Friday, June 01, 2007

RIMANGO AL 75 PER CENTO

VITTORIO OREGGIA
Da Tuttosport di giovedì 31 Maggio 2007

Gianluigi Buffon, sia sincero, per caso ha già scelto se restare alla Juventus o andarsene?
«Quasi, quasi... Con la società siamo rimasti d’accordo che renderemo pubblica la mia decisione dopo la fi­ne del campionato di serie B, cioè in­torno al 15 o 16 giugno».
Però ogni giorno che passa lei sembra sempre più intenziona­to a rimanere: una sensazione giusta?
«In effetti, le probabilità sono mag­giori. Diciamo che rispetto a venti giorni fa si sono capovolte. Prima dell’incontro con i dirigenti erano 49 a 51. E il 51 rappresentava l’addio. Adesso posso sostenere tranquilla­mente che siamo 75 a 25».
Tanta roba. Cosa è successo di così determinante da indurla a cambiare idea?
« Il merito è della nuova dirigenza, che in maniera intelligente ha sapu­to stimolarmi con progetti interes­santi. Mi spiego meglio: sono stati bravi a fare sentire la mia presenza come un fatto fondamentale. In po­che parole, mi hanno raccontato che se non fossi rimasto avrei creato un problema enorme alla Juventus. E, lo confesso, è stato un discorso grati­ficante ».
Promesse?
« No, quelle no. Certo, mi avessero profilato un campionato di stenti, con il traguardo della salvezza da conquistare, avrei ringraziato e tolto il disturbo. Al contrario, ci sono idee chiare. Ci sono ambizioni. Per esem­pio, entrare subito nelle quattro del­la Champions League».
Vincere lo scudetto rimane un’u­topia...
«Le favole esistono ancora, però oc­corre essere realisti».
Un atto d’amore, l’ennesimo, do­po l’anno in serie B...
«Io ho sempre ammesso di essere in­namorato della Juventus. Questa so­cietà mi ha dato tanto, ma persino di più mi hanno dato i tifosi. La gen­te bianconera mi ha dimostrato at­taccamento, rispetto, amore. Per i miei valori si tratta di aspetti uma­ni che contano parecchio. Cercate di capirmi: ogni cosa che ho detto e che dico è frutto di un sentimento».
Viene da strabuzzare gli occhi a sentirla. Lei è come un panda, animale in via di estinzione. Di­venterà il Paolo Maldini della Juventus...
«No, quello è Del Piero. Ma io potrò avere un ruolo di prestigio nella sto­ria del club».
Fosse andato via avrebbe scelto una delle milanesi?
«Sono onesto. L’unica cosa che mi ha infastidito in tutta questa vicenda è stato ascoltare chi sosteneva la tesi del “resta perché nessuno lo vuole”. Una bugia colossale. Avessi voluto andarmene avrei trovato una squa­dra, subito. Per una forma di genti­lezza verso i colleghi coinvolti prefe­risco non fare nomi, però...».
Quattordici milioni di tifosi pen­dono dalle sue labbra...
«E’ un’immagine che non mi piace e che non condivido. Sarebbe come sminuire cento e passa anni di sto­ria. Piuttosto, mi accorgo che la mia scelta è importante e per questa ra­gione non voglio mancare di rispetto ai miei dirigenti, ai miei compagni, ai miei sostenitori. Anzi, se adesso sono più vicino alla Juventus di tre o quattro giorni fa è per una que­stione proprio di rispetto».
Ora può sbottonarsi. Quale tipo di remore si portava dentro?
« La paura, avendo lottato sempre per i massimi obiettivi possibili, di non sopportare una stagione da non protagonista. Poche volte in carriera mi è capitato di perdere due partite di fila, o di subire tre gol a incontro. A me interessava capire se avevo an­cora voglia di tornare a fare grande questo club. E il primo incontro è stato davvero positivo».
Cosa è scattato?
« Qualcosa dentro di me è scattato, sì. Una spinta me l’ha regala la fi­nale di Champions League. Non ho provato invidia ma solo stima profonda nel vedere gente come Mal­dini, Nesta, Pirlo, Gattuso, Inzaghi, Gilardino, Ambrosini che si abbrac­ciava ed esultava. Questa immagine mi ha fatto capire quanto sia fonda­mentale il gruppo: magari non sei fa­vorito in una competizione, però cer­ti valori possono portarti a trionfare. Ecco, quello del Milan è stato un trionfo morale. Io vorrei riuscire a ottenere la stessa cosa, lo stesso ri­sultato ».
Con la Juventus, ovvio...
«Mi sono reso conto che se vinci ma non ti senti parte integrante di un gruppo non riempirai il tuo cuore di gioia. La squadra nella quale mi ri­conosco di più è la Juventus. Il mio sogno è riuscire a vincere con questi ragazzi. Con Del Piero, Nedved, Ca­moranesi. Tra qualche anno».
Quanto siete distanti da Inter, Milan e Roma?
«Siamo competitivi e possiamo rico­prire un ruolo di rilievo all’interno del prossimo campionato. Ne ho par­lato con Del Piero e Camoranesi, ci siamo trovati in sintonia: se rima­niamo tutti e diamo il cento per cen­to di noi stessi, il prossimo anno di­venteremo protagonisti. Naturale, c’è bisogno di costanza».
La prima pietra è l’allenatore che adesso non esiste...
«Una situazione strana, è vero, ma che non mi provoca disagio. Però è scontato che mai come questa volta diventa fondamentale la scelta del nuovo tecnico».
Un salto indietro, all’addio trau­matico di Deschamps...
«Mi hanno colpito i tempi del divor­zio, perché pensavo che rimanesse fi­no all’ultima giornata, invece se n’è andato a due dalla fine. E’ stata una sorpresa che non mi ha lasciato in­differente. Le frizioni erano sotto gli occhi di tutti, però capita. Alla Ju­ventus e alle altre. Prendete Ance­lotti, poverino: per otto mesi è stato sulla graticola e non so neppure per­ché, poi ha vinto la Champions Lea­gue.... Deschamps, ad ogni modo, avrà sempre il mio rispetto: si è mes­so in gioco, per amore della Juventus e per interesse».
E siamo al tormentone Marcello Lippi. Lei un giorno di qualche mese fa se ne uscì con questa frase: se Lippi mi chiama io lo seguo ovunque. Allora?
«Allora non sono il suo sponsor e non desidero esserlo. Lo sponsorizzano i risultati di una carriera straordina­ria. Comunque è indiscutibile che se arrivasse un uomo con la sua storia sarebbe una sicurezza per noi e per i tifosi. Significherebbe, presumo, anche affiancargli giocatori all’al­tezza ».
L’ha sentito al telefono?
«Ci siamo sentiti e visti. Mi pare sia deciso a mantenersi sulle sue posi­zioni fino a quando non si sarà risol­ta la faccenda del figlio. E’ una scel­ta da comprendere, la speranza è che la giustizia vada avanti e non ci sia­no continui rinvii altrimenti non tor­na più in panchina. Ma siccome sia­mo di fronte a una scelta che entra nella sfera familiare, quindi perso­nale, non ritengo sia lecito forzarla».
E il traghettatore?
«Una patata bollente per il club. Non mi sono mai trovato in una situazio­ne simile, dunque non posso espri­mere un giudizio. Per fortuna sono ancora un calciatore e non un diri­gente ».
Se Lippi non cedesse, chi ve­drebbe bene sulla panchina del­la Juventus?
«Qualcuno di carismatico. Qualcuno che appartenga alla storia biancone­ra, che abbia vissuto emozioni vio­lente con la maglia della Juventus sulla pelle».
Buffon, sa che sta per fare felice milioni di persone?
«Io so che amo la Juve. E che la ame­rei anche se me ne andassi».

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