PER FAVORE, CI DIMOSTRI CHE L’inter NON SPIAVA
GIANCARLO PADOVAN
Da Tuttosport di giovedì 5 Aprile 2007
Dottor Moratti, scusi l’insistenza e perdoni la familiarità. Ma ormai scriverLe una lettera alla settimana è un bisogno inderogabile oltre che un rito piacevole. Torno a farlo perché gli accadimenti degli ultimi giorni La chiamano in causa, in verità in maniera assai pesante, per quella faccenda che tanto l’ha disturbata già in passato. Ovvero l’opera di spionaggio che l’inter, partendo da arbitri e assistenti, avrebbe esteso ai propri giocatori, ora tutti ex. Gli ultimi, in ordine di ricostruzione, di cui ha parlato Emanuele Cipriani, uno dei principali indagati dell’affare Telecom, sono Jugovic e Mutu. Le fatture per il servizio erano regolarmente pagate dall’internazionale Football Club Milano e i soldi indirizzati a società con sede estera.
Che il racconto reso agli inquirenti dal detective privato non faccia onore alla squadra già campione dell’Italia per l’onestà delle opere e delle intenzioni, oltre che prossima vincitrice dello scudetto per meriti acquisiti esclusivamente sul campo, è lampante a tutti e non può certo sfuggire a Lei. Tuttavia, se guardiamo agli effetti, c’è qualcosa di peggio di queste rivelazioni. Ed è l’ostinato silenzio dietro al quale il club che Lei presiede si barrica. Per non parlare della baldanza di qualche suo tesserato – a digiuno di legge e diritto – capace di rivendicare questa attività come legittima, perché il Sistema ha sempre complottato contro l’inter e, dunque, in qualche maniera, bisognava pur difendersi.
Ammesso che l’inter dovesse difendersi, ha potuto farlo ricorrendo a pratiche illecite? E ogni volta che l’ha fatto, per esempio spulciando tra i conti dell’ex arbitro De Santis, cos’ha trovato? Nulla di nulla. Lo disse proprio Lei – ricorda? – in un’ormai irrinunciabile intervista concessa al collega Roberto Beccantini su La Stampa.
Ora, dottor Moratti, che l’inter volesse sapere con chi uscissero Mutu e Jugovic, Vieri e altri; a che ora rientrassero e quanto si divertissero, da un certo punto di vista è comprensibile, considerato il livello non eccelso delle parti in causa. Piuttosto – e me lo deve concedere – non mi capacito dell’interessamento su quanto effettivamente essi custodissero in banca o denunciassero alle imposte. Cosa temeva in realtà, Presidente? Che sperperassero i soldi tanto generosamente da Lei versati? Che non facessero il loro dovere di cittadini contribuenti? O magari che altri avessero intenzione di sovvenzionarli più di quanto già Lei sovvenzionava?
Ammetterà, gentile Presidente, che da queste silenti perlustrazioni almeno lo stile – suo e dell’inter – risulti intaccato. E, forse, non solo lo stile. Mi permetta, dunque, un secondo consiglio – sempre non richiesto – dopo quello dei giorni scorsi, in cui tentavo di dissuaderla dall’accettare la carica di vice Abete in Federcalcio, in considerazione di un’indagine per falso in bilancio aperta dalla Procura di Milano nei suoi confronti, oltre che – beninteso – delle faccenduole relative al grande orecchio-Telecom. Più che un consiglio, il mio è un appello: dica, dottor Moratti, che nulla di questa storia è vero; spieghi e magari dimostri che è tutto un complotto orchestrato dai poteri cui l’inter è costituzionalmente estranea; ribadisca che né Lei, né il suo club c’entrano qualcosa e che, anzi, siete vittime di Tavaroli e Cipriani. Altrimenti, sa com’è, qualcuno potrebbe dubitare. Non sarebbe bello e, forse, nemmeno giusto.
Ancora una volta a presto.
GIANCARLO PADOVAN
Da Tuttosport di giovedì 5 Aprile 2007
Dottor Moratti, scusi l’insistenza e perdoni la familiarità. Ma ormai scriverLe una lettera alla settimana è un bisogno inderogabile oltre che un rito piacevole. Torno a farlo perché gli accadimenti degli ultimi giorni La chiamano in causa, in verità in maniera assai pesante, per quella faccenda che tanto l’ha disturbata già in passato. Ovvero l’opera di spionaggio che l’inter, partendo da arbitri e assistenti, avrebbe esteso ai propri giocatori, ora tutti ex. Gli ultimi, in ordine di ricostruzione, di cui ha parlato Emanuele Cipriani, uno dei principali indagati dell’affare Telecom, sono Jugovic e Mutu. Le fatture per il servizio erano regolarmente pagate dall’internazionale Football Club Milano e i soldi indirizzati a società con sede estera.
Che il racconto reso agli inquirenti dal detective privato non faccia onore alla squadra già campione dell’Italia per l’onestà delle opere e delle intenzioni, oltre che prossima vincitrice dello scudetto per meriti acquisiti esclusivamente sul campo, è lampante a tutti e non può certo sfuggire a Lei. Tuttavia, se guardiamo agli effetti, c’è qualcosa di peggio di queste rivelazioni. Ed è l’ostinato silenzio dietro al quale il club che Lei presiede si barrica. Per non parlare della baldanza di qualche suo tesserato – a digiuno di legge e diritto – capace di rivendicare questa attività come legittima, perché il Sistema ha sempre complottato contro l’inter e, dunque, in qualche maniera, bisognava pur difendersi.
Ammesso che l’inter dovesse difendersi, ha potuto farlo ricorrendo a pratiche illecite? E ogni volta che l’ha fatto, per esempio spulciando tra i conti dell’ex arbitro De Santis, cos’ha trovato? Nulla di nulla. Lo disse proprio Lei – ricorda? – in un’ormai irrinunciabile intervista concessa al collega Roberto Beccantini su La Stampa.
Ora, dottor Moratti, che l’inter volesse sapere con chi uscissero Mutu e Jugovic, Vieri e altri; a che ora rientrassero e quanto si divertissero, da un certo punto di vista è comprensibile, considerato il livello non eccelso delle parti in causa. Piuttosto – e me lo deve concedere – non mi capacito dell’interessamento su quanto effettivamente essi custodissero in banca o denunciassero alle imposte. Cosa temeva in realtà, Presidente? Che sperperassero i soldi tanto generosamente da Lei versati? Che non facessero il loro dovere di cittadini contribuenti? O magari che altri avessero intenzione di sovvenzionarli più di quanto già Lei sovvenzionava?
Ammetterà, gentile Presidente, che da queste silenti perlustrazioni almeno lo stile – suo e dell’inter – risulti intaccato. E, forse, non solo lo stile. Mi permetta, dunque, un secondo consiglio – sempre non richiesto – dopo quello dei giorni scorsi, in cui tentavo di dissuaderla dall’accettare la carica di vice Abete in Federcalcio, in considerazione di un’indagine per falso in bilancio aperta dalla Procura di Milano nei suoi confronti, oltre che – beninteso – delle faccenduole relative al grande orecchio-Telecom. Più che un consiglio, il mio è un appello: dica, dottor Moratti, che nulla di questa storia è vero; spieghi e magari dimostri che è tutto un complotto orchestrato dai poteri cui l’inter è costituzionalmente estranea; ribadisca che né Lei, né il suo club c’entrano qualcosa e che, anzi, siete vittime di Tavaroli e Cipriani. Altrimenti, sa com’è, qualcuno potrebbe dubitare. Non sarebbe bello e, forse, nemmeno giusto.
Ancora una volta a presto.
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