GIANCARLO PADOVAN
Da Tuttosport di giovedì 18 Gennaio 2007
La notizia che anche l’inter e Massimo Moratti – dopo il Milan e Adriano Galliani – sono indagati per falso in bilancio, chiude il cerchio giudiziario ed etico apertosi il maggio dello scorso anno a carico della società nerazzurra. Silenziato dal fragore di Calciopoli, minimizzato o, peggio, oscurato dai mezzi di comunicazione, colpevolmente omesso dagli organi di giustizia sportiva, il poderoso dossier-inter si compone adesso di tre capitoli cruciali. Uno: il patteggiamento con cui è passata in giudicato tutta una serie di reati (dalla ricettazione al falso), imputabili al dirigente Gabriele Oriali e al giocatore Alvaro Recoba per il passaporto da comunitario dell’uruguaiano. Due: il coinvolgimento di Massimo Moratti nell’affare Telecom e, per quanto è dato sapere – in forza dell’ammissione dello stesso presidente – nell’esercizio di controllo dell’attività privata dell’ex arbitro De Santis. Tre: il doping amministrativo che la Procura di Milano ipotizza a carico del club nerazzurro e senza la cui pratica l’inter non sarebbe nemmeno riuscita a rientrare nei parametri previsti per l’iscrizione al campionato 2004-2005.
E’ lampante quanto l’accusa di falso in bilancio e il ricorso a plusvalenze fittizie rappresenti di gran lunga il fatto inequivocabilmente più grave. Innanzi tutto perché pone l’inter di Moratti sul piano dei molti club che hanno commesso irregolarità contabili per ottenere benefici sul piano tecnico e al di fuori dal piano regolamentare. In secondo luogo perché toglie al club nerazzurro, e stavolta in maniera definitiva, quell’aureola indebitamente costituitasi con la farsesca assegnazione dello «scudetto degli onesti», di cui una parte degli interisti sembra andare fiera. Tanto più che l’artifizio per aggirare i vincoli dell’iscrizione potrebbe riguardare – secondo alcune interpretazioni – la stagione 2005-2006, ovvero quella «premiata» con il tricolore sottratto alla Juve.
La nostra onestà impone di assumere lo stesso atteggiamento che, pur in solitudine, abbiamo tenuto durante Calciopoli. Ovvero la presunzione di innocenza e il diritto alla difesa per chicchessia. Siamo sempre stati contro i processi sommari e le forche. Ma anche contro una giustizia, sportiva o ordinaria, che da un occhio non vede e da un orecchio non intende ascoltare.
E’ lampante quanto l’accusa di falso in bilancio e il ricorso a plusvalenze fittizie rappresenti di gran lunga il fatto inequivocabilmente più grave. Innanzi tutto perché pone l’inter di Moratti sul piano dei molti club che hanno commesso irregolarità contabili per ottenere benefici sul piano tecnico e al di fuori dal piano regolamentare. In secondo luogo perché toglie al club nerazzurro, e stavolta in maniera definitiva, quell’aureola indebitamente costituitasi con la farsesca assegnazione dello «scudetto degli onesti», di cui una parte degli interisti sembra andare fiera. Tanto più che l’artifizio per aggirare i vincoli dell’iscrizione potrebbe riguardare – secondo alcune interpretazioni – la stagione 2005-2006, ovvero quella «premiata» con il tricolore sottratto alla Juve.
La nostra onestà impone di assumere lo stesso atteggiamento che, pur in solitudine, abbiamo tenuto durante Calciopoli. Ovvero la presunzione di innocenza e il diritto alla difesa per chicchessia. Siamo sempre stati contro i processi sommari e le forche. Ma anche contro una giustizia, sportiva o ordinaria, che da un occhio non vede e da un orecchio non intende ascoltare.
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