Il documento falso venne pagato ottantamila dollari: i vertici della società erano stati informati da Oriali
Da Libero del 18 Ottobre 2006
Pubblichiamo ampi stralci della sentenza della Commissione disciplinare della Lega Calcio relativi al "caso Recoba passaporto falso", che il 27 giugno 2001 stabilì le seguenti pene: squalifica fino al 30 giugno 2002 per Alvaro Recoba, inibizione fino al 30 giugno 2002 per Gabriele Oriali, inibizione fino al 31 marzo 2002 per Franco Baldini, oltre a una sanzione di due miliardi di lire per la società nerazzurra. Ma questo è solo il primo atto dell'intricata vicenda. La pena per il giocatore venne confermata dalla Commissione d'appello federale e ridotta a quattro mesi dalla Camera di conciliazione del Coni (sanzione pecuniaria per la società ridotta a soli 1,4 miliardi di lire). Il 25 maggio 2006 Recoba e Oriali hanno patteggiato sei mesi di reclusione (sostituiti con una multa di 21.420 euro) in sede penale, richiesta accolta dal gip del Tribunale di Udine. Nell'inchiesta, divisa in vari filoni, furono coinvolte trentuno persone, fra le quali dodici calciatori di Milan, Roma, Lazio, Sampdoria, Udinese e Vicenza. Sul sito www.legacalcio.it/comun/0001/cu507 è possibile consultare, per tutti gli interessati alla vicenda, il comunicato ufficiale nella sua interezza.
L'esame del merito richiede una premessa in ordine all'oggetto dell'accertamento demandato a questa Commissione, che non può riguardare direttamente l'autenticità, ovvero la contraffazione del passaporto italiano del calciatore Recoba Rivero Alvaro apparentemente emesso dalla Questura di Roma il 9 novembre 1998, essendo tale materia ovviamente riservata al giudice penale. Dagli atti del procedimento emergono circostanze univoche, concordanti ed incontrovertibili che consentono di affermare (pur prescindendo dal rilievo, desumibile dalla documentazione acquisita ed evidenziato nell'atto di deferimento, che il passaporto italiano del calciatore non risulta essere mai stato rilasciato dalla Questura di Roma) che il Recoba non aveva alcun titolo al rilascio di un passaporto italiano per assoluta inesistenza in capo allo stesso dei presupposti indispensabili, ed in primo luogo del diritto alla cittadinanza italiana. A siffatta conclusione si perviene, anche a tacere per il momento dei riscontri probatori e delle argomentazioni logiche che verranno approfondite esaminando le singole posizioni degli incolpati, sulla base delle sole dichiarazioni rese dal calciatore all'Ufficio indagini ed alla Procura della Repubblica di Udine. In sintesi, il Recoba ha riferito di aver preso per la prima volta in considerazione la possibilità di diventare cittadino comunitario al suo rientro presso l'internazionale dopo un periodo di permanenza in prestito al Venezia. In tale occasione egli chiese notizie al proprio padre il quale gli precisò che la famiglia aveva "antenati nelle isole Canarie". Le ricerche svolte in quella direzione, dapprima da un collaboratore del procuratore Casal, tale Daniel Delgado, e poi da uno studio legale spagnolo incaricato allo scopo dalla Soc. internazionale, non approdarono ad alcun risultato: riferisce infatti il Recoba che la ricerca era "lunga e difficile". Il calciatore ha inoltre escluso di aver mai svolto alcuna pratica od inoltrato alcuna richiesta tendente al rilascio di un passaporto italiano. BENEFICI ILLEGALI PER IL CALCIATORE Non è necessario spendere ulteriori parole per concludere che il passaporto italiano consegnato al Recoba in Roma nel settembre 1999 non corrisponde né alla cittadinanza uruguaiana di cui il calciatore era in possesso dalla nascita né a quella spagnola che egli avrebbe eventualmente potuto conseguire "jure sanguinis", se le ricerche svolte il Spagna per l'individuazione di antenati spagnoli avessero avuto esito positivo. E sotto il profilo soggettivo si può anche tranquillamente affermare che in nessun caso il calciatore avrebbe potuto confidare nella veridicità "ideologica" del passaporto italiano che gli venne consegnato alla Borghesiana il 12 settembre 1999 dall'Oriali. In linea generale, e fatto salvo l'accertamento delle singole responsabilità, è innegabile che l'uso di tale passaporto al fine ottenere la variazione di status federale del calciatore, con la consapevolezza che il documento non poteva essere genuino perché incompatibile con la cittadinanza non italiana del Recoba, costituisca grave violazione dei principi di lealtà, probità e rettitudine alla cui osservanza sono tenuti tutti i destinatari delle norme federali, come dispone l'art. 1 comma 1 del C.G.S. Si tratta infatti di utilizzare mezzi scorretti, o addirittura fraudolenti, al fine di ottenere il riconoscimento di un titolo non spettante, traendone un indebito vantaggio. È superfluo il sottolineare, in proposito, che il fatto di diventare "comunitario" ha recato benefici non solo economici sia al calciatore, quanto meno sotto il profilo della libertà assoluta di circolazione del tesserato nell'ambito delle Federazioni comunitarie, sia alla Società di appartenenza, per una migliore utilizzazione dell'organico disponibile (...). Passando all'esame delle singole posizioni, non sussistono dubbi sull'affermazione della responsabilità di Recoba Rivero Alvaro. Si è già detto che dagli atti non è desumibile alcuna valida ragione che consentisse al calciatore di credere nella genuinità del passaporto italiano in questione e, in particolare, non merita alcun credito l'affermazione del Recoba, allorchè sostiene di non aver rilevato l'anomalia della data di emissione del documento, anteriore di quasi un anno rispetto al momento della consegna dello stesso da parte di Oriali, o quando afferma di non aver notato che nel passaporto gli era stata attribuita una residenza romana mai esistita e meno ancora quando dichiara di non aver dato alcun peso alla circostanza che sul passaporto era applicata una sua fotografia di cui egli non aveva alcun ricordo e che non gli risultava comunque di aver consegnato ad alcuno. IL COINVOLGIMENTO DI BALDINI La difesa ha sostenuto che la condotta del Recoba dovrebbe ritenersi scriminata in considerazione della sua inesperienza ed ingenuità, dovute all'età giovanile, nonché della mancata conoscenza da parte sua di tutto quanto attiene a leggi, regolamenti, pratiche amministrative e burocratiche; tutti elementi questi che ne dimostrerebbero l'inconsapevolezza riguardo all'illiceità del suo tesseramento federale come cittadino comunitario. Ad avviso della Commissione l'asserita inconsapevolezza del Recoba è irrimediabilmente smentita dalle circostanze di fatto sopra richiamate, la cui rilevanza non può essere contrastata ed esclusa soltanto in ragione dell'età del calciatore. E' notorio, infatti, e risulta dagli atti che il Recoba, seppure innegabilmente giovane, ha maturato esperienza in vari campi attraverso spostamenti e viaggi intercontinentali, trattative contrattuali di rilevanza economica, contatti con procuratori sportivi ed iniziative anche nella specifica materia dell'acquisizione di una determinata cittadinanza (si vedano la richiesta di informative al proprio padre, l'affidamento della pratica a uno studio legale spagnolo). Pertanto non mancano a Recoba l'intelligenza, la maturità e l'esperienza necessarie per comprendere che i passaporti non si materializzano dal nulla e che la trasformazione del suo status federale da extracomunitario a comunitario era irregolare. La sconcertante faciloneria con cui Recoba, sebbene "stupito" di aver ottenuto un passaporto italiano, se ne è servito perché gli conveniva acquisire lo status di comunitario, assume, alla luce delle considerazioni sopra svolte, un significato probatorio decisivo ai fini dell'accertamento della partecipazione attiva e pienamente consapevole del tesserato alla realizzazione dell'illecito. Quanto al sig. Gabriele Oriali risulta dagli atti che questi, all'inizio della collaborazione con l'internazionale a giugno 1999, apprese che la Società aveva interesse alla variazione di status del Recoba da extracomunitario a comunitario e che a tal fine era stato interessato uno studio legale spagnolo, le cui ricerche si erano però arenate, trattandosi di pratica complicata che richiedeva in ogni caso, tempi molti lunghi. Risulta altresì che l'Oriali si interessò della questione Recoba assumendo concrete iniziative finalizzate al conseguimento della variazione di status del calciatore, prendendo contatto con il Baldini per conoscere "come facevano alla Roma per i passaporti" e chiedergli l'indicazione di qualcuno che potesse aiutare l'internazionale a modificare lo "status" del Recoba. Avuto dal Baldini il nominativo del Krausz (da lui peraltro già conosciuto), l'Oriali si attivò per l'avvio della "pratica", seguendone poi lo svolgimento sino alla conclusione. Egli provvide infine a consegnare al Recoba, il 12 settembre 1999, il passaporto italiano che gli era stato appena fornito dal Krausz. A carico dell'Oriali gravano elementi di accusa, costituiti da circostanze di fatto accertate e da argomentazioni logiche deducibili dagli atti, così precise, articolate e stringenti da dimostrarne la responsabilità al di là di ogni ragionevole dubbio. In particolare: a) fu l'Oriali a ricevere il passaporto dal Krausz. Prima di consegnarlo a Recoba, egli ebbe modo di esaminarlo e di rilevare che la data di emissione risaliva al 9 novembre 1998, cioè quasi un anno prima del giorno della consegna. La circostanza è confermata dal Krausz, la cui deposizione all'Ufficio Indagini va ritenuta attendibile, per essere stata rilasciata spontaneamente da persona non tesserata e conseguentemente non obbligata a fornire informazioni agli Organi federali della Figc. La spiegazione di tale anomalia, che il Krausz dice di aver fornito all'Oriali ("Commentammo il fatto che il passaporto risultava rilasciato con una data anteriore ma a me era stato spiegato con la circostanza che trattasi di documenti facenti parte di un gruppo "riservato a casi particolari") è sintomatica della consapevolezza da parte dell'Oriali in ordine alla irregolarità del rilascio del passaporto; b) Oriali ebbe anche modo di rilevare, esaminando il passaporto, che dal documento Recoba risultava residente a Roma, circostanza non corrispondente al vero, e che sul passaporto era applicata una fotografia del Recoba di cui egli "non sapeva nulla"; c) fu l'Oriali ad incaricare Krausz dello svolgimento della "pratica" in Argentina e ad autorizzare, dopo aver ottenuto l'assenso della Società, il versamento della somma di 80.000 dollari pretesi (cfr. le dichiarazioni sul punto del Krausz) dalla Liliana Rocca quale compenso per l'ottenimento del passsaporto; d) fu l'Oriali a promuovere un incontro con Baldini, alla presenza del Ghelfi, nel corso del quale venne chiesto al Baldini di assumersi tutta la responsabilità dell'operazione, e di emettere fattura a proprio nome dei costi "dell'operazione Recoba"; e) l'Oriali, essendo a conoscenza dei precedenti infruttuosi tentativi svolti in Spagna per il conseguimento della cittadinanza comunitaria del calciatore, non poteva confidare nella correttezza e regolarità di un passaporto italiano di Recoba ottenuto in Argentina da una non meglio precisata "agenzia", in tempi a dir poco fulminei, dal momento che egli ben sapeva che da parte di Recoba non era stata presentata ad alcuna autorità italiana la domanda di rilascio del passaporto. Né egli poteva, in base alla logica ed alla comune esperienza, considerare serie e fondate le generiche e fumose assicurazioni fornitegli dal Krausz, anche tramite Baldini, che "tutto era regolare". L'affermazione dell'incolpato, di non essere stato consapevole della pretesa illegittimità del documento e di non aver dubitato della correttezza delle persone alle quali aveva affidato, per conto della Soc. internazionale, lo svolgimento della "pratica", si riduce a mera allegazione difensiva priva di effettivo riscontro, che non intacca minimamente il completo e convincente quadro probatorio raccolto a suo carico. Deve quindi essere affermata la responsabilità disciplinare del sig. Gabriele Oriali. Per quanto attiene al sig. Franco Baldini è pacifico in atti che questi venne interpellato dall'Oriali, il quale gli chiese se conoscesse una persona in grado di verificare l'esistenza delle condizioni necessarie per modificare lo status del Recoba da extracomunitario a comunitario. Il Baldini avrebbe indicato il Krausz (che l'Oriali già conosceva personalmente) ritenendolo adatto al compito sia perché questi in precedenza si era occupato di vicende analoghe, sia perché la moglie dello stesso collaborava con uno studio legale argentino. Dopo aver indirizzato Oriali al Krausz, il Baldini non si sarebbe più interessato direttamente al caso, limitandosi in alcune occasioni a fungere da tramite tra Krausz ed Oriali, poiché gli stessi avevano difficoltà di mettersi in contatto tra loro. La difesa ha sostenuto che la marginale attività del Baldini, limitatasi alla "presentazione" di Krausz ad Oriali (salvo sporadici e non significativi interventi di mero collegamento tra i due) ne escluderebbe il coinvolgimento nella vicenda del passaporto Recoba. Osserva la Commissione che dagli atti si evincono numerose e concordanti circostanze che conducono al convincimento che il Baldini ebbe nella vicenda un ruolo ben più rilevante ed efficientedi quello di semplice tramite. In particolare: a) tra il Baldini ed il Krausz esisteva un rapporto di collaborazione, nel senso che il primo aveva offerto al secondo, in un momento di difficoltà economica, l'opportunità di collaborare con il suo studio, operando in Argentina ove dimorava avendo sposato un'argentina; b) il Baldini, proprio in virtù del rapporto di collaborazione di cui sopra, doveva ben conoscere la natura delle pratiche svolte dal Krausz in Argentina, l'inconsistenza delle vantate conoscenze ed esperienze presso agenzie e consolati e della altrettanto vantata possibilità di intervento della moglie nella veste di collaboratrice di uno studio legale (il Krausz ha dichiarato di aver reperito l'indirizzo di una "agenzia seria" attraverso depliant distribuiti a scopo pubblicitario, di fronte ad un Consolato e mai ha fatto cenno ad una qualsivoglia partecipazione della propria moglie alla vicenda); c) risulta dagli atti che il Baldini costituì un punto di riferimento costante per lo svolgimento della "pratica" trasmettendo al Krausz la documentazione relativa al Recoba, smistando le comunicazioni via fax tra Oriali e Krausz ed infine - circostanza questa alquanto sintomatica - comunicando ad Oriali, circa 45/60 giorni dopo il primo contatto, che la ricerca era stata positiva e che tutto era a posto affinchè il Recoba divenisse comunitario - Al riguardo, le asserite difficol tà di contatto telefonico tra il Krausz ed Oriali non sono credibili poiché il Krausz riferisce di aver telefonato direttamente ad Oriali per tenerlo al corrente dell'andamento della pratica in varie occasioni, non ultima quella relativa alla richiesta del bonifico bancario. Se ne deduce logicamente che le notizie importanti, come indubbiamente era quella della "conclusione delle ricerche", dovevano passare attraverso il Baldini e che competeva a quest'ultimo comunicarle all'Oriali; d) Oriali si rivolse a Baldini e non a Krausz per accertarsi che "tutto fosse regolare" e fu il Baldini a fornire le assicurazioni del caso; e) nel maggio 2000 il Baldini fu convocato ad un colloquio con Oriali e Ghelfi, nel corso del quale gli venne chiesto di assumersi tutte le responsabilità del passaporto di Recoba e addirittura di fatturare a proprio nome le relative prestazioni. Tale tentativo di coinvolgimento del Baldini da parte dell'internazionale non avrebbe evidentemente alcuna giustificazione logica, se egli si fosse limitato a "dirottare" Oriali verso Krausz. Né appare credibile la versione difensiva circa le motivazioni di rispetto quasi reverenziale che avrebbero indotto il Baldini ad accettare comunque il colloquio con gli esponenti dell'internazionale. In base ai suddetti elementi, la Commissione ritiene che debba essere dichiarata la responsabilità del Baldini, risultando pienamente provati il diretto e consapevole coinvolgimento nella realizzazione dell'illecito e l'efficacia causale dell'attività posta in essere per il conseguimento del fine. RESPONSABILITÀ OGGETTIVA PER L'inter Al sig. Rinaldo Ghelfi, amministratore delegato della Soc. internazionale, viene contestata la partecipazione alla illecita condotta posta in essere dai tesserati della sua Società, Recoba ed Oriali in concorso col Baldini e con terzi non tesserati. Peraltro, dagli accertamenti svolti in sede di indagini risulta un intervento diretto del Ghelfi nella vicenda soltanto nel maggio 2000, momento in cui era divenuta di pubblico dominio la notizia di possibili irregolarità riguardanti il conseguimento dello status di comunitario da parte del calciatore della Lazio Veron. Il Ghelfi, volendo essere certo che non vi fossero anomalie nella analoga pratica di Recoba, chiese chiarimenti ad Oriali e partecipò al noto incontro con lo stesso Oriali ed il Baldini. Tale condotta del Ghelfi, di per sé, non appare disciplinarmente rilevante, sia perché avvenuta in epoca successiva alla modifica dello "status" del Recoba, sia perché priva di valore probatorio significativo ed univoco in ordine alla consapevolezza del Ghelfi circa l'irregolarità della posizione del Recoba. Su tale circostanza sussistono certamente forti dubbi, dal momento che Oriali - non essendosi attivato per il passaporto di Recoba a titolo meramente personale - deve aver tenuto informati i vertici della Società sull'andamento della pratica. Dagli atti risulta che almeno in due momenti Oriali deve essersi consultato con i propri superiori: il primo quando si trattò di dare il "via" alla pratica in Argentina ed il secondo quando si trattò di effettuare su indicazione di Krausz, il bonifico di 80.000 dollari, che doveva essere autorizzato dai vertici societari. Ciò posto, è evidente che la richiesta di pagamento di una somma rilevante per lo svolgimento di ricerche documentali avrebbe potuto, e forse dovuto, ingenerare nella dirigenza dell'internazionale sospetti di irregolarità e d'altra parte l'inesistenza nei libri contabili della Società di un pagamento di tale importo potrebbe significare che alla liquidazione del compenso si sia provveduto in forma non ufficiale, cosa che costituirebbe un ulteriore indizio di responsabilità a carico dei referenti dell'Oriali. Dagli atti, tuttavia non è desumibile alcuna circostanza che faccia riferire al Ghelfi, in modo certo ed inequivoco, l'adozione di decisioni in tal senso, non potendosi escludere in modo assoluto l'ipotesi che altri soggetti abbiano provveduto nei predetti termini. Ritiene pertanto la Commissione che il sig. Rinaldo Ghelfi debba essere prosciolto dall'addebito. La Soc. internazionale risponde dell'operato dei propri tesserati Recoba ed Oriali a titolo di responsabilità oggettiva, senza che possono in alcun modo rilevare le allegazioni di buona fede formulate dalla stessa.
Da Libero del 18 Ottobre 2006
Pubblichiamo ampi stralci della sentenza della Commissione disciplinare della Lega Calcio relativi al "caso Recoba passaporto falso", che il 27 giugno 2001 stabilì le seguenti pene: squalifica fino al 30 giugno 2002 per Alvaro Recoba, inibizione fino al 30 giugno 2002 per Gabriele Oriali, inibizione fino al 31 marzo 2002 per Franco Baldini, oltre a una sanzione di due miliardi di lire per la società nerazzurra. Ma questo è solo il primo atto dell'intricata vicenda. La pena per il giocatore venne confermata dalla Commissione d'appello federale e ridotta a quattro mesi dalla Camera di conciliazione del Coni (sanzione pecuniaria per la società ridotta a soli 1,4 miliardi di lire). Il 25 maggio 2006 Recoba e Oriali hanno patteggiato sei mesi di reclusione (sostituiti con una multa di 21.420 euro) in sede penale, richiesta accolta dal gip del Tribunale di Udine. Nell'inchiesta, divisa in vari filoni, furono coinvolte trentuno persone, fra le quali dodici calciatori di Milan, Roma, Lazio, Sampdoria, Udinese e Vicenza. Sul sito www.legacalcio.it/comun/0001/cu507 è possibile consultare, per tutti gli interessati alla vicenda, il comunicato ufficiale nella sua interezza.
L'esame del merito richiede una premessa in ordine all'oggetto dell'accertamento demandato a questa Commissione, che non può riguardare direttamente l'autenticità, ovvero la contraffazione del passaporto italiano del calciatore Recoba Rivero Alvaro apparentemente emesso dalla Questura di Roma il 9 novembre 1998, essendo tale materia ovviamente riservata al giudice penale. Dagli atti del procedimento emergono circostanze univoche, concordanti ed incontrovertibili che consentono di affermare (pur prescindendo dal rilievo, desumibile dalla documentazione acquisita ed evidenziato nell'atto di deferimento, che il passaporto italiano del calciatore non risulta essere mai stato rilasciato dalla Questura di Roma) che il Recoba non aveva alcun titolo al rilascio di un passaporto italiano per assoluta inesistenza in capo allo stesso dei presupposti indispensabili, ed in primo luogo del diritto alla cittadinanza italiana. A siffatta conclusione si perviene, anche a tacere per il momento dei riscontri probatori e delle argomentazioni logiche che verranno approfondite esaminando le singole posizioni degli incolpati, sulla base delle sole dichiarazioni rese dal calciatore all'Ufficio indagini ed alla Procura della Repubblica di Udine. In sintesi, il Recoba ha riferito di aver preso per la prima volta in considerazione la possibilità di diventare cittadino comunitario al suo rientro presso l'internazionale dopo un periodo di permanenza in prestito al Venezia. In tale occasione egli chiese notizie al proprio padre il quale gli precisò che la famiglia aveva "antenati nelle isole Canarie". Le ricerche svolte in quella direzione, dapprima da un collaboratore del procuratore Casal, tale Daniel Delgado, e poi da uno studio legale spagnolo incaricato allo scopo dalla Soc. internazionale, non approdarono ad alcun risultato: riferisce infatti il Recoba che la ricerca era "lunga e difficile". Il calciatore ha inoltre escluso di aver mai svolto alcuna pratica od inoltrato alcuna richiesta tendente al rilascio di un passaporto italiano. BENEFICI ILLEGALI PER IL CALCIATORE Non è necessario spendere ulteriori parole per concludere che il passaporto italiano consegnato al Recoba in Roma nel settembre 1999 non corrisponde né alla cittadinanza uruguaiana di cui il calciatore era in possesso dalla nascita né a quella spagnola che egli avrebbe eventualmente potuto conseguire "jure sanguinis", se le ricerche svolte il Spagna per l'individuazione di antenati spagnoli avessero avuto esito positivo. E sotto il profilo soggettivo si può anche tranquillamente affermare che in nessun caso il calciatore avrebbe potuto confidare nella veridicità "ideologica" del passaporto italiano che gli venne consegnato alla Borghesiana il 12 settembre 1999 dall'Oriali. In linea generale, e fatto salvo l'accertamento delle singole responsabilità, è innegabile che l'uso di tale passaporto al fine ottenere la variazione di status federale del calciatore, con la consapevolezza che il documento non poteva essere genuino perché incompatibile con la cittadinanza non italiana del Recoba, costituisca grave violazione dei principi di lealtà, probità e rettitudine alla cui osservanza sono tenuti tutti i destinatari delle norme federali, come dispone l'art. 1 comma 1 del C.G.S. Si tratta infatti di utilizzare mezzi scorretti, o addirittura fraudolenti, al fine di ottenere il riconoscimento di un titolo non spettante, traendone un indebito vantaggio. È superfluo il sottolineare, in proposito, che il fatto di diventare "comunitario" ha recato benefici non solo economici sia al calciatore, quanto meno sotto il profilo della libertà assoluta di circolazione del tesserato nell'ambito delle Federazioni comunitarie, sia alla Società di appartenenza, per una migliore utilizzazione dell'organico disponibile (...). Passando all'esame delle singole posizioni, non sussistono dubbi sull'affermazione della responsabilità di Recoba Rivero Alvaro. Si è già detto che dagli atti non è desumibile alcuna valida ragione che consentisse al calciatore di credere nella genuinità del passaporto italiano in questione e, in particolare, non merita alcun credito l'affermazione del Recoba, allorchè sostiene di non aver rilevato l'anomalia della data di emissione del documento, anteriore di quasi un anno rispetto al momento della consegna dello stesso da parte di Oriali, o quando afferma di non aver notato che nel passaporto gli era stata attribuita una residenza romana mai esistita e meno ancora quando dichiara di non aver dato alcun peso alla circostanza che sul passaporto era applicata una sua fotografia di cui egli non aveva alcun ricordo e che non gli risultava comunque di aver consegnato ad alcuno. IL COINVOLGIMENTO DI BALDINI La difesa ha sostenuto che la condotta del Recoba dovrebbe ritenersi scriminata in considerazione della sua inesperienza ed ingenuità, dovute all'età giovanile, nonché della mancata conoscenza da parte sua di tutto quanto attiene a leggi, regolamenti, pratiche amministrative e burocratiche; tutti elementi questi che ne dimostrerebbero l'inconsapevolezza riguardo all'illiceità del suo tesseramento federale come cittadino comunitario. Ad avviso della Commissione l'asserita inconsapevolezza del Recoba è irrimediabilmente smentita dalle circostanze di fatto sopra richiamate, la cui rilevanza non può essere contrastata ed esclusa soltanto in ragione dell'età del calciatore. E' notorio, infatti, e risulta dagli atti che il Recoba, seppure innegabilmente giovane, ha maturato esperienza in vari campi attraverso spostamenti e viaggi intercontinentali, trattative contrattuali di rilevanza economica, contatti con procuratori sportivi ed iniziative anche nella specifica materia dell'acquisizione di una determinata cittadinanza (si vedano la richiesta di informative al proprio padre, l'affidamento della pratica a uno studio legale spagnolo). Pertanto non mancano a Recoba l'intelligenza, la maturità e l'esperienza necessarie per comprendere che i passaporti non si materializzano dal nulla e che la trasformazione del suo status federale da extracomunitario a comunitario era irregolare. La sconcertante faciloneria con cui Recoba, sebbene "stupito" di aver ottenuto un passaporto italiano, se ne è servito perché gli conveniva acquisire lo status di comunitario, assume, alla luce delle considerazioni sopra svolte, un significato probatorio decisivo ai fini dell'accertamento della partecipazione attiva e pienamente consapevole del tesserato alla realizzazione dell'illecito. Quanto al sig. Gabriele Oriali risulta dagli atti che questi, all'inizio della collaborazione con l'internazionale a giugno 1999, apprese che la Società aveva interesse alla variazione di status del Recoba da extracomunitario a comunitario e che a tal fine era stato interessato uno studio legale spagnolo, le cui ricerche si erano però arenate, trattandosi di pratica complicata che richiedeva in ogni caso, tempi molti lunghi. Risulta altresì che l'Oriali si interessò della questione Recoba assumendo concrete iniziative finalizzate al conseguimento della variazione di status del calciatore, prendendo contatto con il Baldini per conoscere "come facevano alla Roma per i passaporti" e chiedergli l'indicazione di qualcuno che potesse aiutare l'internazionale a modificare lo "status" del Recoba. Avuto dal Baldini il nominativo del Krausz (da lui peraltro già conosciuto), l'Oriali si attivò per l'avvio della "pratica", seguendone poi lo svolgimento sino alla conclusione. Egli provvide infine a consegnare al Recoba, il 12 settembre 1999, il passaporto italiano che gli era stato appena fornito dal Krausz. A carico dell'Oriali gravano elementi di accusa, costituiti da circostanze di fatto accertate e da argomentazioni logiche deducibili dagli atti, così precise, articolate e stringenti da dimostrarne la responsabilità al di là di ogni ragionevole dubbio. In particolare: a) fu l'Oriali a ricevere il passaporto dal Krausz. Prima di consegnarlo a Recoba, egli ebbe modo di esaminarlo e di rilevare che la data di emissione risaliva al 9 novembre 1998, cioè quasi un anno prima del giorno della consegna. La circostanza è confermata dal Krausz, la cui deposizione all'Ufficio Indagini va ritenuta attendibile, per essere stata rilasciata spontaneamente da persona non tesserata e conseguentemente non obbligata a fornire informazioni agli Organi federali della Figc. La spiegazione di tale anomalia, che il Krausz dice di aver fornito all'Oriali ("Commentammo il fatto che il passaporto risultava rilasciato con una data anteriore ma a me era stato spiegato con la circostanza che trattasi di documenti facenti parte di un gruppo "riservato a casi particolari") è sintomatica della consapevolezza da parte dell'Oriali in ordine alla irregolarità del rilascio del passaporto; b) Oriali ebbe anche modo di rilevare, esaminando il passaporto, che dal documento Recoba risultava residente a Roma, circostanza non corrispondente al vero, e che sul passaporto era applicata una fotografia del Recoba di cui egli "non sapeva nulla"; c) fu l'Oriali ad incaricare Krausz dello svolgimento della "pratica" in Argentina e ad autorizzare, dopo aver ottenuto l'assenso della Società, il versamento della somma di 80.000 dollari pretesi (cfr. le dichiarazioni sul punto del Krausz) dalla Liliana Rocca quale compenso per l'ottenimento del passsaporto; d) fu l'Oriali a promuovere un incontro con Baldini, alla presenza del Ghelfi, nel corso del quale venne chiesto al Baldini di assumersi tutta la responsabilità dell'operazione, e di emettere fattura a proprio nome dei costi "dell'operazione Recoba"; e) l'Oriali, essendo a conoscenza dei precedenti infruttuosi tentativi svolti in Spagna per il conseguimento della cittadinanza comunitaria del calciatore, non poteva confidare nella correttezza e regolarità di un passaporto italiano di Recoba ottenuto in Argentina da una non meglio precisata "agenzia", in tempi a dir poco fulminei, dal momento che egli ben sapeva che da parte di Recoba non era stata presentata ad alcuna autorità italiana la domanda di rilascio del passaporto. Né egli poteva, in base alla logica ed alla comune esperienza, considerare serie e fondate le generiche e fumose assicurazioni fornitegli dal Krausz, anche tramite Baldini, che "tutto era regolare". L'affermazione dell'incolpato, di non essere stato consapevole della pretesa illegittimità del documento e di non aver dubitato della correttezza delle persone alle quali aveva affidato, per conto della Soc. internazionale, lo svolgimento della "pratica", si riduce a mera allegazione difensiva priva di effettivo riscontro, che non intacca minimamente il completo e convincente quadro probatorio raccolto a suo carico. Deve quindi essere affermata la responsabilità disciplinare del sig. Gabriele Oriali. Per quanto attiene al sig. Franco Baldini è pacifico in atti che questi venne interpellato dall'Oriali, il quale gli chiese se conoscesse una persona in grado di verificare l'esistenza delle condizioni necessarie per modificare lo status del Recoba da extracomunitario a comunitario. Il Baldini avrebbe indicato il Krausz (che l'Oriali già conosceva personalmente) ritenendolo adatto al compito sia perché questi in precedenza si era occupato di vicende analoghe, sia perché la moglie dello stesso collaborava con uno studio legale argentino. Dopo aver indirizzato Oriali al Krausz, il Baldini non si sarebbe più interessato direttamente al caso, limitandosi in alcune occasioni a fungere da tramite tra Krausz ed Oriali, poiché gli stessi avevano difficoltà di mettersi in contatto tra loro. La difesa ha sostenuto che la marginale attività del Baldini, limitatasi alla "presentazione" di Krausz ad Oriali (salvo sporadici e non significativi interventi di mero collegamento tra i due) ne escluderebbe il coinvolgimento nella vicenda del passaporto Recoba. Osserva la Commissione che dagli atti si evincono numerose e concordanti circostanze che conducono al convincimento che il Baldini ebbe nella vicenda un ruolo ben più rilevante ed efficientedi quello di semplice tramite. In particolare: a) tra il Baldini ed il Krausz esisteva un rapporto di collaborazione, nel senso che il primo aveva offerto al secondo, in un momento di difficoltà economica, l'opportunità di collaborare con il suo studio, operando in Argentina ove dimorava avendo sposato un'argentina; b) il Baldini, proprio in virtù del rapporto di collaborazione di cui sopra, doveva ben conoscere la natura delle pratiche svolte dal Krausz in Argentina, l'inconsistenza delle vantate conoscenze ed esperienze presso agenzie e consolati e della altrettanto vantata possibilità di intervento della moglie nella veste di collaboratrice di uno studio legale (il Krausz ha dichiarato di aver reperito l'indirizzo di una "agenzia seria" attraverso depliant distribuiti a scopo pubblicitario, di fronte ad un Consolato e mai ha fatto cenno ad una qualsivoglia partecipazione della propria moglie alla vicenda); c) risulta dagli atti che il Baldini costituì un punto di riferimento costante per lo svolgimento della "pratica" trasmettendo al Krausz la documentazione relativa al Recoba, smistando le comunicazioni via fax tra Oriali e Krausz ed infine - circostanza questa alquanto sintomatica - comunicando ad Oriali, circa 45/60 giorni dopo il primo contatto, che la ricerca era stata positiva e che tutto era a posto affinchè il Recoba divenisse comunitario - Al riguardo, le asserite difficol tà di contatto telefonico tra il Krausz ed Oriali non sono credibili poiché il Krausz riferisce di aver telefonato direttamente ad Oriali per tenerlo al corrente dell'andamento della pratica in varie occasioni, non ultima quella relativa alla richiesta del bonifico bancario. Se ne deduce logicamente che le notizie importanti, come indubbiamente era quella della "conclusione delle ricerche", dovevano passare attraverso il Baldini e che competeva a quest'ultimo comunicarle all'Oriali; d) Oriali si rivolse a Baldini e non a Krausz per accertarsi che "tutto fosse regolare" e fu il Baldini a fornire le assicurazioni del caso; e) nel maggio 2000 il Baldini fu convocato ad un colloquio con Oriali e Ghelfi, nel corso del quale gli venne chiesto di assumersi tutte le responsabilità del passaporto di Recoba e addirittura di fatturare a proprio nome le relative prestazioni. Tale tentativo di coinvolgimento del Baldini da parte dell'internazionale non avrebbe evidentemente alcuna giustificazione logica, se egli si fosse limitato a "dirottare" Oriali verso Krausz. Né appare credibile la versione difensiva circa le motivazioni di rispetto quasi reverenziale che avrebbero indotto il Baldini ad accettare comunque il colloquio con gli esponenti dell'internazionale. In base ai suddetti elementi, la Commissione ritiene che debba essere dichiarata la responsabilità del Baldini, risultando pienamente provati il diretto e consapevole coinvolgimento nella realizzazione dell'illecito e l'efficacia causale dell'attività posta in essere per il conseguimento del fine. RESPONSABILITÀ OGGETTIVA PER L'inter Al sig. Rinaldo Ghelfi, amministratore delegato della Soc. internazionale, viene contestata la partecipazione alla illecita condotta posta in essere dai tesserati della sua Società, Recoba ed Oriali in concorso col Baldini e con terzi non tesserati. Peraltro, dagli accertamenti svolti in sede di indagini risulta un intervento diretto del Ghelfi nella vicenda soltanto nel maggio 2000, momento in cui era divenuta di pubblico dominio la notizia di possibili irregolarità riguardanti il conseguimento dello status di comunitario da parte del calciatore della Lazio Veron. Il Ghelfi, volendo essere certo che non vi fossero anomalie nella analoga pratica di Recoba, chiese chiarimenti ad Oriali e partecipò al noto incontro con lo stesso Oriali ed il Baldini. Tale condotta del Ghelfi, di per sé, non appare disciplinarmente rilevante, sia perché avvenuta in epoca successiva alla modifica dello "status" del Recoba, sia perché priva di valore probatorio significativo ed univoco in ordine alla consapevolezza del Ghelfi circa l'irregolarità della posizione del Recoba. Su tale circostanza sussistono certamente forti dubbi, dal momento che Oriali - non essendosi attivato per il passaporto di Recoba a titolo meramente personale - deve aver tenuto informati i vertici della Società sull'andamento della pratica. Dagli atti risulta che almeno in due momenti Oriali deve essersi consultato con i propri superiori: il primo quando si trattò di dare il "via" alla pratica in Argentina ed il secondo quando si trattò di effettuare su indicazione di Krausz, il bonifico di 80.000 dollari, che doveva essere autorizzato dai vertici societari. Ciò posto, è evidente che la richiesta di pagamento di una somma rilevante per lo svolgimento di ricerche documentali avrebbe potuto, e forse dovuto, ingenerare nella dirigenza dell'internazionale sospetti di irregolarità e d'altra parte l'inesistenza nei libri contabili della Società di un pagamento di tale importo potrebbe significare che alla liquidazione del compenso si sia provveduto in forma non ufficiale, cosa che costituirebbe un ulteriore indizio di responsabilità a carico dei referenti dell'Oriali. Dagli atti, tuttavia non è desumibile alcuna circostanza che faccia riferire al Ghelfi, in modo certo ed inequivoco, l'adozione di decisioni in tal senso, non potendosi escludere in modo assoluto l'ipotesi che altri soggetti abbiano provveduto nei predetti termini. Ritiene pertanto la Commissione che il sig. Rinaldo Ghelfi debba essere prosciolto dall'addebito. La Soc. internazionale risponde dell'operato dei propri tesserati Recoba ed Oriali a titolo di responsabilità oggettiva, senza che possono in alcun modo rilevare le allegazioni di buona fede formulate dalla stessa.
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