Agli ordini dell'arbitro israeliano Klein, il migliore del mondiale, Italia ed Argentina scendevano in campo in un incontro denso di significati. L'Italia era indicata come la migliore formazione del mondiale, all'Argentina venivano riconosciuti come decisivi i vantaggi del fattore ambientale. La sfida venne affrontata seriamente dai due tecnici che allinearono le formazioni migliori. Italia: Zoff, Gentile, Bellugi (dal 6' Cuccureddu), Scirea, Cabrini; Benetti, Tardelli, Antognoni; Causio, Rossi, Bettega. E Argentina: Fillol; Olguin, Luis Galvan, Passarella, Tarantini; Ardiles, Gallego, Valencia; Bertoni, Kempes, Ortiz. Davanti a 76.000 spettatori, ammutoliti dalla superiorità tecnica degli azzurri, dalla personalità di una squadra che comandava il gioco a suo piacimento, che si accendeva improvvisamente del genio di Rossi, dell'abilità di Bettega, del movimento instancabile e possente di Romeo Benetti, della fresca vivacità di Cabrini, dell'efficacia di un Gentile superbo che cancellava dal campo Kempes, la tifoseria argentina attendeva il momento della verità che Fillol aveva evitato nel primo tempo con una prodezza eccezionale su tiro ravvicinato di Bettega, ma che non poteva essere ulteriormente procrastinato. Al 67' Cabrini allunga ad Antognoni che cerca Bettega sulla tre quarti argentina. «Cabeza bianca» si porta in avanti e detta a Rossi un triangolo che «Pablito» è pronto a disegnare con il tacco, la palla è in area sui piedi di Bettega, tiro preciso di destro nel!' angolo basso alla destro di Fillol colto in uscita. E' il gol-partita ed è anche il più bel gol del mondiale, l'Italia resterà al River Plate e la vittoria resterà segnata per sempre nel libro d'oro azzurro come una delle più belle di tutta la sua storia.
Poche squadre europee, forse nessuna ha mai vinto a Buenos Aires, le polemiche della vigilia sul gioco a perdere per risparmiare fiato fanno parte di un bagaglio di furbizie che sarebbe meglio dimenticare. Finito il girone di qualificazione s'impone una tregua per cercare di capire cosa è successo in una squadra che sembrava composta da un branco di derelitti ed invece nel fuoco della battaglia si è trasformata in una formazione data a 2-1 per la vittoria finale.
Innanzi tutto l'innesto di un fuoriclasse come «Pablito» Rossi: solamente i grandi del calcio hanno la proprietà di trasformare un buon complesso in una grande orchestra e Rossi con la linearità ed il genio delle cose facili c'è riuscito immediatamente più dando che ricevendo, perché certi schemi vanno studiati e con Bettega e Causio non c'è stato il tempo per farlo. Poi Cabrini, una grande realtà, un giocatore da cui si temevano ripercussioni emozionali ed invece ha giostrato con le capacità di un veterano di mille battaglie. Poi Gentile, il grande Bettega che a metà torneo era certamente il miglior giocatore del mondiale, il formidabile Scirea finalmente autoritario, Zaccarelli sempre positivo negli innesti che Bearzot operava per dare respiro, ed il grandissimo Causio che fu definito il più sudamericano degli europei. Ma una parte dei meriti, oltre che a Bearzot ed ai giocatori, vanno riconosciuti anche a Radice e Trapattoni che hanno portato a fine stagione giocatori ancora in grado di esprimersi su livelli fisici ottimali ed hanno fornito a Bearzot elementi in grado di giostrare sui canoni del calcio moderno che non richiede specializzazioni ma giocatori in grado di operare in qualsiasi zona del campo.
Poche squadre europee, forse nessuna ha mai vinto a Buenos Aires, le polemiche della vigilia sul gioco a perdere per risparmiare fiato fanno parte di un bagaglio di furbizie che sarebbe meglio dimenticare. Finito il girone di qualificazione s'impone una tregua per cercare di capire cosa è successo in una squadra che sembrava composta da un branco di derelitti ed invece nel fuoco della battaglia si è trasformata in una formazione data a 2-1 per la vittoria finale.
Innanzi tutto l'innesto di un fuoriclasse come «Pablito» Rossi: solamente i grandi del calcio hanno la proprietà di trasformare un buon complesso in una grande orchestra e Rossi con la linearità ed il genio delle cose facili c'è riuscito immediatamente più dando che ricevendo, perché certi schemi vanno studiati e con Bettega e Causio non c'è stato il tempo per farlo. Poi Cabrini, una grande realtà, un giocatore da cui si temevano ripercussioni emozionali ed invece ha giostrato con le capacità di un veterano di mille battaglie. Poi Gentile, il grande Bettega che a metà torneo era certamente il miglior giocatore del mondiale, il formidabile Scirea finalmente autoritario, Zaccarelli sempre positivo negli innesti che Bearzot operava per dare respiro, ed il grandissimo Causio che fu definito il più sudamericano degli europei. Ma una parte dei meriti, oltre che a Bearzot ed ai giocatori, vanno riconosciuti anche a Radice e Trapattoni che hanno portato a fine stagione giocatori ancora in grado di esprimersi su livelli fisici ottimali ed hanno fornito a Bearzot elementi in grado di giostrare sui canoni del calcio moderno che non richiede specializzazioni ma giocatori in grado di operare in qualsiasi zona del campo.
1 comment:
ma che partita hai guardato??
La sto guardando tutta, sono stati 60 minuti di controllo palla argentino, lo dice perfino il telecronista dopo il replay del gol.
Maperpiacere! Informati almeno,non dico guardala tutta..
E tra parentesi verso il 55' c'è un fallo italiano in cui è spuntato un giallo,ma era rosso diretto: gamba tesa verso il collo nel cerchio di centrocampo.
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