Wednesday, April 11, 2007

TRE CAPITANI CORAGGIOSI

EDITORIALE
GIANCARLO PADOVAN
Da Tuttosport di mercoledì 11 Aprile 2007

Questa volta è stato tutto bello. La partita prima di ogni altra cosa (e, ci scuserà Mondonico, siamo d’ac­cordo con Nedved che ha riconosciuto al Napoli la voglia di misurarsi gio­cando); la Juventus, finalmente squa­dra nella pienezza del termine e del­l’espressione, stimolata da uno stadio ricolmo di voglia di calcio e da un av­versario di valore e tradizione; De­schamps (sì proprio lui), l’allenatore che spesso critichiamo e, a volte, pure aspramente, perché non era vero che si sarebbe accontentato del pari e si è vi­sto dalla formazione che ha schierato e dalla determinazione messa su ogni pallone. E poi bellissimi – nel senso di bravissimi – Pavel Nedved, Alessandro Del Piero e Gianluigi Buffon.
Quel che è accaduto al 43’ della ripre­sa, quando uno stremato Del Piero – aveva fatto l’attaccante unico dopo l’e­spulsione di Marchisio e la conseguen­te sostituzione di Trezeguet con Paro – è stato avvicendato da Palladino, e Alex ha dovuto cedere la sua fascia a Gigi Buffon, è apparso importante al­meno quanto il risultato. La necessità ha assunto valore simbolico e il popo­lo presente all’Olimpico di Torino ha capito che la storia si stava saldando in un passaggio: la fascia, certo, ma an­che il ponte dalla serie B di tutti i do­lori alla serie Adi tutti i sapori.
Del Piero e Buffon oggi sono gli uomi­ni della certezza e della speranza, del­la rabbia e dell’orgoglio, di talento e fatica, abilità e pazienza. Ecco perché, in quel ravvicinato contatto, il mezzo – la fascia e l’insegna del leader – era il messaggio. Di leader la Juve ne ha più di uno. Loro due senz’altro, ma tanti altri stanno ritrovando o imboccando la strada che porta a far confluire la grandezza individuale in un progetto complesso e articolato.
Oltre a Buffon e Del Piero, si è staglia­to Pavel Nedved. Nel raccogliere le pa­role adeguate per raccontarne la dedi­zione, la quantità, la qualità, la conti­nuità, basterebbe ricordarsi che quan­do lo si nomina si sta parlando di un Pallone d’Oro (2003). Ben lungi dal co­stituire un traguardo, quel riconosci­mento ha rappresentato per Nedved il pungolo per migliorare ancora, come se ogni partita dovesse decidere un de­stino. Nedved, ieri, contro il Napoli, ha fatto tutto. Risolutivo in fase offensiva quando ha fornito l’assist vincente a Camoranesi ( acrobatico nella circo­stanza del primo, importantissimo gol), altruista nelle due successive cir­costanze a beneficio di Trezeguet (opa­co e rimpallato) e di Palladino (preci­pitoso e fuori misura). Ma il bello – bellissimo per chi allena e chiede sa­crificio a ciascuno indistintamente quando la situazione è di emergenza – è come Nedved per primo e Del Piero al suo pari, ma pure Camoranesi e Ze­bina, Giannichedda e Boumsong si so­no prodigati nel momento in cui la Ju­ve è rimasta in dieci contro undici, causa espulsione di Marchisio. La mia opinione è che l’arbitro abbia sbaglia­to due volte. Primo, non espellendo Giannichedda che, per il fallo su Gat­ti, avrebbe meritato il rosso. Secondo, compensando la mancanza di pochi minuti prima con la durezza nel colpi­re il calciatore giovane e meno noto. In ogni caso, aver abbassato la testa per continuare a giocare, come se si fosse sullo 0-0, è stato il connotato più serio e convincente della Juve. Da ieri, per diritto del campo, legittimata a esige­re la serie A.

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