EDITORIALE
GIANCARLO PADOVAN
Da Tuttosport di giovedì 23 Novembre 2006
Dall’interrogatorio di Chiara Geronzi nell’ambito dell’inchiesta romana sulla Gea.
«Soci fondatori siamo stati io, Francesca Tanzi, Andrea Cragnotti e Giuseppe De Mita. (…) Le quote societarie erano queste: il 20 per cento lo detenevo io, il 20 per cento la Tanzi, il 20 per cento Cragnotti e poi c’era un 40 per cento in mano alla società Roma Fides, fiduciaria composta da Giuseppe De Mita e Roberto Mancini». La notizia è stata pubblicata da La Repubblica
(autori Marino Bisso e Corrado Zunino) che a pagina 60 di ieri commenta: «Sopra il nome della "Roma Fides" c'è stato a lungo un alone di mistero. L'interrogatorio della Geronzi offre un nuovo scenario e chiama in causa Mancini, che in passato ha smentito più volte una sua presenza nella contestata società».
Dall'intervista a Sergio Cragnotti, ex patron della Lazio, concessa a Claudio Sabelli Fioretti (il collega che fece ammettere a Massimo Moratti di avere spiato l’ex arbitro De Santis) per il Corriere della Sera-Magazine, in edicola oggi.
Domanda: Lei un giorno ha parlato dei “moralisti alla Mancini…” Risposta: «Anche lui spingeva la cacciata di Cragnotti dalla Lazio. Quando me ne sono andato, la gestione della Banca di Roma gli ha aumentato lo stipendio da 2 a 7 miliardi netti. E lui alla fine se ne è andato all’inter portandosi via i migliori».
Restiamo in (sfiduciata) attesa di leggere su qualche quotidiano amico della squadra e della società nerazzurra (ce ne sono tanti e di importantissimi) le ragioni per cui Mancini ha sempre smentito la sua appartenenza alla Gea. Smentirà anche Chiara Geronzi, sua amica o ex amica? E se lo farà quali argomenti potrà usare? Dubito fortemente che Mancini torni sulla spinosissima questione, visto il rapporto che ha con la stampa, con la lingua italiana e – non in ultima analisi – con la verità. Come dubito che vorrà rispondere a Cragnotti perché i moralisti di facciata sono sempre opportunisti della prima ora. Infatti Mancini era il centro della Lazio di Cragnotti. E si è servito dell’una e dell’altro finché gli ha fatto comodo per la sua inspiegabile carriera di allenatore protetto da Federazione, Settore Tecnico e ambienti ad essi contigui. Ricordate la deroga, letteralmente inventata, per farlo tesserare dalla Fiorentina nonostante avesse iniziato la stagione con la Lazio come allenatore in seconda? Io sì. Peccato che tutti gli altri – Mancini incluso – fingano di dimenticarlo.
La Gazzetta dello Sport di ieri, mercoledì 22 novembre, pezzo a firma di Candido Cannavò. La rubrica dell’ex direttore ha un titolo esortativo «Fatemi capire». È un invito che raccolgo volentieri. Perché nel prendere per l’ennesima volta le distanze dalla Gea, Cannavò – al pari di Mancini – incorre in qualche fondamentale amnesia. «La Gea World – scrive Cannavò – era una sintesi discutibile e intoccabile di un potere calcistico che attraversava la grande economia, le istituzioni, un popolo di complici e finiva nel grande laboratorio di Moggi, padre e figlio, che avevano le spalle ben coperte». Poi, però, Cannavò sprofonda nell’oblio: «Spocchia, spregiudicatezza, molta abilità e persino una grande “fiera del calcio” organizzata in grande pompa ogni anno a Milano, con una copertura televisiva che era più che altro uno spot pubblicitario, fondato sul culto della personalità della dinastia Moggi».
Purtroppo, Candido omette di dire che quella «fiera» si chiamava Expogoal ed aveva tra i partner principali proprio Rcs e la Gazzetta dello Sport, quotidiano che a quella «fiera» ha dedicato spazio e lustro grazie alle sue migliori firme, ai suoi migliori cronisti, ai suoi migliori editorialisti, ai direttori ed ex direttori. Cannavò era tra essi.
Dati e date, non illazioni.
Dalla Gazzetta dello Sport del 12 ottobre 2003. «Expogoal è caratterizzata anche dai convegni (…). Domani alle 14,30 “Campionato Aic della Solidarietà”, progetto sociale dell’Assocalciatori a favore degli anziani. Moderatore Candido Cannavò». Tutto scritto (e da ricordare).
GIANCARLO PADOVAN
Da Tuttosport di giovedì 23 Novembre 2006
Dall’interrogatorio di Chiara Geronzi nell’ambito dell’inchiesta romana sulla Gea.
«Soci fondatori siamo stati io, Francesca Tanzi, Andrea Cragnotti e Giuseppe De Mita. (…) Le quote societarie erano queste: il 20 per cento lo detenevo io, il 20 per cento la Tanzi, il 20 per cento Cragnotti e poi c’era un 40 per cento in mano alla società Roma Fides, fiduciaria composta da Giuseppe De Mita e Roberto Mancini». La notizia è stata pubblicata da La Repubblica
(autori Marino Bisso e Corrado Zunino) che a pagina 60 di ieri commenta: «Sopra il nome della "Roma Fides" c'è stato a lungo un alone di mistero. L'interrogatorio della Geronzi offre un nuovo scenario e chiama in causa Mancini, che in passato ha smentito più volte una sua presenza nella contestata società».
Dall'intervista a Sergio Cragnotti, ex patron della Lazio, concessa a Claudio Sabelli Fioretti (il collega che fece ammettere a Massimo Moratti di avere spiato l’ex arbitro De Santis) per il Corriere della Sera-Magazine, in edicola oggi.
Domanda: Lei un giorno ha parlato dei “moralisti alla Mancini…” Risposta: «Anche lui spingeva la cacciata di Cragnotti dalla Lazio. Quando me ne sono andato, la gestione della Banca di Roma gli ha aumentato lo stipendio da 2 a 7 miliardi netti. E lui alla fine se ne è andato all’inter portandosi via i migliori».
Restiamo in (sfiduciata) attesa di leggere su qualche quotidiano amico della squadra e della società nerazzurra (ce ne sono tanti e di importantissimi) le ragioni per cui Mancini ha sempre smentito la sua appartenenza alla Gea. Smentirà anche Chiara Geronzi, sua amica o ex amica? E se lo farà quali argomenti potrà usare? Dubito fortemente che Mancini torni sulla spinosissima questione, visto il rapporto che ha con la stampa, con la lingua italiana e – non in ultima analisi – con la verità. Come dubito che vorrà rispondere a Cragnotti perché i moralisti di facciata sono sempre opportunisti della prima ora. Infatti Mancini era il centro della Lazio di Cragnotti. E si è servito dell’una e dell’altro finché gli ha fatto comodo per la sua inspiegabile carriera di allenatore protetto da Federazione, Settore Tecnico e ambienti ad essi contigui. Ricordate la deroga, letteralmente inventata, per farlo tesserare dalla Fiorentina nonostante avesse iniziato la stagione con la Lazio come allenatore in seconda? Io sì. Peccato che tutti gli altri – Mancini incluso – fingano di dimenticarlo.
La Gazzetta dello Sport di ieri, mercoledì 22 novembre, pezzo a firma di Candido Cannavò. La rubrica dell’ex direttore ha un titolo esortativo «Fatemi capire». È un invito che raccolgo volentieri. Perché nel prendere per l’ennesima volta le distanze dalla Gea, Cannavò – al pari di Mancini – incorre in qualche fondamentale amnesia. «La Gea World – scrive Cannavò – era una sintesi discutibile e intoccabile di un potere calcistico che attraversava la grande economia, le istituzioni, un popolo di complici e finiva nel grande laboratorio di Moggi, padre e figlio, che avevano le spalle ben coperte». Poi, però, Cannavò sprofonda nell’oblio: «Spocchia, spregiudicatezza, molta abilità e persino una grande “fiera del calcio” organizzata in grande pompa ogni anno a Milano, con una copertura televisiva che era più che altro uno spot pubblicitario, fondato sul culto della personalità della dinastia Moggi».
Purtroppo, Candido omette di dire che quella «fiera» si chiamava Expogoal ed aveva tra i partner principali proprio Rcs e la Gazzetta dello Sport, quotidiano che a quella «fiera» ha dedicato spazio e lustro grazie alle sue migliori firme, ai suoi migliori cronisti, ai suoi migliori editorialisti, ai direttori ed ex direttori. Cannavò era tra essi.
Dati e date, non illazioni.
Dalla Gazzetta dello Sport del 12 ottobre 2003. «Expogoal è caratterizzata anche dai convegni (…). Domani alle 14,30 “Campionato Aic della Solidarietà”, progetto sociale dell’Assocalciatori a favore degli anziani. Moderatore Candido Cannavò». Tutto scritto (e da ricordare).
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