Wednesday, August 08, 2007

DA SEMPRE CONTRO MA SENZA VIOLENZA

L'INTERVISTA
DI GIANFRANCO TEOTINO
Da Tuttosport di martedì 7 Agosto 2007

Moratti, ci siamo. Domani c’è il primo incrocio pericoloso. inter-Juventus a Napoli, trofeo Mo­retti, una birra per aperitivo.

«Calcio d’agosto, non conta: ci fu anche l’anno scorso, in un’estate ben più pro­blematica di questa. Nessuno se lo ricor­da più. Né quel triangolare, né quello di Milano con tanto di Milan. L’appunta­mento vero è quello di campionato».

Eppure in giro si sente già un po’ di preoccupazione. C’è chi pensa che nella rivalità fra le due tifoserie oggi ci sia qualcosa di patologico.

«Patologico? Beh, è da sempre una ri­valità patologica, sportivamente parlan­do. Patologia sana, se si può dire. Da non confondere con la fortissima contrappo­sizione dovuta ai fatti che sono successi e che ha messo in ulteriore conflitto le due tifoserie. Ma una rivalità sportiva particolare c’è sempre stata e sempre ci sarà. Non si può far finta di niente ed è giusto così».

Però faceva una certa impressione sentire i cori del popolo bianconero a Pinzolo. Erano molti di più quelli con­tro l’inter che quelli per incitare i propri beniamini. E contro il Milan niente.

«Ma il Milan non è mai stato antipatico al mondo Juve. Sì, certo, in campo c’è antagonismo, le squadre cercano di su­perarsi, è ovvio, ma fuori... Le due so­cietà vanno a braccetto da sempre. Fra inter e Juventus invece questo odio, no, non parliamo di odio, diciamo questa fondamentale contrapposizione ideolo­gica è nella storia. Anche se con mag­giore o minore intensità a seconda delle epoche. E mai si potrà cancellare. Basta che non sfoci in violenze, reali o anche solo verbali».

E allora mi dia una sua definizione di questa sfi­da... epocale. inter-Ju­ventus che cos’è?

« inter-Juventus è il calcio italiano. E’ tutto: i ricordi, le emozioni, le ansie, le gioie, i dolori, le rabbie, le commozioni. inter- Juven­tus è fascino e spettacolo. E’ il derby d’Italia. E’ l’incro­cio che risveglia la passione per il calcio ».

Con questo caleidosco­pio di sentimenti, è evi­dente che ha ragione Co­bolli Gigli: meglio che i presidenti la vedano a distanza di sicurezza...

« Ah già, mi ero dimenticato di quella provocazione, nel calcio si gira pagina così in fretta... Alla larga da Mo­ratti, disse. Una battuta che qualcuno qui all'inter non ha gradito, ma io l'ho capita. A volte si è obbliga­ti a fare battute. Cobolli vo­leva farsi riconoscere, mo­strare ai tifosi la sua juven­tinità, risvegliare l'orgoglio della gente bianconera. An­che se, forse, con questo cli­ma non ce n'era molto biso­gno ».

Poi però Cobolli si è se­duto accanto al suo am­ministratore delegato Paolillo durante il sor­teggio del campionato. Un gesto distensivo. E comunque anche lei ha detto che non gli si met­terà mai accanto duran­te una partita.

« Certo. Guardi che quello che fanno in Spagna a me non piace proprio. Come si fa a restare impalati, gelidi quando i tuoi stanno gio­cando una partita, qualsia­si partita? Io voglio, devo poter soffrire, esultare, so­gnare, esaltarmi, sbracciar­mi. Secondo me, neppure i presidenti spagnoli amano questa abitudine, vedrà che presto l’abbandoneranno pure loro ».

Cobolli fece un’altra bat­tuta: separati allo sta­dio, cordiali fuori; in fondo Moratti come me è un padre di famiglia, an­che se di una famiglia un po’ troppo interista.

«Ecco, questa battuta mi è piaciuta di più. Simpatica. Stimo Cobolli, sta vivendo la sua avventura biancone­ra con grande passione. Purtroppo, anche lui ha una famiglia troppo juventina per i miei gusti ».

A proposito di stadio e di partite: da quanto tempo non va a vedere una Juventus- inter a To­rino?

« Da una vita ».

Colpa della Triade?

«C’era troppa tensione. An­darci era considerato quasi una provocazione. Non vo­levo partecipare a questo gioco al massacro. Diciamo che ho evitato di eccitare ul­teriormente gli animi. La vedevo su Sky ».

Quest’anno potrebbe es­sere la volta buona per il grande ritorno.

« Vedremo. Sa, io seguo poco la squadra fuori casa. E per abitudine decido sempre la mattina stessa. Certo, ora il clima a livello di dirigenti si è stemperato. Dipende un po’ da come ci si arriva. Ma non c’è più nessuna preclu­sione ».

Quindi anche lei ritiene che la Juve sia cambiata in modo sostanziale.

« Eh, sì. Mi sembra proprio che ci sia stato un muta­mento netto. Non solo di persone. C’è maggiore sim­patia, maggiore pacatezza di comportamenti. Il cam­bio di sostanza è evidente a tutti. Ma io vedo dei pro­gressi anche nella comuni­cazione, a parte qualche sbavatura. C’è meno arro­ganza, più ricerca di con­senso ».

I dirigenti sono diversi, ma i tifosi bianconeri so­no gli stessi di prima. E restano convinti, come del resto anche Tutto­sport, che la Juventus abbia pagato troppo e l’inter troppo poco ri­spetto a tutto quanto ac­caduto negli ultimi anni. Lei che ne pensa?

« Io penso esattamente l’op­posto di quando dicono i tifosi bianconeri e Tutto­sport.

In quanto alla Juve, hanno deciso i giudici, ma se non ricordo male le ri­chieste iniziali erano state ben più pesanti. Tanto che il loro avvocato ha dovuto lui chiedere alla corte la re­trocessione in B con pena­lizzazione. Capisco che que­sta cosa i tifosi juventini non l’accettino, ma poteva andare peggio ».

Poteva o doveva, secon­do lei?

« Guardi, lasciamo perdere. Diciamo che è stato un bene per il campionato che que­st’anno ritrova una grande protagonista ».

E l’inter?

« L’inter cosa? ».

Troppo poco punita?

« L’inter con Calciopoli non c’entra e non c’è mai entra­ta. Per quanto riguarda al­tre vicende, è stata giudica­ta e ha pagato, sempre che fosse colpevole ».

Pagato poco, secondo il giudizio di molti osser­vatori. Prendiamo il ca­so Recoba. C’è stato un patteggiamento e...

« . .. e Recoba è stato squalifi­cato. Recoba che in quel pe­riodo per noi era un gioca­tore importante. Il patteg­giamento rientra nelle pos­sibilità giuridiche. Oriali ha patteggiato. E tre gradi di giustizia sportiva e un gra­do di giustizia ordinaria hanno stabilito che la so­cietà inter non era respon­sabile di niente. E poi guar­di: negli anni scorsi, le so­cietà che hanno pasticciato con i passaporti saranno state ventisette. E invece ci si ricorda solo dell’inter. Anche questo fa un po’ ri­dere ».

Parliamo di plusvalenze e bilanci falsi, allora. O dei giocatori spiati.

« No, di queste cose non par­liamo proprio. Sono que­stioni ancora all’attenzione della magistratura e sareb­be poco elegante da parte mia entrare nel merito. Ma sono assolutamente tran­quillo ».

Torniamo a Calciopoli. I tifosi della Juve, e Tutto­sport, e molti osservatori sono convinti che la Ju­ve abbia pagato troppo più di Milan, Lazio e Fio­rentina, insomma delle altre squadre coinvolte.

« Mah, non so. E’ difficile di­re. Ma se ha pagato di più è perché il gruppo Moggi te­neva in mano le redini del discorso ».

Moggi. Ma se lo incontra per strada, lo saluta?

« Massì che lo saluto ».

Sedersi vicino allo sta­dio neanche parlarne...

« No, ma perché allo stadio io ho sempre bisogno di ave­re accanto un figlio su cui scaricare i miei malumori ».

Restando a Calciopoli, non pensa che il calcio italiano ne sia uscito male?

« Ne è uscito, è già qualcosa. Anzi, ne sta uscendo ».

Non sono cambiate mol­te persone.

« Ne sono cambiate abba­stanza. E soprattutto sono resuscitate le speranze di un calcio pulito. Certo, preoccupa il desiderio degli esclusi di tornare a contare qualcosa. E speriamo che il settore arbitrale non risen­ta da un punto di vista fisi­co e mentale di quanto che è successo. E’ quello che il pubblico si aspetta e spera ».

Parole prudenti, ma gli arbitri sono quasi tutti gli stessi di prima.

« Sì, ma hanno preso una botta che può servire anche a loro. Devono riuscire a far capire ai tifosi - e anche a me - perché sono ancora lì. Mi rendo conto che non era possibile colpevolizzare tut­ti, però... Comunque, ho grande fiducia in Collina: ha una personalità tale da far pensare che questa maggiore attenzione ai comportamenti ci sarà ».

Anche in Federcalcio non c’è stato un gran ri­cambio.

« Abete sta facendo bene. Certo, ci sarebbe bisogno di un salto generazionale. Co­me in tutti i settori della vi­ta italiana. L’industria lo ha capito, la politica un po’ me­no. Il calcio penso che se ne stia rendendo conto. Ci vo­gliono teste nuove in grado di comprendere e interpre­tare le nuove realtà ».

Gente come Matarrese...

« Un momento di passaggio, una scelta d’emergenza per non sfasciare tutto ».

Già. Quelli erano giorni tesi. Giorni in cui vi fu attribuito lo scudetto della Juve. Mai pentito di averlo accettato?

« Mai. Non ho mai conside­rato questa scelta una ri­picca o uno sgarbo alla nuo­va Juve. Ma un fatto nor­male. Giusto. Le dirò di più: una cosa di prestigio ».

Magari pensa che avreb­be avuto il diritto di ot­tenerne anche altri a ta­volino.

« Beh, il diritto no. Ma certo mi è venuto di pensare che dal ’ 95 in poi qualcosa di più poteva capitare, certi campionati potevano finire diversamente ».

Guardiamo avanti. Ciak, si gioca. L’inter domani è a Napoli, poi in Olanda, poi il trofeo Tim. Test importan­ti. Anche se forse non per lei, visto che snobba il cal­cio d’agosto.

« Scusi, ma lei si ricorda qual­che risultato d’agosto dell’an­no scorso o di due anni fa? No, il calcio d’agosto conta soltanto per gli allenatori che devono fare esperimenti. E’ un laboratorio. L’unica cosa è che magari sarebbe meglio evitare le brutte figure ».

Qualcuna l’avete fatta: tre sconfitte e una vittoria in Inghilterra. Che cosa pesa di più?

« Per gli interisti naturalmen­te pesa di più la vittoria a Manchester, contro una di­retta avversaria di Cham­pions. Poi è chiaro che perde­re non piace mai. Ma le altre squadre erano più avanti in condizione ».

Però l’inter, anche mentre dominava l’ultimo campio­nato, in Europa zoppicava sempre. Avete un proble­ma, un complesso?

« No, nessun complesso. Sem­mai un po’ di lentezza nel ca­pire che in Europa non si può sbagliare neppure l’approccio alla partita. E poi, quest’e­state, magari ci sarebbe capi­tato di perdere anche con squadre italiane ».

La seccherebbe molto una sconfitta domani contro la Juve?

« La prova della verità, lo ri­peto, sarà la sfida in campio­nato ».

Con Ibrahimovic e Vieira in maglia nerazzurra, altro elemento di rabbia per il tifoso juventino.

« Due grandi campioni. Li ab­biamo voluti a tutti i costi. E non è che abbiamo vinto il campionato per un pelo. Sì, magari sarebbe andata di­versamente senza di loro, perché Ibra è davvero un fe­nomeno. Però non credo. Co­munque non li abbiamo presi per rubarli alla Juve. Li avremmo cercati anche se giocavano nel Barcellona o nel Chelsea, che considero le due più grandi squadre d’Eu­ropa ».

Cobolli dixit: mai più affari con l’inter fino a che non avremo rivinto uno scudet­to. E lei?

« Io affari con la Juve sono sempre pronto a farli, se c’è l’opportunità ».

E’ vero che avete insidiato Nedved?

« Non credo. Ho letto che Mancini ci ha fatto un pen­siero. Però al mio tavolo la questione non è mai arrivata: lasciamo il dubbio ».

E’ vero che la Juve voleva Burdisso?

« Burdisso, che è un bravissi­mo ragazzo, dice di sì. Però, come per Nedved, la questio­ne non è mai arrivata al mio tavolo ».

Avete mai pensato seria­mente a Buffon?

« Ci abbiamo pensato sì. Ma poi abbiamo scoperto le doti straordinarie di Julio Cesar e abbiamo ritenuto che sareb­be stato ingiusto rinunciare a lui ».

E’ buffo sapere che due so­cietà così rivali in campo sono alleate in Lega.

« Grande pubblico, bacino d’u­tenza. Abbiamo gli stessi in­teressi. E’ un fatto normale. Succedeva anche ai tempi della Triade. I diritti tv, ad esempio: dobbiamo trovare una soluzione prima di farci anticipare dalla legge. Ci ser­ve un antidoto all’invadenza della politica ».

Galliani tuona che il calcio italiano si deve dare una mossa, che sta perdendo competitività in Europa.

« Mah. Per la verità, lui la Champions l’ha pure vinta. Sì, da un punto di vista eco­nomico non ha tutti i torti: la Spagna ha qualche vantaggio fiscale, gli stadi sono più bel­li ovunque, il fatturato delle italiane è inferiore a quello della concorrenza. Poi però mi sembra che, o attraverso la generosità dei presidenti o attraverso la bravura agoni­stica delle nostre squadre, questo divario in campo riu­sciamo a colmarlo ».

E comunque che si può fa­re per non allargarlo?

« Innanzitutto vendere meglio i diritti televisivi, poi vedere se a livello europeo c’è mar­gine per una maggiore equità fiscale e infine pensare agli stadi del futuro ».

Magari anche per riportar­ci un po’ di gente: siamo ai minimi storici di spettato­ri.

« Guardi, per questo baste­rebbe giocare meglio. Un po’ di calcio più spettacolare e aperto e vedrà che la gente ci torna subito, c’è una tale vo­glia. La sicurezza? Mi sembra che ci sia qualche problema più che altro fuori dagli stadi. E poi bisognerebbe cambiare approccio con il pubblico: quando all’ultima giornata abbiamo organizzato la festa a San Siro, tutta l’atmosfera era diversa rispetto a una partita normale ».

Forse bisognerebbe fare qualcosa anche durante la settimana per non caricare di troppi valori il totem del risultato.

« Noi ci proviamo. Ad Appiano Gentile abbiamo una tribu­na, spesso ospitiamo gente che viene da fuori Milano e i nostri giocatori sono in gene­re disponibili a iniziative pubbliche e anche di caratte­re sociale ».

Da questo punto di vista siete un’eccezione positi­va...

« Io penso che l’umanizzazio­ne del calciatore sia un im­portante antidoto anti- vio­lenza. Questi ragazzi vanno un po’ demitizzati: o meglio, restino miti sportivi, ma sia­no anche visti come persone che crescono ».

Comunque, tornando alla competitività internazio­nale del calcio italiano, an­che voi quest’anno il mer­cato l’avete fatto solo in Italia.

« Un’eccezione. Io in genere, lei lo sa, preferisco prendere fuori. Ma stavolta abbiamo ingaggiato Chivu e Suazo perché ci servivano Chivu e Suazo, non perché non abbia­mo trovato altri ».

E li avete presi, mi consen­ta, con il metodo Moggi: convincendo i giocatori prima delle loro società.

« No, sono loro che hanno espresso una forte volontà di venire all’inter, al di là delle nostre stesse aspettative. Ne siamo felici ».

Avete tenuto Adriano. Per­ché ci credete o perché non aveva mercato?

« Adriano sta dimostrando una notevole volontà. Una volontà che può aprire le por­te alla speranza di rivederlo com’era. C’è da scardinare so- l’ultimo ostacolo, che credo sia psicologico ».

E il suo pupillo Recoba? Che farà?

« Gli voglio bene, lo sanno tut­ti, e gli auguro di giocare. Mi farebbe un piacere enorme vederlo in campo. Per questo gli consiglierò di trovarsi una buona sistemazione ».

A Torino?

« Intende nella Juve? »

Perché glielo darebbe?

« Mah, se andasse alla Juve ci soffrirei un po’ »

La Juve della Triade qual­che anno fa lo voleva.

« Non si può dire che quelli non s’intendessero di calcio ».

Comunque, io pensavo al Torino.

« Sarebbe un’ottima sistema­zione ».

Pato milanista: le dà fasti­dio?

« Trovo che per loro sia una grande soluzione. Così Kakà sarebbe più libero di andar­sene altrove, se ne avesse la possibilità ».

Buona battuta. Ma voi Pato l’avete seguito e oggi inve­ce è a Forte dei Marmi, co­me lei, ma a casa di Gallia­ni.

« Veramente è venuto prima a casa mia. Forse si è sbaglia­to...»

Altra battuta non male, ma ll Milan ve l’ha soffiato.

« Ottimo giocatore, grande po­tenziale, ragazzo intelligente: ma io quest’anno ho già spe­so troppo. E poi il Milan, ri­peto, ne ha più bisogno di giovani. Anche se l’età media così elevata a volte diventa un punto di forza: l’esperien­za nei momenti topici conta moltissimo. E poi Ancelotti è proprio bravo ».

Quindi lei vede più Milan che Juventus nel prossimo campionato.

« La Juventus è una squadra nuova che all’inizio potrà avere problemi di crescita. Però ha dalla sua il carattere, almeno 10 milioni di sosteni­tori e il grande desiderio di tornare subito a primeggiare. Sono certo che tutti i giocato­ri daranno qualcosa in più ».

Ma lei punta più al cam­pionato o, come Galliani, pensa, anche se non lo può dire, che la Champions sia più importante?

« La Champions dà prestigio e noi non la vinciamo da una vita. Però per me lo scudetto è importantissimo, lo scudet­to è lo scudetto. Anche se for­lo se io dico così perché so di avere una squadra più da corsa a tappe e Galliani dice così perché sa di avere una squadra più da gare in linea ».

E’ vero che cercate un altro centrocampista?

« Ma quando mai. Ho preso Chivu perché mi hanno detto, e lo so anch’io, che può gioca­re in tre ruoli: terzino, difen­sore centrale e centrocampi­sta. Fine. Di giocatori ne ab­biamo abbastanza ».

Ma Emerson...

« Grande rispetto, buonissimo calciatore, ma noi abbiamo Vieira. E tre juventini... forse sarebbero troppi ».