che Mancini fingeva di trattare il giocatore (cercava anzi di convincerlo a non venire alla Juve...) e me la presi con il suo procuratore che nell'occasione aveva ben poche colpe. In quel momento, forse, al tecnico era apparsa in sogno l'inter e la possibilità di andarvi nel futuro immediato. Successivamente le dichiarazioni rilasciate da Stam nella conferenza di presentazione al Milan diedero ulteriore conferma a quanto sopraesposto. Di più, Mancini è lo stesso che - in maniera intempestiva e fanciullesca - a suo tempo disse che con Moggi non avrebbe parlato perché lo stesso Moggi avrebbe dovuto rispondere di altre questioni in altra sede e con altre persone. Dicendo così fece chiaramente intendere che era a conoscenza di tutto quello che sarebbe successo un anno dopo. Permettetemi, infine, di porre alcune domande a Mancini: 1) Come fece ad allenare la Fiorentina senza aver frequentato il master di Coverciano e nonostante le dichiarazioni contrarie del presidente dell'Assoallenatori? 2) Perché il tecnico non ha mai dato risposte alle deposizioni di Chiara e Cesare Geronzi sul fatto che la "Roma Fides" avesse il 40% iniziale della Gea? Così come scrivono i lettori ai giornali sarebbero gradite risposte in merito.

TROPPE INCERTEZZE SERVE UNA SVOLTA

EDITORIALE
GIANCARLO PADOVAN
Da Tuttosport di mercoledì 14 Marzo 2007

Scusate se insisto, ma alla Juve molto deve cambiare e in fretta. Rinuncio a pensare che possa essere la qualità di gio­co della squadra. Spero siano le prospetti­ve per un futuro a medio termine almeno accettabile. Oggi, inutile nasconderlo, que­sta certezza non c’è e se si aspettano noti­zie positive da un Consiglio di Ammini­strazione esattamente come si trattasse di una partita, bisogna riconoscere che la si­tuazione non è né tranquilla, né tranquil­lizzante.
Tuttavia qualche buona notizia merita di essere registrata. Il successo sul Treviso, ottenuto nonostante un primo tempo di spaventosa quanto oggettiva bruttezza, porta a tre i punti di vantaggio sul Napoli (pareggio interno con il Vicenza), a sette sul Bologna, mantenendo i sei sul Genoa. Eppure sono proprio i confronti con gli an­tagonisti diretti a preoccupare, nonostan­te il favore di incontrarli in casa nel pros­simo futuro. La primavera ormai, oltre ad essere sbocciata dal punto vista meteoro­logico, è prossima anche secondo il calen­dario. E, come tutti sanno, la primavera rappresenta il periodo decisivo di molti tornei, specialmente quello di serie B. Ar­rivarci da capolista non basta, serve an­che l’autorevolezza del ruolo e la Juve la sta progressivamente smarrendo. Ci si chiede quale sia la ragione e la si cerca dentro la Juve. Farlo è sicuramente giu­sto, ma a questo punto del campionato è importante considerare che anche la co­noscenza che gli avversari hanno svilup­pato della Juve è completa, come lo è la valutazione esatta della sua forza e, natu­ralmente, il reperimento di qualche limite. Fossi in Deschamps e nei giocatori non da­rei nulla per scontato. Come, dopo la ca­duta con il Brescia, ha dimostrato anche la partita con il Treviso, le difficoltà sono au­mentate e di qui alla fine potrebbero alza­re il coefficiente del rischio.
Ripeto: ci vorrebbe una svolta. Ma dopo averne invocato una tecnica ( senza ap­prezzabili miglioramenti) e auspicato una societaria (oggi è previsto l’aumento di ca­pitale), percepisco che le perplessità si stanno trasferendo altrove, da Buffon ai tifosi, i quali hanno manifestato la loro di­sapprovazione fischiando. Certo, le di­chiarazioni del portiere sui tempi del ri­torno al futuro bianconero, distribuisco­no un diffuso senso di inquietudine che an­drebbe dissolto dal consiglio di ammini­strazione e dalla proprietà con una serie di operazioni destinate a indicare una dire­zione verso la quale, in maniera univoca, si muovessero tutti. Trattenere i calciatori più rappresentativi è il primo passo. Se Buffon rimane, altri big resteranno e qualcuno chiederà di essere ingaggiato provenendo da altri club. In caso contra­rio bisognerà cambiare strategia in ma­niera radicale e affrontare una rivoluzio­ne profonda. Non è detto che sia un male, ma è una storia completamente nuova da scrivere. Molto ruota intorno alle capacità di investimento per potenziare la squadra, alla quantità di milioni disponibili e a chi li dovrà utilizzare. Ma ancor più impor­tante è il momento in cui decidere. Il mo­mento è questo. Sperando, anzi, che non sia già tardi.

Sunday, March 11, 2007

CON DIDIER RISCHIA TUTTA LA DIRIGENZA

EDITORIALE
GIANCARLO PADOVAN
da Tuttosport di domenica 11 Marzo

Come ho scritto mortificando l’inter, ripeto lo stes­so termine per la Juve: figuraccia. Lo dico per es­sere chiaro, perché si sappia che Tuttosport non con­cede sconti a nessuno e per ribadire che il primo im­pegno verso i nostri lettori è sempre il rispetto della verità dei fatti. Al di là della più pessimistica previ­sione, ieri a Mantova, contro il Brescia scintillante di Serse Cosmi, la Juve ha firmato una delle prestazio­ni più desolanti della sua storia ultracentenaria. E, siccome per lealtà e rispetto voglio adottare lo stesso metro di giudizio adoperato per la partita di Cham­pions dell’Inter a Valencia, è necessario spiegare che la Juve non ha mai tirato veramente verso la porta avversaria (il gol di Del Piero era una punizione bu­cata da tutti, compreso Boumsong, suo naturale de­stinatario), mai espresso un’azione lineare, mai retto il ritmo degli antagonisti, mai trovato la misura del confronto. Tuttavia, mentre martedì l’inter si stava misurando nella massima competizione internazio­nale, la Juve milita in serie B e affrontava la decima squadra del campionato.
La frana bianconera è stata accentuata dall’eccellen­te partita del Brescia. Bravo, e fortunato, Cosmi, per aver risolto i problemi offensivi (squalificati Possan­zini e Mannini), lanciando Serafini verso una triplet­ta che, seppur tardivamente, ne illuminerà la carrie­ra. Ma per quanto imprevedibile potesse risultare la performance dell’attaccante di riserva, bisogna rico­noscere che il Brescia ha giocato una partita di ordi­ne e aggressività, arrivando sempre prima, e meglio, sulla palla.
Inaccettabili, al contrario, le prestazioni di Trezeguet e Camoranesi. A proposito dell’italo-argentino credo di essermi espresso in toni fin troppo perentori, chieden­do in almeno due occasioni provvedimenti da parte dell’allenatore e della società. Se qualcuno non l’aves­se ancora capito, il deficitario rendimento di Camora­nesi, campione del mondo con l’Italia di Marcello Lip­pi, non è riconducibile ad una flessione tecnica, ma ad un atteggiamento mentale che non rende giustizia alla sua professionalità. Né, stando alla partita di ieri, alla professionalità di Trezeguet. Perché il problema non è sbagliare un gol o un passaggio. Il problema è essere presenti a se stessi, partecipi, utili ai compagni, com­petitivi con avversari che, dal punto di vista tecnico, so­no palesemente inferiori.
Resto convinto che Didier Deschamps si stia mostran­do inadeguato a guidare la Juve in B, figurarsi in serie A. Infatti ad una qualità individuale altissima, ne cor­risponde una complessiva inspiegabilmente ridotta o, come con il Brescia, addirittura inesistente. Inoltre la condizione atletica è allarmante (e se c’entrano i pri­mi caldi sono guai), le scelte tattiche cervellotiche (fi­nire la partita con quattro attaccanti più Marchionni e Nedved è sintomo di un calcio approssimativo), quan­do Buffon non para (e ieri non ha parato) la difesa mo­stra limiti strutturali (posizione, meccanismo a scala­re, scaglionamento). Nonostante il primo posto, la Ju­ve sta rimettendo in gioco la stagione. E Deschamps, con i dirigenti (tutti), rischia futuro e carriera.

Saturday, March 10, 2007

CHE FINE HA FATTO IL GIUDICE RUPERTO?

LUCIANO MOGGI
Da Libero di venerdì 9 Marzo 2007

Uno, dieci, cento scopritori di Ibrahimovic
Caro signor Moggi, hanno scoperto tutti Ibrahimovic. Ibra di qua, Ibra di là. Tutti a disquisire delle sue doti, del suo talento, anche dei suoi "maestri", quelli che lo hanno scoperto o gli hanno insegnato quante cose si possono fare con il pallone. Silenzio ed omissioni su chi dobbiamo ringraziare se questo genio del calcio è in Italia e non in Spagna o in Gran Bretagna. Ne vedo tanta di gente restia, di quelli cioè che non vogliono per nessun motivo seguire il precetto evangelico del "dare a Cesare quel che è di Cesare". Il perché è semplice. Dovrebbero citare e ringraziare lei, caro signor Moggi, che in fatto di calcio ha avuto sempre l'occhio più lungo degli altri. Pensi che il signor Cannavò, quello che lei indica come il "Candido ma non troppo", si è spinto sino a sentenziare che è stata l'inter a far grande Ibrahimovic e non viceversa come sanno tutti, anche i bambini. Tutto pur di non dare a lei neanche il piacere di una citazione al merito. Il signor Cannavò, che parla tanto dei diversamente abili, che sembra avere una lacrima e un'attenzione per tutti, ha mai pensato di imporsi un po' di onestà critica anche quando parla di calcio, quando si lancia nei suoi sermoni quotidiani? Senza offesa, mi sa tanto che Cannavò abbia sbagliato mestiere. A me sembra più un curato di campagna con i suoi pezzi sempre uguali, buoni per conciliare il sonno (ribadisco senza offesa, ma a me fanno questo effetto). A proposito, io sapevo che era stato Ibrahimovic, un po' tradendo la sua juventinità, a offrirsi all'Inter ed invece apprendo da una intervista ad Oriali, che è stata l'inter quando il catafalco della Juve era ancora caldo - a presentarsi a Torino per approfittare della divisione delle spoglie, proprio come si faceva nell'antica Roma, ai tempi di Trimalcione. Che ambiente, signor Moggi, che ambiente. ALBERTO M.
Caro Alberto, sono stato a guardare a leggere tutta la messe di storie e di lodi sperticate sul conto di Ibrahimovic. Tutti hanno trovato qualcosa da dire e da raccontare, tutti insomma sanno tutto di questo straordinario genio del pallone. In tanti hanno preferito esibirsi in lunghi giri viziosi pur di non regalare citazioni (di meriti non ne parliamo proprio) a chi l'ha portato alla Juve e quindi in Italia. Chi conosce il calcio, però, sa bene qual è la verità... Sul "Candido ma non troppo", invece, siamo alle solite: ciascuno ogni tanto dovrebbe interrogare la propria coscienza. I suoi "Fatemi capire" non raccontano niente di nuovo: il Candido ama stare con chi vince. Fa così da sempre. Altra cosa che ama fare da sempre è cercare di distruggere progressivamente i suoi avversari (o presunti tali). In quanto a Ibrahimovic, la prestazione non eccezionale di Valencia, che ha coinvolto tutta la squadra, nulla toglie alla grandezza del calciatore. Ma provate ad immaginare un periodo di magra per Ibra e quello che ne direbbe Cannavò, quando le sue prestazioni non dovessero essere più funzionali alla grandezza dell'inter. Il Candido è fatto così. Prendere o lasciare. Io (lo) lascio naturalmente.

Inter fuori dall'Europa: c'è spazio per un ricorso?
Caro Luciano Moggi, ci ritroviamo tristi e sconsolati a piangere per il "club degli onesti" (passaporti, firme false, bilanci taroccati...), che al primo lieve (Valencia) colpo di vento è caduto senza onore (vedere scazzottata finale degna dei films di Bud Spencer e Terence Hill). La stessa squadra "degli onesti" alla quale fu assegnato uno scudetto a tavolino da un tribunale che aveva come presidente-giustiziere Guido Rossi, ex dirigente del Cda dell'inter. Già, loro, dopo l'euro-debacle non possono neppure appellarsi a quella canzone che diceva: "bisogna saper perdere, non sempre si può vincere..." perché, ahimé, in realtà non vincono da tanto, tantissimo tempo (stanno aspettando da circa 15 anni). La squadra degli invincibili, dei galattici, dei record, degli Inter-terrestri (così era il titolo della beneamata Rosea), è caduta miseramente, sciogliendosi come neve al sole al primo serio banco di prova! Ma forse, amici interisti, non tutto è perduto... Credo ci siano gli estremi per un ricorso per quel rigore non dato, per quell'arbitro poco compiacente (meglio quello dell'andata, che ha assegnato il primo gol in netto fuorigioco!). Un dubbio mi assale: non ci sarà per caso ancora la mano e la regia di quel diavolo di Luciano Moggi? Che ne pensano gli amici della Rosea, il Candido (ma non troppo) Cannavò, il Beppe Severgnini? Commissario Pancalli, che ne dice di aprire un'inchiesta che consenta di far luce sulla questione e magari permetta di far riammettere l'inter in Champions League. Non dovesse riuscirci quantomeno ci dica che l'eliminazione è stata solo un brutto sogno. Ossequi, GINO BAJOLI Parma

Caro Gino, ho visto nel dopo partita di Valencia un Moratti - sereno e riflessivo - ritrovarsi a dover commentare l'amara eliminazione e la coda dei brutti incidenti, escludendo la possibilità di qualsiasi ricorso (ci mancherebbe altro). Certo spiace sempre vedere un club italiano lasciare le competizioni europee, specie se con qualche rimpianto e recriminazione. Ma questo è il calcio e può anche capitare di ritrovarsi in Italia con un enorme vantaggio sulle altre contendenti e, invece, uscire dalle coppe europee già dopo gli ottavi. La tua (non tanto) sottile ironia trascina davvero, ma vorrei ricordare solo gli atteggiamenti e le parole spese in passato dai tanti soloni del calcio quando incidenti di questo tipo (pochi per fortuna) sono occorsi anche alla mia Juve. Quanto a me ti dico subito che non c'entro nulla: ero impegnato a risvegliare lo Stromboli...

Caro Luciano ho visto che, di recente, hai rivolto la tua attenzione al mondo dei procuratori. Credo che non basti a fare chiarezza sul mondo del calcio. Io ti scrivo da Vercelli, sono tifoso della vecchia "Pro" e vorrei segnalarti l'evidente anomalia che vede protagonista il procuratore Palazzi che vuole vedere per forza penalizzata la mia squadra del cuore e che, invece, per motivi assolutamente inspiegabili, ha voluto sottrarre al giudizio d'appello davanti alla Caf, l'Avellino. E' accaduto, infatti, che nel corso della medesima riunione davanti alla disciplinare di serie C, Pro Vercelli ed Avellino non avevano viste accolte le richieste di Palazzi e avevano evitato così una penalizzazione in punti per episodi connessi alle pratiche d'iscrizione ai campionati 2006/07. Ed ecco che Palazzi incredibilmente decide di continuare a perseguire la Pro Vercelli, ma omette di fare lo stesso con l'Avellino. Ma che mondo ormai è questo che consente di calpestare il Diritto (con la D maiuscola...) e omette il resto. Qualcosa di simile è accaduto anche per te, che sei rimasto in fondo l'unico colpevole con tutti gli altri eccellenti protagonisti di Calciopoli subito riabilitati, forse persino con tante scuse. Scommetto però che neanche tu sai dirmi che fine ha fatto Ruperto, il lupo cattivo inventato da Rossi per tentare di seppellire la Juve e chi l'ha fatta grande. Dopo l'impareggiabile duetto con l'avvocato Zaccone per arrivare a patteggiare una pena congrua (sic!), Ruperto ha fatto perdere le sue tracce all'interno della Figc, dimettendosi dalla Caf. E allora, dirai tu, sarà stato sostituito: no, no, no. Ad ulteriore conferma che Rossi non è mai stato lineare nel gestire la vicenda estiva e che Ruperto altro non era che un vero e proprio giudice speciale, dopo le sue dimissioni non è stato sostituito e a guidare la Caf ancora oggi sono i due vicepresidenti in carica con lui. Credo non sia assolutamente tollerabile che qualcuno pensi di poter gestire a piacimento destini personali e societari di importanza assolutamente rilevante come il tuo e quello della gloriosa Juventus. Forza Luciano. MARIANO PESTRIN
Come da sempre sostengo da queste colonne, tutto quanto successo alla fine della stagione scorsa è frutto di pura strumentalizzazione. Le intercettazioni non hanno mai avuto la patente di legittimità richiesta dalle leggi e non potevano essere utilizzate nel procedimento sportivo. Sono state elevate a rango di prova da Palazzi e dagli altri giudici federali con palesi violazioni anche di norme costituzionali. Sono cose che si commentano da sole allo stesso modo di quanto da te denunciato circa l'accanimento di Palazzi sulla Pro Vercelli. Anche sulla Caf confesso che hai colto nel segno: non sapevo proprio che Ruperto non fosse stato sostituito. E' la riprova dell'evidente confusione (per così dire...) che regna nel mondo del calcio attuale, ma raccolgo volentieri l'assist che non mancherà di essere opportunamente valutato dai giudici amministrativi: i giudici speciali, infatti, non sono ammessi dalla nostra Costituzione e anche il giudizio su Calciopoli non poteva essere sottratto ai giudici naturali. La battaglia continua... Ancora sul variegato mondo dei procuratori...
Caro Luciano, finalmente qualcuno che fa qualcosa per scoperchiare i segreti (di Pulcinella) del variegato mondo dei procuratori. Se hai voglia di tornare sull'argomento ti fornisco qualche assist: D'Amico/Pasqualin hanno portato via a Grimaldi Ringhio Gattuso al momento del suo trasferimento dal Celtic al Milan, mentre Branchini/Pallavicino sono stati, per dir così, molto vicini ad Albertini, cui si deve la chiamata in Nazionale di Donadoni e Casiraghi. Quanto ti ho appena segnalato in relazione al mondo dei procuratori mi sembra perfettamente in linea con le tue tesi in materia dei rapporti di convenienza tra rappresentanti e rappresentati. Piuttosto, il prode ds Antonelli (ormai con mandato pluriennale ad Ascoli) cosa c'entra mai con Blasi, ora alla Fiorentina ma sempre di proprietà Juventus? Grazie per l'ospitalità e ricorda il nostro calcio non può fare a meno di te (guarda i casini successi anche domenica scorsa). FEDERICO SPADAVECCHIA
Caro Federico, anche i riferimenti della tua lettera non fanno altro che confermare e rafforzare i concetti cui ho accennato nella risposta a Lamberto di giovedì scorso. Il percorso di Gattuso, semmai, introduce un tema che riprenderò più avanti: la figura dei genitori (a proposito, importante anche per Tretzeguet/Caliendo). Anch'io, devo dirti, sono sorpreso per il ruolo che Antonelli reclama su Blasi: al momento del suo passaggio alla Juve non c'erano, infatti, documenti ufficiali che gli attribuissero la procura del calciatore, anzi proprio dai documenti ufficiali stessi emerge come il procuratore di Blasi fosse soggetto diverso. Non mi sembra che vi sia qualcosa di vero negli argomenti che Antonelli ha voluto estrinsecare ai pm romani che curavano l'inchiesta sulla posizione della Gea. A Blasi, è stato deciso, infatti, di prolungare il contratto solo dopo la sua definitiva affermazione e consacrazione di calciatore di rango Juventus, senza tener in alcun conto di chi fosse il procuratore: dopo aver disputato, cioè, un anno da titolare con 27 presenze ed aver ottenuto la convocazione in Nazionale con pieno merito. D'altra parte le sue qualità le sta mettendo in mostra nella Fiorentina a cui è stato dato in prestito dalla Juve. Antonelli dimentica che di queste (che altro non sarebbero) marchette, Luciano Moggi non è ha mai fatte perché da dirigente responsabile ha inteso sempre fare, unicamente, gli interessi del club di appartenenza lasciando ad altri esponenti societari, senza mai interferire, la cura dei rapporti con la Gea. Nella Juve non c'è mai stata confusione nei ruoli ed ognuno ha sempre legittimamente esercitato le proprie prerogative: i risultati sono sotto gli occhi di tutti e i giocatori che venivano presi erano quelli che potevano rinforzare la Juve e non quelli che venivano da un procuratore piuttosto che da un altro. Sui casini di domenica solo una battuta: bravi dirigenti non ci si inventa. La gavetta è assolutamente necessaria e come un bravo calciatore può non diventare automaticamente un bravo allenatore, allo stesso modo un arbitro internazionale può non diventare subito un bravo designatore.

Friday, March 09, 2007

TUTTI A CASA, CHE GODURIA

«Moratti, quanti soldi se ne sono andati...»
Da Tuttosport di venerd' 9 Marzo 2007

Gentile dottor Moratti, sin dall’agosto scorso vado ripetendo che questo è il campionato più falsato del mondo, perché è stato confezionato dalle deci­sioni della cosiddetta giustizia sportiva (mentre commissario straordinario della Figc era Guido Rossi), eliminando la Juventus e penalizzando, sul piano dei punti e su quello psicologico, le squadre più forti. Ne è venuto fuori un campionato dei puf­fi, che non ha consentito alla stessa inter di con­frontarsi con una concorrenza davvero di Serie A. In fondo, la squadra e il suo allenatore non hanno potuto mettersi veramente alla prova e temprar­si per una competizione ad alto livello. Infatti in Champions subito lo si è visto; prima nel girone eli­minatorio, con un bel paio di passi falsi, e martedì con l’esclusione definitiva. E’ quindi difficile dire qual è il vero valore dell’inter attuale. Per elimi­nare tuttavia dei legittimi motivi di dubbio sul va­lore della sua squadra nel recente passato, perché non decide di far togliere dalla maglia nerazzurra uno scudetto che, come hanno dichiarato i suoi stessi giocatori, è stato vinto dalla Juventus? Non sarebbe più signorile accontentarsi di vincere lo scudetto 2006/07, seppur ottenuto nel campiona­to più falsato del mondo? Nella speranza che ac­colga il mio suggerimento, le mando i miei più cor­diali saluti.
Paolo Bertinetti

P.S. Gentile dottor Moratti, lo so che è difficile cre­dermi; ma sappia che questa lettera l’avevo scrit­ta martedì pomeriggio alle cinque (che in Spagna è l’ora della corrida, l’ora della verità), perché non avevo il minimo dubbio sul fatto che l’inter sareb­be uscita dalla Champions League.

Tuesday, March 06, 2007

SI’, QUESTA SERIE B E’ MEGLIO DELLA A

EDITORIALE
GIANCARLO PADOVAN
Da Tuttosport di lunedì 5 Marzo 2007

Più che i sette punti di vantaggio sulla terza in classifica (il Genoa), la rotonda vittoria sul Piacenza stabilisce in via definitiva che la Juve veleggia ormai inarrestabile verso la serie A, nonostante la non eccelsa qualità del suo gioco collettivo sia un fatto visibile e consolidato. La differenza la fanno i gol dei singoli (Trezeguet, ieri, ad appena 33 secondi dal fischio d’inizio e Del Piero approdato, a quota 211 in carriera), le parate di Buffon, la vivacità di Nedved, la solidità e l’esperienza di Cristiano Zanetti, il corollario di buoni giocatori (Chiellini, per esempio, lo sarebbe anche in serie A) che la sostengono a prescindere da un contesto (il 4 - 4- 2 di Deschamps) più scolastico che travolgente. Detto questo, sull’argomento allenatore, per me, non è il caso di ritornare. C’è e ci sarà chi lo ritiene adeguato a guidare la Juve anche in serie A e chi, come me, preferirebbe Mourinho (in assoluto) o Lippi, per quanto l’ex c.t. oggi rappresenta nel mondo e per quel che vorrebbe rifare alla Juve. In ogni caso, vigendo fortunatamente la libertà d’opinione, tutto è accettabile o contestabile, figurarsi nel calcio.
La Juve è prima con 49 punti. Aggiungendo i nove della penalizzazione sarebbe a 58, undici più della seconda, il Napoli. Questo definisce una superiorità talmente schiacciante che avrebbe reso compatibile un handicap addirittura superiore. Perfino il meno 17 della seconda sentenza, quella della Corte Federale, sarebbe stato ampiamente recuperabile: a 41 punti, infatti, c’è l’ottimo Piacenza in lotta, alla pari con il Bologna, per l’aggancio alla seconda piazza del Napoli.
Il ragionamento serve a legittimare non solo il primato della Juventus, ma anche l’attendibilità dell’intero campionato di serie B, dove competono squadre organizzate, efficaci e pure spettacolari. Napoli, Genoa, Piacenza, Bologna, Mantova ne rappresentano l’avanguardia, non necessariamente l’eccellenza. La Juve non ha vinto sempre e quasi mai facilmente. A Mantova ha perso, pareggiato a Rimini, Genova, Spezia, Bergamo con l’AlbinoLeffe, Napoli, Vicenza, in casa con l’Arezzo. Tuttavia nessuno può dire che sia stata aiutata: sto ancora aspettando che qualcuno dimostri l’irregolarità del gol di Zalayeta a Bologna e, quanto ai rigori, ieri sera l’arbitro Bertini ha assegnato ai bianconeri il primo in 25 partite. Onestamente, secondo me, non c’era. Come non c’era, qualche minuto dopo, un fuorigioco che ha impedito a Nedved di presentarsi solo davanti a Coppola. In compenso contro la Juve ne sono stati decretati tre, di cui due a segno.
Non so se questi dettagli siano sufficienti a confermare la serietà di un torneo. Di certo la B lo è più della serie A dove, se non bastasse altro, aleggia il forte sospetto che il Palermo sia di troppo nel lotto delle quattro destinate alla Champions League. Non una novità, visto che la sentenza di secondo grado di quest’estate, al Palermo aveva già tolto l’accesso alla Champions per ridarla al Milan, graziato nonostante fosse colpevole.

Monday, March 05, 2007

TIFOSI, SCRIVETECI: IL NOSTRO E' SOLO UN CENSIMENTO

Il coupon qui a fianco è dedicato ai nostri lettori che tifano Juventus e che vogliono partecipare al censimento proposto da Paolo Bertinetti, presidente dell’Associazione Nazionale Amici della Juventus. Attenzione: la compilazione del tagliando e il conseguente invio a Tuttosport ( possibile anche via email) non è assolutamente vincolante né sinonimo di un impegno economico obbligatorio per i sottoscrittori. Non vogliamo nessun euro, nessun assegno e nessun vaglia postale che dir si voglia da voi, semplicemente intendiamo aiutare l’amico Bertinetti nella sua “ pazza idea” di fare una cernita dei tifosi bianconeri in tutt’Italia e anche fuori confini ( Tuttosport, come noto, è reperibile pure all’estero soprattutto nei principali Paesi dell’Unione Europea).Il leader del movimento di tifosi della squadra più vincente e più popolare d’Italia ha letto e interpretato con estrema attenzione le dichiarazioni del tecnico Didier Deschamps: il timore che gli investimenti societari per la prossima stagione non siano sufficienti per essere subito competivi in Serie A è quello condiviso da milioni di fans. Giusto, dunque, contarsi, uscire allo scoperto, dichiararsi. Dopodiché, se il numero delle adesioni conforterà il progetto Bertinetti, si procederà alla seconda fase, quella operativa vera e propria. Solo a quel punto verranno chieste ai sottoscrittori eventuali garanzie di solvibilità economica relativa all’azionariato popolare e alle modalità dell’importo da versare. Bertinetti parla di un impegno medio di 2.000 euro ( meglio 3.000) nel caso i soci - usiamo un termine caro ai modelli Real Madrid e Barcellona - pronti all’esborso siano all’incirca centomila. Ma l’investimento da 200 milioni di euro per una faraonica campagna- acquisti 2007-’ 08 potrà essere raggiunto egualmente e pure superato con importi ad personam decisamente più bassi se ad aderire saranno molti più sostenitori dei 100 mila ipotizzati da Bertinetti. È vero o non è vero che i tifosi della Vecchia Signora sfiorano i 12 milioni di unità? Coraggio, amici bianconeri, scriveteci e mostratevi. Il sogno dell’azionariato popolare potrà diventare realtà grazie alla vostra volontà.

Mandate la vostra adesione con nome, cognome e indirizzo per posta, email o fax.
  • Fax: 011.777.34.84
  • E-mail: juve@tuttosport.com
  • Posta: Corso Svizzera, 185 - 10149 - Torino

IL MODELLO SPAGNOLO IMPOSTO DA UN DECRETO REALE

MASSIMO FRANCHI
Da Tuttosport di sabato 3 Marzo 2007

IN SPAGNA la ricordano come la “revolución del ’91”. I club professionistici versavano in uno stato finanziario comatoso e allora il governo socialista (segretario di Stato Gomez Navarro) decise un piano di risanamento promulgando una Legge sullo Sport poi ottimizzata da un apposito Decreto Reale emanato il 5 luglio di 16 anni fa: tutti i club dovevano trasformare il loro status da società sportiva in società anonima. I soldi per sanare i debiti sarebbero arrivati, parzialmente, dai proventi della Quiniela, il corrispettivo del Totocalcio. E fu così che, quasi per incanto, le disastrate ed esangui finanze delle società di A e B cominciarono a rifiorire. Trasformazione in Sad ( Sociedad Anonima Deportiva) obbligatoria per tutti i club di Prima e Seconda Divisione - chi viene promosso dalla C alla B ha due anni di tempo per adeguare il proprio status - salvo quattro club che all’epoca vantavano un bilancio positivo e che dunque meritavano di venire premiati per la loro oculata gestione societaria: si tratta di Real Madrid, Barcellona, Athletic Bilbao e Osasuna Pamplona. Dai loro statuti la parola “ fini di lucro” è espressamente bandita. Non mancarono, allora, situazioni controverse e diametralmente opposte. Per esempio a La Coruña quasi la totalità dei soci del Deportivo acquistò le azioni societarie mentre all’Atletico Madrid meno di un migliaio di tifosi decise di acquisire le quote del capitale sociale permettendo al vulcanico Jesús Gil y Gil di fare letteralmente man bassa delle azioni.
Molto importante il ruolo dei cosiddetti socios, completamente diverso dal vecchio concetto di abbonati che abbiamo noi in Italia. Sono loro i veri “padroni” di club titanici tipo Real Madrid e Barcellona in quanto – e questo è il grande salto in avanti rispetto al modello italiano - tocca ai soci in regola con il pagamento delle quote il compito di eleggere il nuovo presidente con una regolare procedura di voto ( urne, scrutatori, ispettori, ecc.) che ricorda in tutto e per tutto quella per le elezioni politiche o amministrative. È ai soci che il presidente e tutta la Juncta Directiva devono rispondere dei risultati sportivi e persino delle scelte tecniche nel corso delle assemblee ordinarie o straordinarie programmate secondo un preciso e fitto calendario. Il Barcellona vanta oltre 100.000 soci, il Real Madrid oltre 85.000: cifre impressionanti. Se Calderón e Laporta non dovessero soddisfarli più, potrebbero addirittura proclamare le elezioni anticipate.
Negli statuti di Real e Barça la figura – fondamentale - del socio viene definita come «persona fisica che, previa ottemperanza alle norme approvate dall’Assemblea Generale, entri a far parte dell’ente con i seguenti obblighi e diritti: a) contribuire al compimento dei fini specifici del club; b) assistere agli spettacoli sportivi organizzati dal club nel rispetto delle norme disciplinari ed economiche stabilite dal Consiglio Direttivo e in base alle disponibilità esistenti; c) utilizzare le installazioni e i servizi del club nel rispetto delle norme disciplinari ed economiche stabiliti dal Consiglio Direttivo; d) esigere che l’operato dell’ente sia conforme a quanto disposto dalle Leggi vigenti; e) separarsi liberamente dal club; f) esprimere liberamente le proprie opinioni all’interno del club; g) conoscere le attività del club ed esaminarne la documentazione; h) essere elettore ed eleggibile per gli organi di rappresentanza e governo del club; i) proporre la convocazione dell’Assemblea Generale; l) versare le quote secondo modalità, ammontare e periodicità stabiliti dall’Assemblea; m) fatta salva la libertà di espressione e di censura di ognuno, agire, manifestarsi e prodursi nella pià assoluta correttezza e nel rispetto del club e dei suoi soci.

IL PARERE TECNICO

G.VA.
Da Tuttosport di sabato 3 Marzo 2007

TORINO. La Juventus è una società per azioni quotata in Borsa dal 20 dicembre 2001. Questo ineluttabile punto di partenza costituisce la principale ed enorme difficoltà per il progetto di azionariato popolare. Se nella teoria è tutto fattibile, nella pratica la strada è lunga e in salita.
Se il modello a cui ci si ispira è quello del Real Madrid, la prima mossa da fare è quella di uscire dalla Borsa. « In gergo tecnico si definisce “ delistare” una società » , spiega l’avvocato Fabio Cannizzaro, esperto di diritto societario. « E non è certo un procedimento semplice. Semplificando con una battuta: uscire dalla Borsa è complicato almeno quanto entrarci. Ed è pure molto lungo » .
Insomma, la condizione societaria della Juventus attuale non consente iniziative come quella che vorrebbe ispirare l’Associazione del professor Bertinetti. E il primo ostacolo da rimuovere è proprio la Borsa: tempo stimato circa sei mesi. « Sarebbe necessario un’offerta pubblica di acquisto per ritirare le azioni dal mercato e poi procedere con l’iter previsto » .
A quel punto, con la Juventus che tornerebbe a essere una società non quotata, la proprietà potrebbe decidere di cambiare lo statuto societario e, ispirandosi, alle esperienza spagnole o tedesche a riguardo, ripartire con una formula che consenta ai tifosi di partecipare con un contributo diretto sotto forma di quota associativa ( più o meno come accade in certi circoli) e di eleggere un presidente o un amministratore che governi la società, eventualmente contribuendo con una quota decisamente più alta ( così accade a Madrid, per esempio) alle casse societarie.
« La formula sarebbe da stabilire, anche in base alle leggi che vigono in Italia, differenti da quelle spagnole. Ma i margini per realizzare qualcosa di simile ci sono sicuramente » , spiega Cannizzaro. « Naturalmente è indispensabile la volontà della proprietà che dovrebbe dare il via a tutta l’iniziativa, dall’uscita dal mercato azionario al cambio di statuto » .
Insomma, la strada è lunga e complicata, perché il punto di partenza ( la Juventus quotata in Borsa) rende tutto più difficile. L’alternativa all’iniziativa disegnata da Bertinetti sarebbe, invece, svolgere tutto sul mercato azionario: ovvero rendere disponibile una maggiore quota di azioni da parte della famiglia Agnelli che detiene ancora la maggioranza. A quel punto si potrebbe avere una società ad azionariato diffuso e i soci potrebbero eleggere i loro amministratori ed eventualmente sancire degli aumenti di capitale a carico di tutti. In questo modo si potrebbe finanziare direttamente la società. Anche in questo caso, però, diventa necessaria la volontà della proprietà a perdere il controllo sulla Juventus. Un’altra ipotesi altamente improbabile. Almeno allo stato attuale delle cose.

IL MODO PER CONTARCI

PAOLO BERTINETTI *
Da Tuttosport di sabato 3 Marzo 2007

Un paio di mesi fa avevo scritto che per avere una Juventus competitiva (da primi tre posti, neppure da scudetto) occorreva investire 200 milioni sempre che uno sappia spenderli bene. Con i 35 milioni del progetto industriale, invece, sesto o settimo posto. Non era un’esagerazione da tifoso. Recentemente Didier Deschamps ha dichiarato che per ricostruire l’organico dell’anno scorso (cioè da primo posto) bisognerebbe investire 200 milioni, ma che la cosa non è possibile: al massimo quello potrebbe essere il piano di investimenti quinquennale. E nell’attesa?
Il fatto è che i tifosi bianconeri, che sanno benissimo che quest’anno la loro Juve è stata mandata in B e affossata non per ragioni di giustizia (né sportiva né ordinaria), vorrebbero che sin dal prossimo anno la Juventus fosse ricostruita in modo da poter lottare per il primo posto, non per il sesto. La stessa cosa, indirettamente, la dice anche Deschamps, quando, su Tuttosport di sabato scorso, conclude che “… pochi si accontenterebbero di arrivare a metà classifica ...”. Pochi giocatori, pochissimi dirigenti, nessun tifoso. E la proprietà? Davvero ritiene che per l’immagine (in particolare quella industriale) il sesto posto potrebbe bastare? I soldi, tuttavia, sono una cosa seria. Come per i voti dei senatori, bisogna saper fare i conti con quelli che ci sono.
Da questo tipo di considerazioni, già l’estate scorsa, è partita l’idea dell’azionariato popolare. Diverse sono le formule possibili (Barcellona, Real, squadre tedesche), su cui vale la pena discutere. Anche se per la Juve sembra preferibile il modello Real Madrid, con una presidenza Agnelli dall’impegno finanziario non superiore a quello annunciato. Al resto penserebbero i tifosi. Lasciamo perdere i milioni di sostenitori. Bastano centomila tifosi con un impegno medio di 2000 Euro (è impensabile 3000?). Ciascun azionista popolare ha un solo voto, ma, se crede, può avere più azioni. Si può fare.
Questa proposta è attuabile solo se la proprietà è pienamente d’accordo. Prima, però, bisogna sapere se è una proposta. Bisogna cioè sapere quanti tifosi, almeno a parole, sono disposti a impegnarsi per quella cifra: se sono davvero tantissimi, a quel punto si potrà chiedere alla proprietà se quella dell’azionariato popolare sembra una strada percorribile (i problemi tecnici non sono pochi) e se pensa di modificare in tal senso la natura societaria della Juventus. Altrimenti, neppure se ne parla.
Ovviamente a noi dell’Associazione pare una bellissima idea. Invitiamo quindi i tifosi a scrivere a Tuttosport: nome, cognome, indirizzo e l’intenzione di sborsare 2000 Euro (meglio 3000) perché la Juventus diventi anche in questo la prima in Italia.

* Presidente dell’Associazione Nazionale Amici della Juventus

Thursday, March 01, 2007

NON C'E' JUVE SENZA BUFFON

VITTORIO OREGGIA
Da Tuttosport di mercoledì 28 Febbraio 2007

Non fosse che nella vita come nel calcio le iperboli sono sempre pericolose, verrebbe da dire che adesso la Juventus è questa: Buffon più altri dieci. In fondo, la bravura, la grandezza e l’utilità del portiere campione del mondo si stanno confer­mando così determinanti, quasi invasive nel campionato dei bianconeri, da legittimare qual­che esagerazione. Persino nella cayenna della serie B, i miraco­li del numero uno finora (secon­do la tabella pubblicata a pagi­na 6) hanno fruttato dodici pun­ti alla squadra di Deschamps, ovvero la penalizzazione più un altro pezzetto. A volte sono ser­viti per blindare una vittoria, a volte per evitare una sconfitta, in assoluto a giustificare gli sfor­zi dell’attuale dirigenza per scongiurare il divorzio a fine stagione.
Esiziale, per la Juventus, sareb­be la separazione da Buffon, in­torno al quale - in considerazio­ne dell’età e della valenza tecni­ca - va allestita la rifondazione: tra i campioni che sono in regi­me di ipotetica fuga, il portiero­ne è l’unico che sta giocando co­me se frequentasse i palcosceni­ci più luccicanti della serie A e della Champions League: non ha crisi di identità (Trezeguet), non ha problemi di continuità (Camoranesi), insomma è un fuoriclasse hi-fi, ad alta fedeltà. Per questa e mille altre ragioni, i manager di corso Galileo Fer­raris non possono e non devono lasciarlo scappare: l’unico mo­do per trattenerlo, l’unica con­dizione minima indispensabile per non vederlo con una maglia diversa (inter, Milan, Chelsea?), è affacciarsi sul mercato arma­ti di idee e decisionismo. Ma per muoversi con la medesima de­terminazione che ha accompa­gnato i colpi messi a segno in passato dalla Triade, c’è biso­gno che la Casa Madre garanti­sca i finanziamenti indispensa­bili, cioè gli strumenti pratici da consegnare nelle mani dell’am­ministratore delegato Jean Claude Blanc e del direttore sportivo Alessio Secco per ag­ganciare almeno un paio di fe­nomeni.
Entro la prima settimana di marzo il piano di sviluppo a me­dio termine presentato dal club riceverà il beneplacito dell’Ifil: le eventuali limature al budget allontanerebbero Buffon da To­rino. Certo, resterebbero gli al­tri dieci, anzi no: otto. Però la risalita dei bianconeri divente­rebbe più faticosa di una scala­ta del Tourmalet. In triciclo...