Brutte notizie per Minimo Moratti che, tramite il rapporto di amicizia con Maradona, contava di arrivare ad Aguero. In una intervista al mensile “Eurocalcio” il fuoriclasse dell’Atletico Madrid e della nazionale Argentina ha dichiarato di avere ben altri programmi per il futuro: “ho un contratto con l’Atletico Madrid fino al 2012 e, visto che c’è anche un rapporto di collaborazione sui diritti di immagine, pare proprio che rimarrò a lungo a Madrid. Però nel calcio non si può mai sapere e, quindi non posso escludere che un giorno andrò a giocare in Inghilterra come Torres che, in Premier League, è migliorato tanto”.
Tuesday, December 30, 2008
Tuesday, December 23, 2008
IERI "TRUFFA" OGGI "BUONA FEDE": MA CHI CREDE ALLA FAVOLETTA?
Da Libero-News.it
di martedì 23 Dicembre 2008
Luciano Moggi
Qualche anno fa la Juventus fu favorita da un errore e vinse a Verona contro il Chievo: errore molto meno evidente di quello capitato all’inter nella trasferta di Siena. “Qualche” giornale titolò allora: «Scandalo a Verona». Per l’inter di Siena il titolo della rosea è stato «Un Maicon di troppo», per dire come, certe volte, l’informazione segue l’onda del... tifo.
Fino ad oggi, nessuno aveva visto né sentito Moratti, nessuno l’ha sentito pontificare, come sempre gli è piaciuto fare. Scomparso dalle tv. Dopo gli aiutini che l’anno scorso permisero all’inter di superare la Roma all’ultima giornata con i gol di Santo Ibrahimovic, adesso il pacco dono di Siena, il regalone di Natale, i tre punti rubacchiati sul gol di Maicon, con un fuorigioco più grande di una casa, l’avevano fatto sparire. Vana l’attesa che il grande lamentatore (fino ad un paio d’anni fa) si facesse vivo in qualche maniera per far conoscere il suo parere a proposito, vana la presunzione che il potente patron si abbassasse a chiedere scusa al Siena per una vittoria immeritata. Che bello sarebbe stato sentirlo dire «non è giusta questa nostra vittoria, vogliamo rifare la partita». Invece niente: che delusione.
Aiutini e silenzi
C’è voluta l’assemblea di ieri per rivederlo, bello pimpante, a recitare la solita strofetta della “buona fede” arbitrale di oggi al posto della “malafede del passato”. Ma chi ci crede più? Coloro che hanno sbagliato a Siena a favore dell’inter sono gli stessi che sbagliavano in passato (Griselli e Calcagno), e se in passato sbagliavano a favore della Juve erano in malafede, mentre ora che sbagliano a favore dell’inter lo fanno in buona fede?
Stia comunque tranquillo il presidente dell’inter. Non voglio dire che la “beneamata” è stata aiutata scientificamente. Queste sono invenzioni che appartengono ad altri, lui compreso e per primo. Errori e aiutini vari ci sono sempre stati, e l’unica cosa che varia è l’interpretazione che ad essi viene data. Ora è di gran moda parlare di buona fede. Sono tutti pronti a dire che la sudditanza psicologica non esiste, salvo poi notare (lo ha fatto anche Sacchi) che il potente viene guardato in altra maniera e che a farne le spese sono sempre le piccole. Debbo dire grazie a Maurizio Mosca che in un dibattito sulla giornata negativa per gli arbitri (o degli assistenti, ma poco cambia) ha avuto il coraggio di chiedere provocatoriamente alla platea di Controcampo che cosa si sarebbe detto se questi errori avessero interessato ancora la Juve di Moggi.
La verità sia pure a fatica viene fuori, lo stesso Mosca ha aggiunto con tono alto e severo “Su quella Juve sono stati vomitati per anni sospetti di imbroglio”, s’intende ingiustamente. In passato non ci sono mai stati né complotti, né macchinazioni, perché diversamente se ci fossero stati prima, ci sarebbero anche oggi. E così non è. E stando in tema debbo dire anche del sempre attento e pugnace Mughini che ha detto di voler leggere le intercettazioni, “non quelle delle chiacchiere da bar, ma di una almeno dove si dimostri che qualcuno sia stato corrotto”. Questa domanda la pongo io a Moratti e nello stesso tempo gli faccio presente che l’unica società che in quei tempi aveva contatti diretti con un arbitro in attività era l’inter. Mi auguro che questi squarci di verità illuminino anche chi, per partito preso, dal suo orecchio proprio non vuol sentire.
di martedì 23 Dicembre 2008
Luciano Moggi
Qualche anno fa la Juventus fu favorita da un errore e vinse a Verona contro il Chievo: errore molto meno evidente di quello capitato all’inter nella trasferta di Siena. “Qualche” giornale titolò allora: «Scandalo a Verona». Per l’inter di Siena il titolo della rosea è stato «Un Maicon di troppo», per dire come, certe volte, l’informazione segue l’onda del... tifo.
Fino ad oggi, nessuno aveva visto né sentito Moratti, nessuno l’ha sentito pontificare, come sempre gli è piaciuto fare. Scomparso dalle tv. Dopo gli aiutini che l’anno scorso permisero all’inter di superare la Roma all’ultima giornata con i gol di Santo Ibrahimovic, adesso il pacco dono di Siena, il regalone di Natale, i tre punti rubacchiati sul gol di Maicon, con un fuorigioco più grande di una casa, l’avevano fatto sparire. Vana l’attesa che il grande lamentatore (fino ad un paio d’anni fa) si facesse vivo in qualche maniera per far conoscere il suo parere a proposito, vana la presunzione che il potente patron si abbassasse a chiedere scusa al Siena per una vittoria immeritata. Che bello sarebbe stato sentirlo dire «non è giusta questa nostra vittoria, vogliamo rifare la partita». Invece niente: che delusione.
Aiutini e silenzi
C’è voluta l’assemblea di ieri per rivederlo, bello pimpante, a recitare la solita strofetta della “buona fede” arbitrale di oggi al posto della “malafede del passato”. Ma chi ci crede più? Coloro che hanno sbagliato a Siena a favore dell’inter sono gli stessi che sbagliavano in passato (Griselli e Calcagno), e se in passato sbagliavano a favore della Juve erano in malafede, mentre ora che sbagliano a favore dell’inter lo fanno in buona fede?
Stia comunque tranquillo il presidente dell’inter. Non voglio dire che la “beneamata” è stata aiutata scientificamente. Queste sono invenzioni che appartengono ad altri, lui compreso e per primo. Errori e aiutini vari ci sono sempre stati, e l’unica cosa che varia è l’interpretazione che ad essi viene data. Ora è di gran moda parlare di buona fede. Sono tutti pronti a dire che la sudditanza psicologica non esiste, salvo poi notare (lo ha fatto anche Sacchi) che il potente viene guardato in altra maniera e che a farne le spese sono sempre le piccole. Debbo dire grazie a Maurizio Mosca che in un dibattito sulla giornata negativa per gli arbitri (o degli assistenti, ma poco cambia) ha avuto il coraggio di chiedere provocatoriamente alla platea di Controcampo che cosa si sarebbe detto se questi errori avessero interessato ancora la Juve di Moggi.
La verità sia pure a fatica viene fuori, lo stesso Mosca ha aggiunto con tono alto e severo “Su quella Juve sono stati vomitati per anni sospetti di imbroglio”, s’intende ingiustamente. In passato non ci sono mai stati né complotti, né macchinazioni, perché diversamente se ci fossero stati prima, ci sarebbero anche oggi. E così non è. E stando in tema debbo dire anche del sempre attento e pugnace Mughini che ha detto di voler leggere le intercettazioni, “non quelle delle chiacchiere da bar, ma di una almeno dove si dimostri che qualcuno sia stato corrotto”. Questa domanda la pongo io a Moratti e nello stesso tempo gli faccio presente che l’unica società che in quei tempi aveva contatti diretti con un arbitro in attività era l’inter. Mi auguro che questi squarci di verità illuminino anche chi, per partito preso, dal suo orecchio proprio non vuol sentire.
Monday, December 22, 2008
Sunday, December 21, 2008
Tuesday, December 16, 2008
Monday, December 15, 2008
Saturday, December 13, 2008
LA JUVE NEL PAESE DI GIRALARUOTA
Ieri abbiamo ricevuto una mail che ci ha illuminato la giornata. "Salve, mi chiamo Giacomo e sono juventino da sempre. Nei giorni scorsi mi sono recato in libreria per acquistare un libro sul Natale. Mentre mi aggiravo tra i vari scaffali, una copertina ha colpito la mia attenzione. Quando poi ho visto una maglia bianconera con 2 scudetti, la curiosità è aumentata a dismisura. La Juve nel Paese di Giralaruota: che strano titolo...Ho preso in mano il libro e ho visto i due scudetti (forse un simbolo di ciò che ci hanno tolto?) e quel sottotitolo così intrigante. E' bastato un secondo per convincermi a comprare il libro: quando si dice acquisto emozionale. Arrivato a casa, ho cominciato a sfogliare il volumetto, soffermandomi sui titoli dei vari capitoli e sulle schede dei due autori. Avendo una certa difficoltà ad addormentarmi, quando vado a letto prendo sempre in mano un libro. Bene: in due notti sono riuscito a leggere La Juve nel Paese di Giralaruota. Ragazzi, è un libro meraviglioso. Ben scritto, originale. Un libro che si legge tutto di un fiato. Un libro che mi ha commosso ma anche divertito. Ho letto molti libri sulla Juve, ma questo li batte tutti. Qui si respira amore per la Juve, ma anche amore per la libertà e la giustizia. Si parla di Juve ma anche della vita. Delle difficoltà a vivere nel Paese di Giralaruota (che bella allegoria dell'Italia!), della distruzione dei nostri sogni. Ci sono belle storie, splendide poesie e vengono accostati alla Juve personaggi straordinari come Otis Redding e Mia Martini. Questo libro mi ha aiutato a comprendere meglio anche Calciopoli. Avevo già una mia idea, La Juve nel Paese di Giralaruota me l'ha rafforzata. Con questa mail voglio ringraziare con tutto il cuore gli autori, Renato La Monica e Mauro Sangiorgi, per le mille emozioni che hanno saputo regalarmi con il loro libro. Grazie ancora e Forza Juve".
Wednesday, December 10, 2008
Monday, December 08, 2008
Sunday, November 30, 2008
Quaresma-Balotelli silurati: nuovo caso all'inter
MILANO, 30 novembre - Quaresma e Balotelli non convocati per inter-Napoli. E in casa nerazzurra scoppia un nuovo caso. A spiegare i motivi della bocciatura, senza tanti giri di parole, è lo stesso Mourinho: «Mario e Quaresma sono fuori perché hanno giocato 30 e 45 minuti col Panathinaikos e il loro rendimento non è stato sufficiente. Poi non è stato sufficiente neppure il lavoro fatto in settimana». Il che conferma come i due, per diversi motivi, siano sempre più ai margini dell’inter. Il portoghese era stato riesumato dopo la bocciatura post Udinese proprio contro i greci ma, eccezion fatta per un cross sfiorato da Adriano, la sua presenza si è notata ben poco.
Diverso e decisamente più intricato il caso Balotelli. Perché SuperMario, dopo aver mal digerito la tribuna con la Juventus, ha dovuto ingoiare un altro amarissimo boccone che pone nuove ombre sul suo futuro. In settimana ci sarà l’ennesimo faccia a faccia con Mourinho, il ragazzo - è noto - chiede spazio, ma finora ne ha avuto pochino (10 presenze, 5 da titolare) e, soprattutto, coltiva il dubbio che lo Speciale non creda in lui. In più continuano a susseguirsi le voci di un addio, qualora dovesse presentarsi un club con un’offerta da almeno 20-25 milioni: Manchester City, Tottenham e Villarreal sono già in coda.
Diverso e decisamente più intricato il caso Balotelli. Perché SuperMario, dopo aver mal digerito la tribuna con la Juventus, ha dovuto ingoiare un altro amarissimo boccone che pone nuove ombre sul suo futuro. In settimana ci sarà l’ennesimo faccia a faccia con Mourinho, il ragazzo - è noto - chiede spazio, ma finora ne ha avuto pochino (10 presenze, 5 da titolare) e, soprattutto, coltiva il dubbio che lo Speciale non creda in lui. In più continuano a susseguirsi le voci di un addio, qualora dovesse presentarsi un club con un’offerta da almeno 20-25 milioni: Manchester City, Tottenham e Villarreal sono già in coda.
Saturday, November 29, 2008
Sunday, November 23, 2008
Wednesday, November 12, 2008
Thursday, November 06, 2008
Wednesday, November 05, 2008
Tuesday, November 04, 2008
Wednesday, October 22, 2008
Tuesday, September 23, 2008
SARAS GONFIATA PER DEBITI inter
Bologna, 23 settembre 2008
(Riprendiamo da Dagospia il pezzo pubblicato a firma di Walter Galbiati per “la Repubblica”)
Quel titolo valeva tra 4 e 5 euro per azione. Invece le banche e la famiglia Moratti lo hanno piazzato sul mercato a 6 euro. E per farlo, secondo la ricostruzione del consulente tecnico della procura di Milano, Marco Honegger, non avrebbero pubblicato alcuni dati rilevanti nel prospetto informativo.
Che la quotazione di Saras, la società di raffinazione di Sarroch, non fosse stato un grande affare per il mercato, lo si era capito fin da subito, quando il giorno successivo alla quotazione, avvenuta il 18 maggio 2006, il titolo aveva perso oltre il 10 per cento del suo valore. Il consulente tecnico ha ricostruito in un documento di oltre 400 pagine i motivi di quella debacle. E ha ipotizzato che l´incasso della quotazione sia servito soprattutto a un ramo della famiglia, quello di Massimo Moratti, per far fronte ai debiti dell´inter. Con un contestuale danno per il mercato di 770 milioni.
Tutti, gli analisti, i banchieri e gli investitori istituzionali avevano capito, durante le varie tappe che hanno portato la Saras in Borsa, che quella valorizzazione era troppo elevata, eppure nessuno ha fatto nulla per correggere il tiro. Un dato è emerso chiaramente dall´analisi di Honegger: l´utile di gruppo, il principale indicatore su cui calcolare il valore della società, era "gonfiato". "Si è potuto riscontrare che l´informativa da Prospetto - scrive il consulente - non aveva evidenziato l´esistenza di una considerevole componente di utili non ricorrente nei dati storici, dati unici su cui basarsi per la decisione di investimento (quantomeno per il pubblico indistinto)".
La mancanza si riferisce all´utile 2005, pari a 292,6 milioni di euro. Una cifra riportata tale e quale nel prospetto, senza avvisare i risparmiatori che il dato era "gonfiato" da utili derivanti dalle scorte di magazzino. Dalla documentazione sequestrata dalla Guardia di Finanza presso Jp Morgan, una delle banche advisor per la quotazione, invece, emerge chiaramente che nei report su Saras redatti prima della quotazione, gli analisti, compresi quelli di Morgan Stanley e Caboto di Banca Intesa (gli altri due advisor dei Moratti) prendono in considerazione gli utili depurati ("comparable") per calcolare il valore delle società di raffinazione.
Gli unici a non farlo sono quelli di Jp Morgan. La stessa Saras, come sostiene il consulente, si accorge dell´errore e a partire dal comunicato stampa del 25 ottobre inizia a fornire i dati di utile relativi ai trimestri, così come lo richiede la prassi degli analisti. A febbraio 2007, in un altro comunicato, la società svela che l´utile netto rettificato per il 2005 è di 230 milioni di euro. Con questi profitti, il valore per azione di Saras sarebbe stato tra i 4,1 e i 5,1 euro e non tra i 5,25 e i 6,5 euro, come indicato nel prospetto.
Non vi è nessuna giustificazione di un prezzo di 6 euro nemmeno negli studi delle tre banche che hanno partecipato alla quotazione: "Sulla base delle valutazioni rettificate delle banche d´affari partecipanti all´operazione, il range avrebbe dovuto collocarsi tra i 4 e i 5 miliardi di euro (ossia tra i 4,4 e i 5,6 euro per azione); dunque inferiore di 700 milioni a quello definito in Prospetto Informativo", sostiene la consulenza.
Non è un caso, quindi, che le quotazioni di Saras, dal giorno dello sbarco in Borsa a oggi, si siano allineate ai valori stimati dagli analisti. Se n´erano accorti fin da subito gli investitori istituzionali del calibro di Morley, Strategic Market Analysis, Moore, Plutus, Generali e Polygon, che già in fase di quotazione ("bookbuilding") avevano ridotto significativamente o cancellato gli ordini di acquisto.
Perché allora spingere il prezzo di quotazione? Le email sequestrate dagli inquirenti offrono qualche indicazione. "È vitale che davanti al prezzo ci sia un 6", scriveva il numero uno di Jp Morgan, Federico Imbert, a un suo collega, mentre il bookbuilding attraversava una fase critica. Jp Morgan, oltre alle commissioni per il collocamento, otterrà, cosa taciuta nel prospetto, anche il mandato dalla famiglia Moratti per gestire attraverso la sua filiale di private banking, i lauti proventi della quotazione.
Un altro banchiere di Jp Morgan, Emilio R. Saracho (probabilmente del private banking) svela in una email un ulteriore dettaglio: "Devi essere al corrente del fatto che abbiamo ottenuto 1,6 miliardi di euro, cioè da entrambi fratelli, ma uno dei due deve ripagare 500 milioni di debiti, e così quella parte non la vedremo per lungo tempo".
Sempre Imbert, il 14 marzo 2006, alza il sipario sui presunti interessi di Banca Intesa: "Parlato a lungo con Micciché di Intesa. È contento del lavoro fatto insieme su Saras e Intercos. È personalmente a disposizione per stimolare forza vendita specialmente su Saras. Chiede di informarlo se vediamo problemi o sgranature. Tiene ovviamente molto al successo data l´esposizione sua e di Passera con i Moratti. È stato da lui Galeazzo Pecori Giraldi di Morgan Stanley consigliando di non esagerare sul prezzo. Lui crede che lo faccia per invidia nei nostri confronti".
In un documento, poi, trovato presso la Jp Morgan, intitolato "Materiale di discussione", si spiega la scelta di affiancare un aumento di capitale, non necessario, alla vendita di titoli da parte della famiglia. Se così non fosse, "verrebbe evidenziata una scarsa propensione ad investire e si darebbe l´idea che la proprietà vuole solo fare cassa, prestando il fianco a critiche su altre iniziative (metti i soldi nell´inter)".
Quel titolo valeva tra 4 e 5 euro per azione. Invece le banche e la famiglia Moratti lo hanno piazzato sul mercato a 6 euro. E per farlo, secondo la ricostruzione del consulente tecnico della procura di Milano, Marco Honegger, non avrebbero pubblicato alcuni dati rilevanti nel prospetto informativo.
Che la quotazione di Saras, la società di raffinazione di Sarroch, non fosse stato un grande affare per il mercato, lo si era capito fin da subito, quando il giorno successivo alla quotazione, avvenuta il 18 maggio 2006, il titolo aveva perso oltre il 10 per cento del suo valore. Il consulente tecnico ha ricostruito in un documento di oltre 400 pagine i motivi di quella debacle. E ha ipotizzato che l´incasso della quotazione sia servito soprattutto a un ramo della famiglia, quello di Massimo Moratti, per far fronte ai debiti dell´inter. Con un contestuale danno per il mercato di 770 milioni.
Tutti, gli analisti, i banchieri e gli investitori istituzionali avevano capito, durante le varie tappe che hanno portato la Saras in Borsa, che quella valorizzazione era troppo elevata, eppure nessuno ha fatto nulla per correggere il tiro. Un dato è emerso chiaramente dall´analisi di Honegger: l´utile di gruppo, il principale indicatore su cui calcolare il valore della società, era "gonfiato". "Si è potuto riscontrare che l´informativa da Prospetto - scrive il consulente - non aveva evidenziato l´esistenza di una considerevole componente di utili non ricorrente nei dati storici, dati unici su cui basarsi per la decisione di investimento (quantomeno per il pubblico indistinto)".
La mancanza si riferisce all´utile 2005, pari a 292,6 milioni di euro. Una cifra riportata tale e quale nel prospetto, senza avvisare i risparmiatori che il dato era "gonfiato" da utili derivanti dalle scorte di magazzino. Dalla documentazione sequestrata dalla Guardia di Finanza presso Jp Morgan, una delle banche advisor per la quotazione, invece, emerge chiaramente che nei report su Saras redatti prima della quotazione, gli analisti, compresi quelli di Morgan Stanley e Caboto di Banca Intesa (gli altri due advisor dei Moratti) prendono in considerazione gli utili depurati ("comparable") per calcolare il valore delle società di raffinazione.
Gli unici a non farlo sono quelli di Jp Morgan. La stessa Saras, come sostiene il consulente, si accorge dell´errore e a partire dal comunicato stampa del 25 ottobre inizia a fornire i dati di utile relativi ai trimestri, così come lo richiede la prassi degli analisti. A febbraio 2007, in un altro comunicato, la società svela che l´utile netto rettificato per il 2005 è di 230 milioni di euro. Con questi profitti, il valore per azione di Saras sarebbe stato tra i 4,1 e i 5,1 euro e non tra i 5,25 e i 6,5 euro, come indicato nel prospetto.
Non vi è nessuna giustificazione di un prezzo di 6 euro nemmeno negli studi delle tre banche che hanno partecipato alla quotazione: "Sulla base delle valutazioni rettificate delle banche d´affari partecipanti all´operazione, il range avrebbe dovuto collocarsi tra i 4 e i 5 miliardi di euro (ossia tra i 4,4 e i 5,6 euro per azione); dunque inferiore di 700 milioni a quello definito in Prospetto Informativo", sostiene la consulenza.
Non è un caso, quindi, che le quotazioni di Saras, dal giorno dello sbarco in Borsa a oggi, si siano allineate ai valori stimati dagli analisti. Se n´erano accorti fin da subito gli investitori istituzionali del calibro di Morley, Strategic Market Analysis, Moore, Plutus, Generali e Polygon, che già in fase di quotazione ("bookbuilding") avevano ridotto significativamente o cancellato gli ordini di acquisto.
Perché allora spingere il prezzo di quotazione? Le email sequestrate dagli inquirenti offrono qualche indicazione. "È vitale che davanti al prezzo ci sia un 6", scriveva il numero uno di Jp Morgan, Federico Imbert, a un suo collega, mentre il bookbuilding attraversava una fase critica. Jp Morgan, oltre alle commissioni per il collocamento, otterrà, cosa taciuta nel prospetto, anche il mandato dalla famiglia Moratti per gestire attraverso la sua filiale di private banking, i lauti proventi della quotazione.
Un altro banchiere di Jp Morgan, Emilio R. Saracho (probabilmente del private banking) svela in una email un ulteriore dettaglio: "Devi essere al corrente del fatto che abbiamo ottenuto 1,6 miliardi di euro, cioè da entrambi fratelli, ma uno dei due deve ripagare 500 milioni di debiti, e così quella parte non la vedremo per lungo tempo".
Sempre Imbert, il 14 marzo 2006, alza il sipario sui presunti interessi di Banca Intesa: "Parlato a lungo con Micciché di Intesa. È contento del lavoro fatto insieme su Saras e Intercos. È personalmente a disposizione per stimolare forza vendita specialmente su Saras. Chiede di informarlo se vediamo problemi o sgranature. Tiene ovviamente molto al successo data l´esposizione sua e di Passera con i Moratti. È stato da lui Galeazzo Pecori Giraldi di Morgan Stanley consigliando di non esagerare sul prezzo. Lui crede che lo faccia per invidia nei nostri confronti".
In un documento, poi, trovato presso la Jp Morgan, intitolato "Materiale di discussione", si spiega la scelta di affiancare un aumento di capitale, non necessario, alla vendita di titoli da parte della famiglia. Se così non fosse, "verrebbe evidenziata una scarsa propensione ad investire e si darebbe l´idea che la proprietà vuole solo fare cassa, prestando il fianco a critiche su altre iniziative (metti i soldi nell´inter)".
Wednesday, May 28, 2008
CAMPIONI COL TRUCCO
LUCIANO MOGGI
Da Libero di mercoledì 28 Maggio
Da Libero di mercoledì 28 Maggio
La molta carne al fuoco presente sui giornali - l'attesa per l'Europeo, il calcio-mercato - ha fatto passare in secondo piano qualche interessante rivelazione. Si è detto poco di quanto ha rivelato Fabio Cannavaro a Sky sul suo periodo all'inter («gli anni più brutti della mia carriera») e sulla volontà pervicace della beneamata di liberarsi del capitano azzurro (alla faccia di chi blaterava su presunte pressioni che avrei fatto all'epoca per portarlo alla Juve). Cannavaro ha fatto "giustizia" di tante malelingue, raccontando del suo grave infortunio, della difficoltà ad allenarsi, quindi del suo recupero e della voglia di rimanere all'inter, che a dodici giorni dall'inizio del campionato si scontrò però con la decisione del club («la società mi disse "può darsi che cambi squadra". Alla fine andai alla Juve e feci 38 partite su 38»). Su questa vicenda, sulla quale si sono raccontate troppe favole, posso rivelare qualche particolare in più. Il sottoscritto, con Giraudo e Bettega, è riunito per la trattativa insieme a Branca, Oriali e Ghelfi. Arriva il medico sociale dei nerazzurri, Combi, e riferisce delle condizioni dell'allora portiere bianconero Carini, pedina di scambio nella trattativa. Secondo il medico, il portiere ha seri problemi al crociato anteriore. Ce n'è abbastanza per far saltare l'accordo, ma i dirigenti nerazzurri hanno così tanta fretta di liberarsi di Cannavaro che sorvolano sulle condizioni dell'uruguaiano. Questa è la verità. A proposito di "rivelazioni" mi piace ricordare una considerazione dettata alla rivista ufficiale dell'Uefa da Alex Ferguson. A detta del manager campione d'Europa in carica, la squadra più forte affrontata in Europa è la Juve di Lippi alla metà degli anni '90 ("una squadra che aveva talento e lavorava duro"). A tavolino le carte si possono cambiare, ma con la storia non si può scherzare. Si è parlato molte volte di una giustizia sportiva ballerina e con regole non uniformi. Un caso lo conferma pienamente e sono curioso di sapere che cosa ne pensa il super-procuratore Palazzi. Succede, dunque, che il club di Promozione veneta "Sona Mazza" vinca il proprio campionato. A torneo chiuso si scopre che la squadra ha utilizzato per 8 partite un giocatore già tesserato per altro club. La procura deferisce l'interessato alla commissione disciplinare. Quest'ultima infligge 5 turni di squalifica al giocatore, 5 mesi di inibizione ai dirigenti e dà 8 punti di penalità alla squadra da scontare nella prossima stagione. La Sona Mazza si tiene il campionato vinto. Mi rivolgo al superprocuratore e al presidente Abete: di grazia, quali sono le regole, dov'è l'uniformità? E dire che Calciopoli è finita come è finita nonostante le dichiarazioni del presidente della Corte Federale, Piero Sandulli («Nessun illecito riconosciuto. L'unico dubbio è Lecce-Parma» disse a suo tempo). Così il designatore Collina a "Radio anch'io": «Gli arbitri devono avere diritto di sbagliare senza che i loro errori vengano interpretati». Giusto, ma prima Collina deve rispondere a due domande. 1) Il diritto all'errore è valido anche quando le sviste vanno in un'unica direzione, seguendo l'antico criterio della sudditanza psicologica? 2) Se oggi gli errori non vanno interpretati, perchè ai miei tempi era consentito parlare di complotti? Ultima riflessione. Dice Collina: «E' stato un campionato estremamente equilibrato». Vero. Di sicuro, però, non è stato un campionato estremamente regolare. Per informazioni rivolgersi alla Roma...
Sunday, April 06, 2008
SOLO ACCUSE-FARSA: MOGGI RESTA CON NOI
VITTORIO FELTRI
Da Libero di venerdì 4 Aprile 2008
Ogni tanto qualcuno (tifoso dell'inter o del Milan) mi dice a muso duro: tu sei juventino. Rispondo: mai stato. Non sono tifoso. Il tifo è una malattia orrenda che uccise tanta gente della mia generazione. L'ho evitato e non vado a cercarmelo ora in età pensionabile. Mi piace il calcio, questo sì. Amo la squadra della mia città, l'Atalanta. E amo l'Albinoleffe perché è un miracolo e mi dà l'idea che lo sport esista ancora. Tra le grandi preferisco la Fiorentina, che seguo da quando ero bambino. Obiezione: perché allora voi di Libero avete assunto come collaboratore Luciano Moggi, personaggio centrale di Calciopoli? Rispondo: Calciopoli è una buffonata, l'ho percepito fin dal primo momento. E Moggi, che s'intende di pallone più di chiunque altro, è innocente fino a prova contraria. Non è stato condannato. Contro di lui solamente pettegolezzi, intercettazioni telefoniche che non dimostrano un'acca. Non ha corrotto nessuno. Nessun movimento di soldi sui conti correnti. Ha regalato schede telefoniche ad alcuni arbitri: capirai che sacrificio. Fosse un reato, chi donò orologi d'oro (Rolex) ad altri arbitri doveva essere impiccato nella pubblica piazza; invece nessuno gli torse un capello. Queste cose le ho sempre dette e continuo a ripeterle. Molte conferme che ho ragione a stare con Moggi arrivano ogni dì. A suo carico sono stati avviati tre processi. Uno a Torino per falso in bilancio. Accusa ridicola. Luciano non ha mai avuto responsabilità gestionali e amministrative. Uno a Napoli, e non è ancora cominciato. Uno a Roma, ed è in corso. Moggi è imputato quale socio occulto della Gea (di suo figlio ed altri). Dal dibattimento non è saltato fuori nulla di concreto. Solo chiacchiere. Ho sentito questo e quest'altro. Non una testimonianza diretta, una circostanza accertata, un fatterello con qualche rilevanza penale. Miccoli, davanti al giudice, afferma di avere avuto la sensazione di non essere benvoluto da Moggi perché non iscritto negli elenchi dei giocatori Gea. Avete letto bene: sensazione. Basata su? Miccoli fu acquistato dalla Juve e si presentò a Torino con orecchini, diamante sui denti, Che Guevara pittato sulle gambe. E il direttore sportivo lo richiamò: qui siamo alla Juventus, non al Leoncavallo. Poi Miccoli fu ceduto in comproprietà alla Fiorentina dove si comportò talmente da campione che al termine della stagione fu rispedito al mittente, riscattato da don Luciano a meno di metà del prezzo incassato alcuni mesi prima. Breve permanenza e prestito al Benfica. Come mai? Nel frattempo la Juve si era comprata un certo Ibrahimovic, un po' più bravo - dicono - del simpatico nanetto leccese devoto del Che. Il quale nanetto da tutto ciò ricavò appunto la sensazione di essere sgradito al presunto Mammasantissima papà del picciotto della Gea. Qualsiasi società vende calciatori e ne acquista nel tentativo di migliorare la rosa. Da notare che Miccoli gioca (raramente) nel Palermo, non nel Real Madrid. Il raccontino offertovi è una prova? C'è ancora materiale. L'in chiesta romana si articola su intercettazioni telefoniche insignificanti, su dichiarazioni di Baldini (ds della Roma) e indagini della Guardia di Finanza coordinate dal maggiore Auricchio. Il primo viene interrogato in aula. Conosce Auricchio? Mah, sì, forse l'ho visto una volta, però... Insomma balbetta. L'indomani, tocca deporre ad Auricchio. Il quale dopo tre ore ammette di avere avuto rapporti (non sessuali, per carità) con Baldini. Gli avvocati di Moggi meditano di far partire la richiesta di appioppare la falsa testimonianza allo smemorato. Ora anche uno sprovveduto comprende che si procede a tentoni contro un uomo, Moggi, il quale nel calcio era un padreterno e suscitava invidie, quindi risentimenti. Peccato per i lapidatori che fin qui non sia emerso un fatto, lo straccio di un elemento probatorio. Immagino le conclusioni. Il Mostro sarà assolto, intanto però anziché fare il suo mestiere con la perizia che tutti gli riconoscono (inclusi i detrattori) è costretto per ammazzare il tempo a collaborare con Libero. E io mi dovrei giustificare perché mi avvalgo della sua penna? Ma andate a scopare il mare.
Thursday, April 03, 2008
ZAC E IL 5 MAGGIO
Da "Il Giornale" di sabato 29 Marzo 2008
di Franco Ordine
Scusi, Zaccheroni, c’è Lazio-inter: sente odore di 5 maggio?
«No, quella fu un’altra storia, oltre che un’altra partita».
Si spieghi meglio...
«Prima differenza: il martedì precedente la società annunciò ufficialmente l’arrivo del nuovo allenatore, Roberto Mancini. Seconda differenza: avevamo mancato la corsa alla Champions arrivando a meno 2 dal Milan, perdendo la sfida decisiva di Bologna».
Ci fu altro?
«Presto cominciarono le pressioni della piazza laziale, il tam tam delle radio, seguirono le minacce, in qualche caso suggerimenti tipo “tirate sui tabelloni pubblicitari”. Di fatto dovetti registrare molte defezioni».
E lei, caro Zac, come se la sbrigò?
«Puntai su quelli che non si tirarono indietro, gente come Stam, per esempio, Giannichedda, Stankovic».
Come maturò il famoso ribaltone?
«Decisivi furono due fattori: 1) l’impreparazione psicologica dell’inter a gestire una difficoltà. Erano convinti d’aver già vinto, i tifosi avevano passato il pomeriggio a cucire le rispettive sciarpe. In quei giorni sentii commenti acidi, tipo quello di Lippi il quale disse: “Mi viene il mal di stomaco a leggere certe cose”. 2) I fischi del tifo laziale contro Poborski che veniva considerato un elemento a rischio in quanto connazionale e perciò amico di Nedved. Il ragazzo, nel sottopassaggio, appena sentì i fischi, se la prese così tanto da risultare poi uno dei più motivati. E infatti, firmati i due gol, andò sotto la curva laziale a gridare “bastardi”».
Nessuno dell’inter reagì: perché?
«Io ero lì, in panchina, c’era un silenzio di tomba tra i giocatori dell’inter. Solo alla fine ci fu il siparietto tra Materazzi e Cesar, niente di speciale. Materazzi ricordò il favore fatto ai laziali l’anno di Perugia-Juventus e Cesar, appena arrivato a Roma, all’oscuro dell’episodio, reagì in modo disincantato. Gli disse: “Ma cosa vuoi da me?”».
Delio Rossi ha dichiarato: io vedo lo scudetto all’inter...
«Deve rispondere così, i tifosi della Lazio sono fatti in un certo modo. Piuttosto che assistere alle feste per lo scudetto della Roma, passerebbero sopra la sconfitta della loro squadra contro l’inter. Il 5 maggio sognavano di costringere la Roma a disputare il turno preliminare di Champions e invece fu l’inter ad arrivare terza».
C’è qualche analogia tra l’inter di allora e quella attuale?
«Allora ci fu un problema di testa, erano convinti d’avere lo scudetto in tasca e alle prime difficoltà andarono nel pallone. Questa volta mi pare che ai problemi di testa si siano aggiunti quelli fisici. Dopo il Liverpool è avvenuto un cortocircuito. La squadra che possedeva una dose industriale di autostima ha cominciato a vacillare, a pensare di non essere più imbattibile. C’era un tempo in cui bastava loro spingere sull’acceleratore per 10 minuti per vincere le partite. Quella forza e quella convinzione sono sparite, dopo la notte col Liverpool».
Eppure si tratta di quella che viene considerata l’armata del nostro calcio...
«Non sono così sicuro che l’inter abbia il gruppo più forte del torneo. La sua era una forza fisica, muscolare. Perso lo smalto fisico a causa anche degli infortuni, è venuta meno la sua qualità migliore».
Mentre la Roma...
«La Roma rende se è concentrata e vince se gioca in velocità. Appena pensa di gestire, come è accaduto a San Siro nella sfida con l’inter, si è lasciata rimontare. Devono andare al massimo ma hanno la Champions. E ho l’impressione che sentano questo il palcoscenico dove possono stupire».
di Franco Ordine
Scusi, Zaccheroni, c’è Lazio-inter: sente odore di 5 maggio?
«No, quella fu un’altra storia, oltre che un’altra partita».
Si spieghi meglio...
«Prima differenza: il martedì precedente la società annunciò ufficialmente l’arrivo del nuovo allenatore, Roberto Mancini. Seconda differenza: avevamo mancato la corsa alla Champions arrivando a meno 2 dal Milan, perdendo la sfida decisiva di Bologna».
Ci fu altro?
«Presto cominciarono le pressioni della piazza laziale, il tam tam delle radio, seguirono le minacce, in qualche caso suggerimenti tipo “tirate sui tabelloni pubblicitari”. Di fatto dovetti registrare molte defezioni».
E lei, caro Zac, come se la sbrigò?
«Puntai su quelli che non si tirarono indietro, gente come Stam, per esempio, Giannichedda, Stankovic».
Come maturò il famoso ribaltone?
«Decisivi furono due fattori: 1) l’impreparazione psicologica dell’inter a gestire una difficoltà. Erano convinti d’aver già vinto, i tifosi avevano passato il pomeriggio a cucire le rispettive sciarpe. In quei giorni sentii commenti acidi, tipo quello di Lippi il quale disse: “Mi viene il mal di stomaco a leggere certe cose”. 2) I fischi del tifo laziale contro Poborski che veniva considerato un elemento a rischio in quanto connazionale e perciò amico di Nedved. Il ragazzo, nel sottopassaggio, appena sentì i fischi, se la prese così tanto da risultare poi uno dei più motivati. E infatti, firmati i due gol, andò sotto la curva laziale a gridare “bastardi”».
Nessuno dell’inter reagì: perché?
«Io ero lì, in panchina, c’era un silenzio di tomba tra i giocatori dell’inter. Solo alla fine ci fu il siparietto tra Materazzi e Cesar, niente di speciale. Materazzi ricordò il favore fatto ai laziali l’anno di Perugia-Juventus e Cesar, appena arrivato a Roma, all’oscuro dell’episodio, reagì in modo disincantato. Gli disse: “Ma cosa vuoi da me?”».
Delio Rossi ha dichiarato: io vedo lo scudetto all’inter...
«Deve rispondere così, i tifosi della Lazio sono fatti in un certo modo. Piuttosto che assistere alle feste per lo scudetto della Roma, passerebbero sopra la sconfitta della loro squadra contro l’inter. Il 5 maggio sognavano di costringere la Roma a disputare il turno preliminare di Champions e invece fu l’inter ad arrivare terza».
C’è qualche analogia tra l’inter di allora e quella attuale?
«Allora ci fu un problema di testa, erano convinti d’avere lo scudetto in tasca e alle prime difficoltà andarono nel pallone. Questa volta mi pare che ai problemi di testa si siano aggiunti quelli fisici. Dopo il Liverpool è avvenuto un cortocircuito. La squadra che possedeva una dose industriale di autostima ha cominciato a vacillare, a pensare di non essere più imbattibile. C’era un tempo in cui bastava loro spingere sull’acceleratore per 10 minuti per vincere le partite. Quella forza e quella convinzione sono sparite, dopo la notte col Liverpool».
Eppure si tratta di quella che viene considerata l’armata del nostro calcio...
«Non sono così sicuro che l’inter abbia il gruppo più forte del torneo. La sua era una forza fisica, muscolare. Perso lo smalto fisico a causa anche degli infortuni, è venuta meno la sua qualità migliore».
Mentre la Roma...
«La Roma rende se è concentrata e vince se gioca in velocità. Appena pensa di gestire, come è accaduto a San Siro nella sfida con l’inter, si è lasciata rimontare. Devono andare al massimo ma hanno la Champions. E ho l’impressione che sentano questo il palcoscenico dove possono stupire».
Sunday, March 30, 2008
DELIO ROSSI E LA MOVIOLA DI LAZIO-inter
Nell’intervista del dopo partita il moviolista di Rai1 Sport fa vedere a Delio Rossi alcuni episodi nell’area dell’inter:
Moviolista: Chivu prende il pallone ma prende anche il piede destro di Beherami e secondo me qua ci poteva stare il calcio di rigore.
Rossi: (sarcastico) c’abbiamo solo questo?
M: questo è uno, le facciamo vedere anche l’altro.
R: no perché se li andiamo ad analizzare uno alla volta….
M: no no facciamo prima, le facciamo vedere anche il secondo che riguarda Beherami poi lei ci dà un giudizio.
M: nel secondo tempo c’è un contrasto di Maicon su Beherami… anche questo è fallo, però avviene fuori area, quindi qui era calcio di punizione che però Rosetti non ha concesso...
M: prego Rossi…
R: (ironico) è finito…?
M: (risatine) se lei ne ha altri li andiamo a prendere….
R: (beffardo) no, ve lo chiedo a voi…
M: abbiamo finito per quanto ci riguarda. Lei invece ci dica che cosa ne pensa dell’arbitraggio di Rosetti.
R: (mordendosi la lingua fino a farla sanguinare) allora, per me la partita è finita al 90° anche se poi le partite sono decise dagli episodi, soprattutto quando c’è molto equilibrio… Il primo intervento è rigore… il primo è rigore e il secondo è punizione. Molto probabilmente però l’arbitro ha valutato in maniera diversa, quindi dobbiamo accettare il verdetto del campo...
Moviolista: Chivu prende il pallone ma prende anche il piede destro di Beherami e secondo me qua ci poteva stare il calcio di rigore.
Rossi: (sarcastico) c’abbiamo solo questo?
M: questo è uno, le facciamo vedere anche l’altro.
R: no perché se li andiamo ad analizzare uno alla volta….
M: no no facciamo prima, le facciamo vedere anche il secondo che riguarda Beherami poi lei ci dà un giudizio.
M: nel secondo tempo c’è un contrasto di Maicon su Beherami… anche questo è fallo, però avviene fuori area, quindi qui era calcio di punizione che però Rosetti non ha concesso...
M: prego Rossi…
R: (ironico) è finito…?
M: (risatine) se lei ne ha altri li andiamo a prendere….
R: (beffardo) no, ve lo chiedo a voi…
M: abbiamo finito per quanto ci riguarda. Lei invece ci dica che cosa ne pensa dell’arbitraggio di Rosetti.
R: (mordendosi la lingua fino a farla sanguinare) allora, per me la partita è finita al 90° anche se poi le partite sono decise dagli episodi, soprattutto quando c’è molto equilibrio… Il primo intervento è rigore… il primo è rigore e il secondo è punizione. Molto probabilmente però l’arbitro ha valutato in maniera diversa, quindi dobbiamo accettare il verdetto del campo...
Saturday, March 08, 2008
IL VIZIETTO
PAOLO CARTA
Da L'UNIONE SARDA
di venerdì 7 Marzo 2008
CASTIADAS. Sotto la piscina, a 55 metri dal mare, praticamente sulla spiaggia, una costruzione di 520 metri quadrati, alta due metri e 60, probabilmente da adibire a piano bar, ritrovo notturno ben lontano dalle stanze dell’albergo. Non era prevista nel piano di ristrutturazione e ampliamento dell’hotel Villa Rey, lungo il litorale di Castiadas, ma era strategicamente importante nei piani dei titolari della struttura turistica.
Così l’ordine è arrivato all’impresa edile che ha eseguito: costruita, poi nascosta con un muro e quindi addirittura sotterrata sotto metri di sabbia. A scoprirla sono stati gli esperti del nucleo investigativo del Corpo Forestale, incaricati dal magistrato della Procura di Cagliari, Andrea Massidda, di effettuare i controlli nella proprietà della società Due Palme di Roma, dietro la quale c’è Roberto Mancini, allenatore dell’inter e prossimo imprenditore turistico nel Sud Sardegna.
LE DENUNCE. Immediatamente sono scattati i sigilli e le denunce per l’amministratore delegato della società Due Palme, l’avvocato Stefano Gagliardi di Roma, per l’architetto progettista, Marianna Gagliardi, per il direttore dei lavori, l’ingegnere cagliaritano Luigi Giglio, e per il titolare dell’impresa costruttrice, Cenzo Zaccheddu, imprenditore edile di Selargius.
Sono accusati di aver realizzato abusivamente la struttura (1400 metri cubi), in una zona vincolata da tutela integrale, vista la vicinanza dalla spiaggia. Rischiano sino a centomila euro di multa, sino a 4 anni di carcere, oltre alla demolizione della struttura e al ripristino dei luoghi.
LA CUBATURA. Non è l’unica irregolarità riscontrata nell’albergo di Roberto Mancini. In particolare, un’altra struttura nel corpo centrale dell’hotel, che avrebbe dovuto essere sotterrata, è risultata avere finestre ed essere situata al di sopra del livello del terreno. Il controllo non è stato casuale. Ad innescarlo era stato un esposto degli ambientalisti Del Gruppo di Intervento Giuridico, guidati da Stefano Deliperi, che contestava la concessione dell’aumento di volumetria.
L’ITER. Procedura rocambolesca, ma regolare, stando a quanto ricostruito dal Corpo forestale. La società Due Palme aveva presentato il progetto di ristrutturazione e ampliamento al Comune di Castiadas nel 2005 e l’amministrazione aveva inoltrato gli atti alla Regione. Qui l’ufficio tutela del paesaggio aveva annunciato un no all’aumento di volumetria del 25 per cento rispetto all’esistente rudere sulla spiaggia. Ma la comunicazione ufficiale non era arrivata nei termini di legge, così la società Due Palme si era rivolta in surroga alla Sovrintendenza ai beni ambientali che aveva dato via libera senza tenere in considerazione il parere negativo dell’ufficioper la tutela del paesaggio. La licenza edilizia era stata firmata dal Comune di Castiadas, guidato all’ora dal sindaco Eugenio Murgioni (consigliere regionale di Fortza Paris), il 24 maggio del 2006. Il giorno prima dell’entrata in vigore del piano paesistico regionale che avrebbe bloccato tutto.
Wednesday, February 06, 2008
SIR FABIO: ESORDIO VINCENTE DA CT DELLA NAZIONALE INGLESE
LONDRA, 6 feb - Esordio vincente di Fabio Capello sulla panchina dell'Inghilterra, che si e' imposta per 2-1 sulla Svizzera in un'amichevole a Wembley. Padroni di casa in vantaggio con Jenas al 40'. Nella ripresa pareggia Derdiyok al 58'. Quattro minuti dopo, la rete decisiva di Wright-Phillips.
By the way… sentite che cosa ha detto Ibra di Fabio Capello in una recentissima intervista a Skysports.com: “È un leader, è unico, e l’ho imparato quando ho lavorato con lui. Non ho dubbi sul fatto che avrà successo in Inghilterra. Può sembrare uno duro, ma ha sempre il rispetto dei giocatori. Parla individualmente con chiarezza; alcuni giocatori lo hanno soprannominato ‘lo psicologo’... ”.
By the way… sentite che cosa ha detto Ibra di Fabio Capello in una recentissima intervista a Skysports.com: “È un leader, è unico, e l’ho imparato quando ho lavorato con lui. Non ho dubbi sul fatto che avrà successo in Inghilterra. Può sembrare uno duro, ma ha sempre il rispetto dei giocatori. Parla individualmente con chiarezza; alcuni giocatori lo hanno soprannominato ‘lo psicologo’... ”.
Thursday, January 10, 2008
UN RAGAZZO ONESTO
Il Juventus di sinistra internazionale francese per l'Arsenale in 1999 dopo non essere riuscito a depositarsi dentro completamente ed incolpato di l'ex direttore di Juventus la sua uscita.
"quando sono venuto a Juve ho avuto un problema con la mia parte posteriore. Tuttavia, ho desiderato giocare immediatamente," Henry ha cominciato, parlando al Cielo Italia.
"quando [ Carlo ] Ancelotti ha stato bene al responsabile ho cominciato a giocare tutti i giochi. All'inizio, ci non era molto da gridare circa, ma dopo il gioco contro Roma, ho cominciato a notare e girare negli aiuti.
"allora qualcosa è accaduto con Moggi che non ho gradito - non desidero entrare nei particolari.
"il mio carattere ha uscito perché sono un ragazzo onesto e, per me, era un caso di mancanza di rispetto.
"se quello non fosse accaduto, probabilmente avrebbero continuato a giocare per Juventus. Ma dopo questa mancanza di rispetto ho detto loro che non desiderassi giocare là più e così io a sinistra.
Il percussore inoltre ha caduto un suggerimento che non stava bene a Barcellona come probabilmente avrebbe sperato, elogiante i suoi giorni dell'Arsenale.
"non importa come le cose risolvono con il mio nuovo randello," lui ha aggiunto. "non troverò mai parzialmente lo stesso affetto che sono stato indicato all'Arsenale, perché penso che non giocherò mai per un altro squad per otto anni - i miei piedini non lo lasceranno.
"a gioco per l'Arsenale per otto anni, vincere o perdere a Highbury, la gioia, la tristezza, tutto era semplicemente incredibile.
"rinviate spesso al posto che appartenete e, pertanto, spero un giorno per potere funzionare con il randello.
"ho il randello nella mia anima - seguo sempre l'Arsenale quando giocano e sono felice quando vincono.
"sono fiero giocare per l'Arsenale ed essere un ventilatore. Prima che non sostenga alcun randello, ma ora sono un ventilatore dell'Arsenale ed è difficile affinchè me non segua i fiammiferi."
Quello detto, sarà le sue osservazioni circa il Moggi molto-malignato su che colpirà i titoli.
"quando sono venuto a Juve ho avuto un problema con la mia parte posteriore. Tuttavia, ho desiderato giocare immediatamente," Henry ha cominciato, parlando al Cielo Italia.
"quando [ Carlo ] Ancelotti ha stato bene al responsabile ho cominciato a giocare tutti i giochi. All'inizio, ci non era molto da gridare circa, ma dopo il gioco contro Roma, ho cominciato a notare e girare negli aiuti.
"allora qualcosa è accaduto con Moggi che non ho gradito - non desidero entrare nei particolari.
"il mio carattere ha uscito perché sono un ragazzo onesto e, per me, era un caso di mancanza di rispetto.
"se quello non fosse accaduto, probabilmente avrebbero continuato a giocare per Juventus. Ma dopo questa mancanza di rispetto ho detto loro che non desiderassi giocare là più e così io a sinistra.
Il percussore inoltre ha caduto un suggerimento che non stava bene a Barcellona come probabilmente avrebbe sperato, elogiante i suoi giorni dell'Arsenale.
"non importa come le cose risolvono con il mio nuovo randello," lui ha aggiunto. "non troverò mai parzialmente lo stesso affetto che sono stato indicato all'Arsenale, perché penso che non giocherò mai per un altro squad per otto anni - i miei piedini non lo lasceranno.
"a gioco per l'Arsenale per otto anni, vincere o perdere a Highbury, la gioia, la tristezza, tutto era semplicemente incredibile.
"rinviate spesso al posto che appartenete e, pertanto, spero un giorno per potere funzionare con il randello.
"ho il randello nella mia anima - seguo sempre l'Arsenale quando giocano e sono felice quando vincono.
"sono fiero giocare per l'Arsenale ed essere un ventilatore. Prima che non sostenga alcun randello, ma ora sono un ventilatore dell'Arsenale ed è difficile affinchè me non segua i fiammiferi."
Quello detto, sarà le sue osservazioni circa il Moggi molto-malignato su che colpirà i titoli.
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